Nemmeno il tempo di arrivare ai primi freschi d’autunno che il clima per le big tech cinesi si fa già potenzialmente glaciale con la possibilità che le quotazioni finiscano sotto zero. Entra, infatti, oggi in vigore la Data security law, la nuova normativa cinese che impone misure molto pesanti sulla conservazione e l’uso dei flussi di dati creati in Cina che, anche solo potenzialmente, potrebbero lasciare il Paese, come avviene nel caso delle quotazioni all’estero. La revisione della cyber security per le imprese locali non è solo un atto formale o di tutela dei dati, bensì una vera e propria iniziativa di “sovranismo digitale” mirata a conservare in toto sul territorio nazionale e senza possibilità di eccezioni il valore stesso delle informazioni, a danno però di quelle imprese che desidererebbero espandersi anche su altri mercati. Per le big tech, il passaggio si fa sempre più stretto e la presenza delle regole del Governo di Pechino sempre più pressante quasi a volerne di fatto assumere il controllo in via definitiva. Tra limitazioni antitrust, gestione dei dati, sicurezza, drastica riduzione della libertà di manovra le big tech (anche quelle operanti in ambito fintech) sono di fatto messe all’angolo e l’aria che tirà è, di fatto, quella di una resa dei conti che promette di stravolgere completamente il panorama economico-finanziario-digitale per sempre.
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