Per quanto riguarda l’offerta diretta ai minori di servizi della società dell’informazione, l’art. 8 del GDPR stabilisce che il trattamento dei dati personali sulla base del consenso è lecito se il minore ha compiuto sedici anni di età. Se il trattamento, invece, riguarda un soggetto minore di sedici anni, esso è lecito solo con il consenso o l’autorizzazione di chi esercita la responsabilità genitoriale. A ciascun Stato Membro viene riconosciuta la facoltà di modificare questo limite senza però superare quello dei tredici anni di età (il legislatore italiano ha previsto il limite dei 14 anni di età). La norma, occupandosi del consenso del minore per i servizi della società dell’informazione, anche alla luce degli accadimenti avvenuti a gennaio di quest’anno (Antonella Sicomoro, una bambina siciliana di soli dieci anni, si è tolta la vita, partecipando ad una blackout challenge condivisa tra gli utenti della piattaforma che prevedeva il tentativo di strozzamento dell’utente tramite una cintura attorno al collo) pone dubbi e considerazioni non solo di carattere giuridico ma anche di tipo etico, sociale e relazionale che riguardano la sfera evolutiva del minore e riflessioni sui limiti della responsabilità genitoriale. Infine, proprio perché essa rimanda a ciascun Stato Membro l’individuazione della soglia “abilitante” con la limitazione dei 13 anni di età, sembra potersi dire un’occasione mancata per il legislatore europeo di dare piena attuazione al principio di armonizzazione diretta e piena delle legislazioni nazionali.
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