Si riporta di seguito la sintesi della relazione annuale del Governatore della Banca d’Italia Visco condivisa dal sito istituzionale https://www.bancaditalia.it/pubblicazioni/relazione-annuale/2021/sintesi/index.html
L’economia internazionale
[1] Nel 2021 la situazione pandemica mondiale è sensibilmente migliorata, grazie soprattutto al progresso delle campagne vaccinali, più spedito tra i paesi avanzati. Il conseguente allentamento delle restrizioni alla mobilità e le politiche economiche nel complesso ancora espansive hanno favorito una ripresa della domanda globale più rapida e intensa del previsto, in particolare dei beni. Ne hanno beneficiato la crescita mondiale, in forte recupero al 6,1 per cento, e la dinamica degli scambi internazionali. In tale contesto, l’inflazione è stata sospinta dalla crescita dei prezzi delle materie prime, soprattutto di quelle energetiche e alimentari, e dal riemergere di strozzature dal lato dell’offerta a livello mondiale.
Nei principali paesi avanzati le politiche economiche sono rimaste generalmente accomodanti. Sul fronte fiscale, i governi hanno continuato a sostenere la domanda, soprattutto negli Stati Uniti. Dall’autunno, in risposta a pressioni inflazionistiche più intense e persistenti delle attese, la Federal Reserve e la Bank of England hanno avviato la normalizzazione dell’orientamento della politica monetaria.
Il tono delle politiche di bilancio si è mantenuto espansivo anche in tutte le principali economie emergenti. È stato invece eterogeneo quello delle politiche monetarie, a fronte di dinamiche inflative diverse tra i paesi. Mentre in Cina e in India le banche centrali hanno confermato una linea moderatamente accomodante, quelle di Brasile e Russia hanno aumentato progressivamente i tassi di riferimento già dai primi mesi dell’anno.
Le condizioni finanziarie, rimaste distese nella prima parte del 2021, hanno segnato un deterioramento dall’autunno soprattutto nei paesi emergenti, anche per le prospettive di una politica monetaria statunitense meno accomodante e per il proseguimento dell’apprezzamento del dollaro.
L’invasione russa dell’Ucraina nel febbraio 2022 ha determinato un repentino peggioramento delle condizioni finanziarie globali e delle prospettive di crescita del prodotto e del commercio mondiali, per effetto dell’aumentata incertezza, dell’ulteriore rialzo dei prezzi delle materie prime e dell’acuirsi delle strozzature dal lato dell’offerta. A frenare l’attività economica potranno contribuire inoltre i recenti pesanti lockdown in Cina e il tono più restrittivo delle politiche economiche, soprattutto negli Stati Uniti.
La Presidenza italiana del G20 ha dato notevole impulso alla lotta alla pandemia, ha rimesso al centro del dibattito il tema del cambiamento climatico e ha portato a conclusione l’accordo sulla tassazione delle società multinazionali.
L’economia e le politiche di bilancio dell’area dell’euro
[2] L’anno scorso il PIL dell’area dell’euro è aumentato decisamente, dopo avere subito nel 2020 la più grave contrazione dalla costituzione dell’Unione economica e monetaria. La crescita ha beneficiato dei progressi nelle campagne vaccinali e del connesso allentamento dei provvedimenti per il contenimento dell’epidemia, delle misure di bilancio a sostegno dell’economia e dell’orientamento espansivo della politica monetaria.
Le persistenti difficoltà di approvvigionamento nelle catene di fornitura globali e i forti rincari dei beni energetici hanno tuttavia indebolito l’attività economica nella parte finale dell’anno. Gli effetti si sono aggravati con l’inizio del conflitto in Ucraina lo scorso febbraio, e in prospettiva potrebbero ulteriormente peggiorare soprattutto nei paesi a più elevata dipendenza energetica dalla Russia.
L’inflazione al consumo è cresciuta progressivamente, risentendo soprattutto della forte accelerazione dei prezzi dei beni energetici; nella media del 2021 è stata pari al 2,6 per cento, rispetto a un valore appena positivo nel 2020. Nei primi mesi del 2022 i rincari delle materie prime hanno continuato a spingere al rialzo la dinamica dei prezzi, che ha raggiunto il 7,4 per cento in marzo e in aprile, il massimo dall’avvio della UEM. L’inflazione si manterrebbe su valori elevati anche nella restante parte dell’anno. Tuttavia l’impennata inflazionistica si è finora trasmessa in misura limitata alla dinamica salariale; quest’ultima, pur rafforzatasi lievemente, è rimasta moderata anche nei primi mesi dell’anno in corso.
Grazie anche alla ripresa economica, in quasi tutti i paesi dell’area dell’euro il disavanzo e il debito sono diminuiti rispetto ai livelli estremamente elevati del 2020; nel complesso dell’area si sono collocati in media, rispettivamente, al 5,1 e al 97,4 per cento del PIL. Secondo le ultime previsioni della Commissione europea, nel 2022 scenderebbero ulteriormente.
È stato avviato il programma Next Generation EU (NGEU); nell’ambito del Dispositivo per la ripresa e la resilienza sono stati finora erogati ai paesi dell’Unione 100 miliardi. Nel 2022 le istituzioni europee hanno assunto iniziative volte a rafforzare la sicurezza energetica e a sostenere le famiglie e le imprese colpite dai rincari.
Lo scorso autunno la Commissione ha ripreso la consultazione relativa al riesame della governance economica europea.
La politica monetaria nell’area dell’euro
[3] Nel 2021 il Consiglio direttivo della Banca centrale europea ha mantenuto un orientamento di politica monetaria molto accomodante; alla fine dell’anno ha valutato che i progressi nella ripresa economica e verso il conseguimento dell’obiettivo di inflazione nel medio termine consentissero di avviare una graduale normalizzazione della politica monetaria.
Nell’ambito del programma di acquisto di titoli pubblici e privati per l’emergenza pandemica (Pandemic Emergency Purchase Programme, PEPP) gli acquisti netti sono stati regolati in modo flessibile: dopo gli aumenti decisi nei primi mesi del 2021, essi sono stati gradualmente ridotti dall’ultimo trimestre dello scorso anno e sono terminati alla fine di marzo del 2022. Sono invece proseguiti quelli condotti con il programma di acquisto di attività finanziarie (Asset Purchase Programme, APP), il cui profilo temporale è stato delineato in modo da rendere graduale la diminuzione degli acquisti netti complessivi dei due programmi.
L’Eurosistema ha continuato a sostenere l’erogazione del credito bancario a famiglie e imprese attraverso la terza serie di operazioni mirate di rifinanziamento a più lungo termine (Targeted Longer-Term Refinancing Operations, TLTRO3), la cui ultima asta si è svolta lo scorso dicembre.
In luglio il Consiglio direttivo ha approvato la nuova strategia di politica monetaria della BCE, che adotta un obiettivo di inflazione simmetrico del 2 per cento nel medio termine. Questa formulazione fornisce un chiaro ancoraggio alle aspettative di crescita dei prezzi e implica che le deviazioni positive e negative dell’inflazione rispetto all’obiettivo siano ugualmente indesiderabili.
Nei primi mesi del 2022, a fronte della crescita dell’inflazione, il Consiglio ha proseguito il processo di riduzione dell’accomodamento monetario, delineandone le possibili tappe per i mesi a venire. In un quadro di accresciuta incertezza per effetto del conflitto in Ucraina, ha al contempo ribadito la necessità che tale processo sia graduale, caratterizzato da flessibilità e aperto a diverse opzioni sulla base dei nuovi dati e della propria valutazione sull’evoluzione del quadro macroeconomico; ha inoltre affermato che intraprenderà tutte le azioni necessarie per garantire la stabilità dei prezzi e salvaguardare quella finanziaria.
L’economia italiana: il quadro di insieme
[4] Lo scorso anno il PIL italiano è cresciuto del 6,6 per cento, recuperando due terzi dell’eccezionale contrazione del 2020 dovuta alla crisi sanitaria. La ripresa è stata diffusa in tutte le macroaree: la crescita è stata pari al 7,2 per cento nel Nord Est, al 6,8 nel Nord Ovest, al 6,1 nel Centro e al 5,7 nel Mezzogiorno. L’attività economica è stata particolarmente vivace nei due trimestri centrali dell’anno, sospinta dall’allentamento delle restrizioni a seguito dei progressi nelle campagne vaccinali; ha tuttavia rallentato nel quarto trimestre, risentendo delle difficoltà di approvvigionamento dei prodotti intermedi, della recrudescenza della pandemia e dei forti rincari delle materie prime, soprattutto di quelle energetiche. Sono saliti sia il numero degli occupati sia quello delle ore lavorate totali, pur rimanendo entrambi ancora al di sotto dei valori precedenti la pandemia.
La ripresa dell’economia e il connesso marcato incremento delle entrate fiscali hanno consentito un notevole miglioramento dei conti pubblici. L’indebitamento netto delle Amministrazioni pubbliche è diminuito, in rapporto al PIL, rispetto al livello molto elevato del 2020 (7,2 per cento, da 9,6), grazie al minore disavanzo primario. Dopo l’aumento di oltre 20 punti percentuali nel 2020, lo scorso anno il rapporto tra il debito e il prodotto si è ridotto di 4,4 punti, al 150,8 per cento.
L’inflazione, misurata dalla variazione sui dodici mesi dell’indice armonizzato dei prezzi al consumo (IPCA), è salita all’1,9 per cento nella media dell’anno, dopo essere stata pressoché nulla nel 2020. La crescita dei prezzi è stata sospinta, soprattutto nella seconda metà dell’anno, dai rincari dei beni energetici. L’inflazione di fondo è invece rimasta contenuta, anche grazie alla moderata dinamica retributiva.
All’inizio del 2022 l’attività ha risentito della rapida risalita dei contagi connessi con la diffusione della variante Omicron del Covid-19, delle difficoltà di approvvigionamento dei beni intermedi e dell’incremento dei prezzi dell’energia. Dalla fine di febbraio gli effetti dell’invasione dell’Ucraina da parte della Russia hanno comportato ulteriori forti aumenti dei prezzi dei beni di cui i due paesi sono grandi esportatori. I rincari dell’energia e delle materie prime, la dipendenza dalla Russia per una quota rilevante del fabbisogno energetico, il rallentamento degli scambi e, più in generale, l’aumento dell’incertezza del quadro macroeconomico globale sono tra i fattori attraverso cui il conflitto può avere ripercussioni significative sull’economia italiana.
Il PIL è sceso dello 0,2 per cento nel primo trimestre di quest’anno, ristagnando nell’industria e riducendosi nei servizi. Le informazioni ad alta frequenza indicano che sarebbe in atto una moderata ripresa dell’attività nel secondo trimestre, sebbene vi siano ampi margini di incertezza dovuti all’estrema volatilità del quadro macroeconomico. In aprile l’inflazione si è portata al 6,3 per cento (al 2,2 la componente di fondo). Anche le aspettative di inflazione di imprese, famiglie e analisti sono in netto rialzo.
Per l’anno in corso il Governo prevede un ulteriore miglioramento dei saldi del bilancio pubblico. Il conseguimento degli obiettivi di finanza pubblica dipenderà dall’evoluzione del conflitto in Ucraina e della pandemia, nonché dalla capacità di proseguire nell’attuazione del Piano nazionale di ripresa e resilienza (PNRR). A seguito del raggiungimento dei 51 traguardi e obiettivi previsti per il 2021, in aprile la Commissione europea ha versato all’Italia la prima rata dei fondi dedicati al finanziamento del Piano: 21 miliardi, suddivisi fra 10 di sovvenzioni e 11 di prestiti. Gli obiettivi fissati per il 2022 sono 100 e riguardano prevalentemente le missioni connesse con la digitalizzazione e la transizione ecologica.
Le famiglie
[5] Nel 2021 il reddito disponibile delle famiglie è cresciuto significativamente, grazie soprattutto all’aumento dell’occupazione, mentre in termini reali la sua dinamica è stata più debole; lo hanno ancora sostenuto misure di contrasto alla pandemia, che hanno anche mitigato le conseguenze della crisi su disuguaglianza e povertà, i cui livelli si mantengono tuttavia storicamente elevati.
I consumi, pur salendo in maniera decisa, hanno recuperato solo parzialmente la brusca contrazione del 2020; il divario rispetto ai valori precedenti l’emergenza sanitaria resta ampio per le spese legate al settore turistico e ricreativo. La propensione al risparmio è scesa dai massimi raggiunti nel 2020, ma rimane alta rispetto ai livelli degli ultimi due decenni.
Nella prima parte del 2022 la spesa delle famiglie, in ripresa grazie al miglioramento del quadro pandemico, è stata frenata dal rialzo dell’inflazione in atto dalla seconda metà del 2021 e dal calo della fiducia determinato dalla guerra in Ucraina. Gli effetti dei rincari energetici sono stati in parte mitigati dalle misure introdotte dal Governo a favore delle famiglie, soprattutto di quelle meno abbienti.
Dallo scorso marzo è iniziata l’erogazione dell’assegno unico e universale, una misura che ha potenziato e razionalizzato il sistema di interventi in favore delle famiglie con prole.
La ricchezza immobiliare è cresciuta nel 2021, in linea con l’incremento dei prezzi delle abitazioni; le prospettive del mercato sono tuttavia peggiorate nei primi mesi del 2022, anche per effetto dell’incertezza connessa con l’invasione dell’Ucraina, che ha frenato le intenzioni di acquisto delle famiglie. La ricchezza finanziaria è aumentata in modo più sostenuto.
Le imprese
[6] Nel 2021 l’attività produttiva è tornata a espandersi, soprattutto nell’industria in senso stretto e nelle costruzioni, più moderatamente nei servizi. Il livello precedente l’inizio della pandemia è stato tuttavia pienamente recuperato solo nel comparto dell’edilizia, che ha beneficiato di ingenti incentivi fiscali per la riqualificazione del patrimonio abitativo.
La ripresa è stata, da un lato, sostenuta dai progressi nelle campagne vaccinali, che hanno consentito l’allentamento delle misure di contenimento dei contagi; dall’altro, è rimasta frenata dalle persistenti difficoltà di approvvigionamento di prodotti intermedi nelle catene di fornitura globali e, a partire dalla seconda metà del 2021, dai crescenti rincari delle materie prime, in particolare di quelle energetiche. Lo scoppio del conflitto in Ucraina lo scorso febbraio ha rafforzato queste tendenze. Nelle indagini condotte dalla Banca d’Italia gran parte delle aziende ha segnalato difficoltà di reperimento degli input e significativi aumenti del loro costo, che secondo le attese si protrarranno per tutto il 2022. In un contesto divenuto più incerto, le imprese prefigurano per l’anno in corso un rallentamento degli investimenti.
Il tasso di natalità delle aziende si è riportato nel 2021 sui livelli prevalenti prima della crisi sanitaria, mentre il tasso di uscita dal mercato è risultato in ulteriore calo rispetto a quello già basso dell’anno precedente, soprattutto nei settori che hanno beneficiato maggiormente delle misure di sostegno pubblico.
La trasformazione digitale e quella ecologica dell’economia sono le linee di azione principali del PNRR. Il sistema produttivo ha compiuto notevoli progressi nel campo della digitalizzazione dei processi aziendali: è aumentata la diffusione di tecnologie digitali di base, anche tra le piccole e medie imprese, ed è proseguito il ricorso al lavoro agile, sebbene in misura meno intensa rispetto al 2020. Permangono tuttavia aree di arretratezza, in particolare nell’utilizzo delle tecnologie digitali più avanzate e tra le imprese gestite da manager con più bassi livelli di istruzione.
Il conseguimento degli obiettivi stabiliti a livello europeo di riduzione entro il 2030 delle emissioni nette di gas a effetto serra e la possibilità di azzerarle entro il 2050 dipenderanno anche dalla ripresa dei piani di transizione ecologica delle imprese, rallentati dalla pandemia. I recenti aumenti dei prezzi delle materie prime energetiche, unitamente alle politiche del PNRR, guidate dal criterio della sostenibilità, dovrebbero fornire un ulteriore impulso.
Le condizioni finanziarie di famiglie e imprese
[7] Nel 2021 le condizioni finanziarie delle famiglie hanno beneficiato della crescita del reddito disponibile e dell’aumento di valore delle attività in portafoglio. È proseguita la diversificazione dei rischi attraverso l’incremento della quota di ricchezza investita in strumenti del risparmio gestito. I prestiti concessi dalle banche per l’acquisto di abitazioni hanno accelerato; il ricorso al credito al consumo è cresciuto, sebbene a tassi inferiori al periodo precedente la pandemia. In seguito all’invasione dell’Ucraina da parte della Russia il clima di fiducia delle famiglie è bruscamente peggiorato, anche con riferimento alle prospettive di accesso al credito.
Lo scorso anno la redditività delle imprese è migliorata – pur mantenendosi lievemente inferiore a quella del 2019 – e l’ampia liquidità, in ulteriore espansione, ha contribuito a limitare la necessità di ricorrere a nuovi prestiti. La crescita del debito è rimasta contenuta anche nei primi mesi del 2022, divenendo pressoché nulla per le aziende più piccole, per le quali permangono maggiori difficoltà a ottenere finanziamenti. Dopo l’avvio del conflitto in Ucraina le condizioni di offerta del credito bancario si sono inasprite, soprattutto a causa dell’elevata incertezza sulle prospettive economiche. Nei mesi a venire la redditività e le condizioni di accesso ai finanziamenti risentirebbero della maggiore spesa energetica e delle difficoltà di approvvigionamento di materie prime e prodotti intermedi.
Il totale del debito privato (famiglie e imprese) resta considerevolmente più basso della media europea e delle altre economie avanzate.
Il mercato del lavoro
[8] La ripresa dell’attività nel 2021 ha determinato un aumento del numero di occupati relativamente contenuto e un recupero più marcato delle ore lavorate, che nel 2020 avevano assorbito gran parte del calo della domanda di lavoro. Alla fine dell’anno, tuttavia, le ore lavorate per addetto rimanevano su un livello inferiore rispetto a quello registrato prima della pandemia, anche per l’utilizzo ancora intenso degli schemi di integrazione salariale. All’inizio del 2022 l’occupazione ha lievemente accelerato, ma il ricorso alla Cassa integrazione guadagni si è mantenuto elevato.
L’espansione dell’occupazione è stata molto diversa tra categorie di lavoratori e tra settori. L’incremento ha riguardato esclusivamente i rapporti di lavoro dipendente (in particolare quelli a termine, che erano molto diminuiti nei primi mesi della pandemia); è stato più intenso per gli uomini. L’occupazione nelle costruzioni ha molto accelerato; nella manifattura e nel commercio è tornata a espandersi, riportandosi sul percorso di crescita precedente l’emergenza sanitaria. La dinamica nel settore del turismo è stata invece nettamente più debole di quella del biennio prima della crisi.
La partecipazione al mercato del lavoro è significativamente aumentata specialmente tra i giovani e le donne, che più avevano abbandonato la ricerca di un impiego per via delle scarse prospettive di successo e dei vincoli connessi con il contenimento dei contagi. Il compito di favorire la transizione verso nuovi impieghi spetta in primo luogo alle politiche attive, che in Italia hanno storicamente svolto un ruolo limitato. Le dinamiche demografiche continuano a contenere l’espansione del numero di persone attive, in particolare per la riduzione della popolazione in età da lavoro.
La crescita delle retribuzioni minime stabilite dai contratti collettivi nazionali si è mantenuta moderata nel 2021 e nel primo trimestre del 2022. Gli accordi in vigore sono stati in larga parte rinnovati prima dell’inatteso incremento dell’inflazione; la debolezza della domanda ha rallentato le trattative di rinnovo nei settori dei servizi più colpiti dalla pandemia. Riducono per il momento il rischio che si inneschi una spirale salari-prezzi sia la disponibilità ancora ampia di lavoro inutilizzato, sia alcune caratteristiche strutturali del modello contrattuale italiano (la lunga durata dei contratti, l’utilizzo nei rinnovi contrattuali di previsioni di inflazione al netto della variazione dei prezzi dei beni energetici importati e la ridotta diffusione di clausole di rinegoziazione degli aumenti qualora l’inflazione sia superiore a quella prevista).
I prezzi e i costi
[9] Nel 2021 i prezzi al consumo in Italia sono tornati a crescere, sospinti – soprattutto nella seconda parte dell’anno – dall’aumento di quelli dei beni energetici. L’inflazione di fondo è rimasta su livelli più contenuti; solo parte dei maggiori costi di produzione generati dai rincari delle materie prime è stato trasferito ai prezzi di vendita.
L’inflazione è ulteriormente salita nei primi mesi di quest’anno, toccando in marzo il livello massimo dall’inizio degli anni novanta, principalmente a causa dei forti rialzi delle quotazioni del gas e del petrolio, i cui effetti sono stati solo in parte attenuati dagli interventi varati dal Governo. I prezzi alla produzione hanno accelerato e continuerebbero a crescere con maggiore intensità nei prossimi mesi soprattutto nell’industria, più esposta rispetto ai servizi all’incremento dei costi energetici e degli input e alle difficoltà di approvvigionamento.
L’aumento dell’inflazione si è finora trasmesso in misura limitata alla dinamica retributiva, che resta moderata anche nel confronto europeo, a fronte di caratteristiche dell’assetto della contrattazione collettiva che tendono ad attenuare nel breve periodo l’impatto dei rialzi dell’inflazione sulle retribuzioni e di margini di forza lavoro inutilizzata ancora ampi, principalmente a causa del recupero ancora parziale del numero di ore lavorate per addetto.
L’interscambio con l’estero, la competitività e la bilancia dei pagamenti
[10] Con la forte ripresa del commercio mondiale, nel 2021 le esportazioni italiane di beni sono aumentate in misura rilevante, nonostante l’insorgere di strozzature nelle catene globali di approvvigionamento. Le esportazioni di servizi, pur in significativa espansione grazie al recupero delle entrate turistiche, restano invece ancora al di sotto dei valori antecedenti lo scoppio della pandemia. Anche le importazioni sono cresciute, sia nella componente dei beni sia in quella dei servizi; sono state sostenute dal miglioramento della domanda interna e delle vendite all’estero.
Il surplus di conto corrente si è ridotto al 2,4 per cento del PIL, principalmente per effetto del maggiore disavanzo energetico. Quest’ultimo si è ancora ampliato nel primo trimestre del 2022, risentendo dei rincari connessi con le tensioni generate dalla guerra in Ucraina.
Gli investimenti di portafoglio all’estero sono stati elevati, riflettendo sia esigenze di diversificazione dei rischi sia l’andamento favorevole dei mercati finanziari internazionali. Gli investitori esteri hanno mostrato interesse per le obbligazioni del settore privato non bancario. Il settore pubblico ha ricevuto afflussi dalle istituzioni europee nell’ambito del Dispositivo per la ripresa e la resilienza e di altri programmi di sostegno comunitario. Il saldo debitorio della Banca d’Italia sul sistema dei pagamenti europeo TARGET2 è aumentato.
La posizione netta sull’estero dell’Italia, tornata positiva nel 2020, si è ulteriormente rafforzata, collocandosi al 7,4 per cento del PIL e beneficiando, oltre che del surplus di conto corrente, anche di rivalutazioni di prezzo e di cambio.
La finanza pubblica
[11] La forte ripresa dell’economia italiana nel 2021 ha consentito un significativo miglioramento dei conti pubblici. L’indebitamento netto delle Amministrazioni pubbliche è sceso al 7,2 per cento del prodotto, riflettendo il calo del disavanzo primario. Il rapporto tra il debito e il PIL si è ridotto al 150,8 per cento, grazie soprattutto all’ampia differenza tra crescita nominale del prodotto e onere medio del debito.
Secondo i piani del Governo, presentati nel Documento di economia e finanza 2022 (DEF 2022) dello scorso aprile, quest’anno l’indebitamento netto e il debito scenderanno ancora in rapporto al PIL, collocandosi rispettivamente al 5,6 e al 147,0 per cento; queste stime incorporano gli effetti delle modifiche all’Irpef e quelli dei provvedimenti di sostegno a famiglie e imprese approvati nel corso dei primi cinque mesi del 2022 a fronte dei rincari energetici.
Per il prossimo triennio il DEF 2022 programma un ulteriore miglioramento dei conti: nel 2025 l’indebitamento netto si collocherebbe sotto il 3 per cento del PIL e il saldo primario tornerebbe in avanzo; il rapporto tra debito e prodotto sarebbe pari al 141,4 per cento. Questo scenario è soggetto al rischio che la crescita sia inferiore a quanto previsto, in relazione all’andamento del conflitto in Ucraina.
Per il più lungo termine il Governo conferma l’obiettivo di un sensibile e duraturo calo dell’incidenza del debito. Per raggiungere questo traguardo, oltre a un più alto potenziale di sviluppo dell’economia, occorrerà un avanzo primario adeguato. Un contributo fondamentale potrà derivare dalla piena realizzazione dei programmi di riforma e investimento previsti dal PNRR.
La regolamentazione dell’attività di impresa e il contesto istituzionale
[12] Le misure di sostegno introdotte per affrontare l’emergenza pandemica hanno limitato il numero di procedure concorsuali avviate, rimasto anche nel 2021 inferiore ai livelli precedenti l’emergenza, pur a fronte di un aumento del numero delle imprese in condizioni di fragilità finanziaria. Il quadro normativo per le ristrutturazioni aziendali è stato ulteriormente arricchito, in coerenza con gli obiettivi del PNRR: sono stati introdotti la procedura di composizione negoziata per la soluzione delle crisi di impresa e alcuni obblighi di segnalazione alle imprese, da parte dei creditori pubblici, di ritardi nei pagamenti dei tributi e degli oneri previdenziali dovuti dalle imprese stesse (“allerta esterna”).
Le riforme previste dal PNRR interessano numerosi elementi del contesto istituzionale. Nel 2021 è stata approvata la legge delega di riforma della giustizia civile; è in fase avanzata di definizione la riforma del Codice dei contratti pubblici; è stato intrapreso l’iter parlamentare per l’approvazione della legge annuale per il mercato e la concorrenza. Per facilitare il conseguimento degli obiettivi definiti dal Piano, sono state introdotte numerose misure di semplificazione amministrativa e, nel comparto della giustizia, è stato avviato un massiccio programma di assunzione di personale che potrà contribuire alla riduzione delle durate dei procedimenti e all’abbattimento dell’arretrato. Il completamento delle riforme e degli interventi previsti dal Piano richiederà un notevole impegno sul piano normativo e amministrativo.
L’ulteriore aumento dei prezzi delle materie prime causato dall’aggressione russa all’Ucraina potrà influenzare l’esecuzione dei contratti di appalto di lavori pubblici. Il Governo ha disposto misure di compensazione a favore delle imprese realizzatrici e ha stanziato risorse per l’incremento dei costi delle opere. L’aumento dei prezzi dei beni energetici e i rischi per gli approvvigionamenti spingono all’accelerazione della transizione ecologica; sono stati varati provvedimenti per semplificare l’iter per l’autorizzazione di impianti di produzione di energia da fonti rinnovabili.
Gli intermediari creditizi e gli investitori istituzionali
[13] Il miglioramento del quadro macroeconomico, insieme alle misure di sostegno varate dal Governo in risposta alla pandemia, si è riflesso positivamente sui bilanci bancari nel 2021. In prospettiva, la graduale conclusione degli interventi pubblici di supporto e soprattutto gli sviluppi della guerra in Ucraina costituiscono rilevanti fonti di incertezza per la redditività e per la qualità degli attivi degli intermediari creditizi.
I prestiti bancari hanno fortemente rallentato per effetto della minore domanda di finanziamenti da parte delle imprese, connessa con l’elevata liquidità accumulata e con l’aumento dei flussi di cassa associati alla ripresa economica. I prestiti alle famiglie hanno invece accelerato, trainati dalla crescita dei mutui per l’acquisto di abitazioni, mentre la dinamica del credito al consumo è rimasta debole. Le banche hanno confermato politiche di offerta nel complesso distese, pur riportando un lieve inasprimento nei primi mesi dell’anno in corso; per il secondo trimestre segnalano attese di un ulteriore irrigidimento anche per l’impatto del conflitto sul merito di credito della clientela.
Il flusso di nuovi prestiti deteriorati in rapporto al totale di quelli in bonis è rimasto contenuto e il volume delle cessioni si è mantenuto elevato. L’incidenza dei crediti deteriorati sul totale dei finanziamenti si è portata su un livello inferiore a quello osservato prima dell’avvio della crisi finanziaria globale e pressoché in linea con la media dei principali paesi dell’area dell’euro.
L’ammontare di titoli pubblici italiani in portafoglio è diminuito; nei primi mesi del 2022, con l’incremento dei premi per il rischio, le banche sono tornate a effettuare acquisti netti di titoli di Stato.
La raccolta complessiva ha continuato a espandersi, a ritmi tuttavia inferiori rispetto al 2020. La crescita dei depositi si è ridotta di oltre un terzo. Le passività verso l’Eurosistema hanno rallentato, anche in seguito al rimborso dei fondi precedentemente ottenuti mediante operazioni di rifinanziamento.
La redditività delle banche è cresciuta, tornando sui livelli degli anni precedenti l’emergenza sanitaria, principalmente per la riduzione del flusso delle rettifiche di valore sui prestiti che era stato molto elevato nel 2020. I ricavi sono aumentati grazie all’andamento positivo delle commissioni, mentre il margine di interesse è appena diminuito. Il livello di patrimonializzazione è lievemente sceso, soprattutto per le operazioni straordinarie di distribuzione di dividendi e riacquisto di azioni proprie da parte dei due maggiori gruppi bancari, varate al venire meno della raccomandazione delle autorità di vigilanza sulla limitazione della distribuzione di capitale.
La raccolta netta del settore degli investitori istituzionali italiani è stata positiva, con afflussi di risorse in tutti i principali comparti. È proseguita l’espansione dei fondi chiusi mobiliari.
Alla fine dell’anno l’esposizione diretta del sistema finanziario italiano verso gli emittenti residenti nei paesi coinvolti nel conflitto o interessati dalle sanzioni economiche (Russia, Bielorussia e Ucraina) era contenuta e concentrata presso i due gruppi bancari maggiori.
I mercati monetari e finanziari
[14] La ripresa dell’attività economica e la politica monetaria accomodante della Banca centrale europea hanno favorito il mantenimento di condizioni nel complesso distese sui mercati finanziari italiani nel 2021. La diffusione delle varianti del Covid-19 e il conseguente riacutizzarsi dei contagi hanno avuto effetti transitori sui mercati. Nello scorso autunno, tuttavia, i timori sul rialzo dell’inflazione a livello globale hanno determinato un progressivo mutamento nell’orientamento di politica monetaria di alcune delle principali banche centrali e penalizzato le attività finanziarie più esposte alla crescita dei prezzi e dei tassi di interesse, come le obbligazioni a tasso fisso. I rendimenti dei titoli di Stato italiani e il premio per il rischio sovrano sono saliti soprattutto nell’ultima parte dell’anno. L’incremento si è trasmesso al costo della raccolta obbligazionaria di imprese e banche. Le quotazioni azionarie, sostenute anche dalle attese sull’andamento degli utili societari, sono aumentate di oltre il 20 per cento nel 2021.
Nei primi cinque mesi del 2022 le condizioni dei mercati finanziari italiani sono peggiorate: hanno risentito degli annunci da parte del Consiglio direttivo della BCE di una più rapida normalizzazione della politica monetaria rispetto a quanto precedentemente atteso, a fronte di crescenti pressioni inflazionistiche, nonché, dalla fine di febbraio, dello scoppio del conflitto in Ucraina e del deterioramento delle prospettive di crescita globali. In un contesto di elevata incertezza è aumentata l’avversione al rischio degli investitori. Sono diminuite le quotazioni azionarie e si sono ampliati i differenziali di rendimento delle obbligazioni private. I rendimenti dei titoli di Stato italiani e il differenziale con i corrispondenti titoli tedeschi hanno subito significativi rialzi.
Sezione monografica: L’economia del Mezzogiorno
[15] Nel decennio precedente lo scoppio della pandemia si sono ampliati i divari tra Mezzogiorno e Centro Nord; quest’ultimo, a sua volta, ha perso terreno rispetto alle aree più avanzate degli altri paesi europei. La base produttiva meridionale si è ulteriormente indebolita; sono cresciuti i differenziali nei tassi di occupazione e nella qualità del lavoro. Su questi andamenti hanno inciso le fragilità strutturali del tessuto imprenditoriale, che si riflettono in condizioni di accesso al credito meno favorevoli e in una maggiore dipendenza dell’economia meridionale dalla domanda interna e dalla spesa pubblica, entrambe frenate dalle conseguenze della crisi finanziaria e di quella dei debiti sovrani. Sul ritardo di sviluppo del Mezzogiorno continuano a pesare anche le ampie e persistenti carenze nella dotazione infrastrutturale e di capitale umano, nella qualità dei servizi e nell’azione complessiva del settore pubblico.
La pandemia ha avuto nel 2020 effetti economici simili nel Centro Nord e nel Mezzogiorno, ma la ripresa dello scorso anno è stata meno intensa nelle regioni meridionali. Le prospettive di crescita dell’area, che scontano dinamiche demografiche particolarmente sfavorevoli, dipenderanno dal complessivo miglioramento del sistema produttivo locale e dall’attuazione di riforme e investimenti tesi a migliorare il contesto in cui operano le imprese. Sarà fondamentale al riguardo la realizzazione del PNRR.
Sezione monografica: La digitalizzazione dell’industria finanziaria italiana
[16] La diffusione delle tecnologie digitali determina un mutamento profondo nella domanda e nell’offerta di prodotti e servizi finanziari. Le applicazioni e le piattaforme digitali per l’interazione con la clientela sono in forte crescita in tutti i comparti del settore finanziario. Nuove tecnologie, quali l’intelligenza artificiale (IA), il cloud e la robotica rendono più efficienti le attività svolte dagli intermediari. Gli ambiti di applicazione sono vasti e includono i servizi di deposito, pagamento, investimento, consulenza, finanziamento e quelli assicurativi, nonché le attività di back office e di analisi e gestione dei rischi.
Le trasformazioni determinate dall’innovazione digitale nell’ultimo decennio estendono notevolmente il perimetro dei soggetti coinvolti nella fornitura di servizi finanziari in un settore che fino a pochi anni fa era esclusivo appannaggio degli intermediari tradizionali. La diffusione dei collegamenti alla rete internet, l’aumento della disponibilità di informazioni sugli utenti, la riduzione del costo dell’elaborazione automatica dei dati offrono l’opportunità di sviluppare modelli di attività fortemente all’avanguardia. Questi mutamenti stimolano l’entrata nel mercato di imprese innovative e società tecnologiche, anche di grande dimensione (Big Tech), che in alcuni casi offrono servizi in concorrenza con quelli degli intermediari tradizionali e in altri operano invece in collaborazione.
Accanto alle significative opportunità proposte, ad esempio, in termini di miglioramento dell’efficienza nell’erogazione di servizi finanziari, la transizione digitale pone importanti sfide per gli intermediari tradizionali e per le autorità di regolamentazione e supervisione. Ai rischi operativi e cibernetici – legati anche all’allargamento del gruppo di soggetti coinvolti nell’offerta di prodotti finanziari e all’aumento delle loro interconnessioni – e a quelli connessi con il riciclaggio e il finanziamento del terrorismo si affiancano i rischi per la sicurezza e la corretta gestione e trattamento dei dati personali degli utenti, il buon funzionamento delle infrastrutture di pagamento, la solidità dei singoli operatori e la stabilità complessiva del sistema finanziario. Aumentano inoltre, sia per gli utenti sia per gli intermediari, i rischi legati all’utilizzo delle criptoattività e della finanza decentralizzata (decentralized finance, DeFi), rese possibili dallo sviluppo delle tecnologie dei registri distribuiti (distributed ledger technologies, DLT).
La Banca d’Italia e le altre autorità di supervisione italiane ed europee sono impegnate ad aggiornare sia il quadro normativo di riferimento, sia gli strumenti di controllo, perseguendo un ampio insieme di obiettivi; tra questi, i principali sono: (a) contemperare la promozione dell’innovazione con l’esigenza di tutelare i consumatori e gli investitori; (b) evitare l’esclusione o la discriminazione degli utenti meno digitalizzati; (c) garantire il corretto funzionamento delle infrastrutture di mercato e del sistema dei pagamenti; (d) preservare la sicurezza e la stabilità del sistema finanziario e dell’economia nel suo complesso.