Si rafforza la lotta alle frodi sugli strumenti di pagamento alternativi al contante. Con il decreto legislativo approvato ieri dal Consiglio dei ministri prende infatti definitivamente forma il nuovo quadro delle misure penali necessarie per adeguare il nostro ordinamento alla direttiva 2019/713/Ue.
Nel dettaglio, l’intervento riguarda il Codice penale e gli articoli 493-ter e 640-ter e prevede l’inserimento del nuovo articolo 493-quater attraverso il quale è modificata la fattispecie di indebito utilizzo e falsificazione di carte di credito e di pagamento, articolo 493-ter, per estenderne il campo d’applicazione a tutti gli strumenti di pagamento diversi dai contanti. Le due condotte illecite previste, uso e falsificazione, estese nella loro applicazione a tutti i mezzi di pagamento diversi dai contanti, danno attuazione all’articolo 3 della direttiva che impone agli Stati di considerare come reato tanto l’utilizzazione fraudolenta di uno strumento di pagamento rubato o comunque ottenuto illecitamente, quanto di uno strumento contraffatto o falsificato. Anche la pena prevista dal Codice penale (reclusione da 1 a 5 anni e multa da 310 a 1.550 euro) è conforme a quanto previsto dalla direttiva (pena detentiva non inferiore nel massimo a 2 anni).
Nuovo è il delitto di detenzione e diffusione di apparecchiature, dispositivi o programmi informatici diretti a commettere reati riguardanti strumenti di pagamento diversi dai contanti. La sanzione individuata prevede la reclusione fino a 2 anni e la multa fino a 1.000 euro per chiunque, con l’obiettivo di commettere reati riguardanti strumenti di pagamento diversi dai contanti, «produce, importa, esporta, vende, trasporta, distribuisce, mette a disposizione o in qualsiasi modo procura a sé o ad altri apparecchiature, dispositivi o programmi informatici progettati principalmente per tale finalità, o adattati a tale scopo». In caso di condanna o patteggiamento della pena è sempre disposta la confisca delle apparecchiature, dei dispositivi e dei programmi informatici.
Modificato poi il reato di frode informatica per introdurre un’aggravante (pena da 1 a 5 anni e multa da 309 a 1.549 euro) quando l’alterazione del sistema informatico, per ottenere un profitto o procurare un danno, determina un trasferimento di denaro, di valore monetario o di valuta. La modifica è coerente con la direttiva nell’attribuire, nel sistema sanzionatorio, un maggior disvalore alla frode, rispetto alle altre condotte considerate, richiedendo una pena detentiva massima non inferiore a 3 anni. Se dunque la pena detentiva per la fattispecie base di frode informatica (reclusione da 6 mesi a 3 anni) già risponde alle richieste europee, l’esigenza di sanzionare maggiormente questa condotta (rispetto a quelle di indebito utilizzo e falsificazione di strumenti di pagamento e di detenzione e diffusione di apparecchiature dirette a commettere reati riguardanti strumenti di pagamento diversi dai contanti) ha determinato il Governo a prevedere l’aggravante.
Inasprito anche il trattamento a carico delle società: nel decreto 231 del 2001 per la commissione del delitto di indebito utilizzo e falsificazione di strumenti di pagamento diversi ai contanti, la sanzione pecuniaria sarà da 300 a 800 quote; per la commissione dei delitti di detenzione e diffusione di apparecchiature, dispositivi o programmi informatici per commettere reati riguardanti strumenti di pagamento diversi dai contanti e di frode informatica aggravata, la sanzione pecuniaria sarà fino a 500 quote.
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