Duecentosettantotto provvedimenti collegiali, 38 milioni di euro di sanzioni riscosse, ventuno ispezioni – dato che risente delle restrizioni anti-Covid. Sono alcune delle cifre della relazione annuale dell’Autorità garante della privacy, presentati questa mattina alla Camera. L’Autorità – composta da Pasquale Stanzione, Ginevra Cerrina Feroni, Agostino Ghiglia, Guido Scorza – ha illustrato i dati sull’attività svolta nel primo anno di mandato del nuovo collegio.Si legge nella relazione: “Il 2020 ha visto una serie di interventi centrati sulle grandi questioni legate alla tutela dei diritti fondamentali delle persone nel mondo digitale: in particolare, le implicazioni etiche della tecnologia; l’economia fondata sui dati; le grandi piattaforme e la tutela dei minori; i big data; l’intelligenza artificiale e le problematiche poste dagli algoritmi; gli scenari tracciati dalle neuroscienze; la sicurezza dei sistemi e la protezione dello spazio cibernetico
Il digitale è al servizio dell’uomo, come la pandemia ha dimostrato, ma ciò ha un prezzo: «L’accentramento progressivo, in capo alle piattaforme di un potere che non è più soltanto economico, ma anche e sempre più performativo, sociale, persino decisionale». È l’allarme lanciato dal Garante della Privacy, Pasquale Stanzione, nella relazione annuale al Parlamento, nella quale si sottolinea anche come «la funzione sociale della privacy è resa ancor più evidente in una congiuntura, come l’attuale, contraddistinta da rilevanti trasformazioni nel rapporto tra singolo e collettività, tra libertà e poteri, che rendono questa una stagione quasi costituente sotto il profilo della garanzia dei diritti».
«La tutela delle persone vulnerabili, ha rappresentato il tratto caratterizzante l’attività del Garante in questo primo anno», ha detto il presidente dell’autorità per la Privacy. «La protezione dei dati può rappresentare, infatti, un prezioso strumento di difesa della persona da vecchie e nuove discriminazioni e di riequilibrio dei rapporti sociali», aggiunge. «In questo senso, la protezione dei dati si sta dimostrando anche e sempre più determinante per un governo sostenibile della tecnica; perché la democrazia non degeneri, in altri termini, in algocrazia».
Stanzione ha sottolineato che «una più netta presa di coscienza del valore dei propri dati» è «l’unico, effettivo baluardo contro il rischio della monetizzazione della privacy, che rappresenta oggi la vera questione democratica nel governo della rete». Nella relazione annuale al Parlamento Stanzione afferma che «riconoscere la possibilità della remunerazione del consenso rischia di determinare una rifeudalizzazione dei rapporti sociali, ammettendo che si possa pagare con i propri dati e, quindi, con la propria libertà». Un «pendio scivoloso» su cui si gioca «l’identità europea» basata su libertà, dignità, eguaglianza.
L’auspicio del Garante Privacy è che «le riforme indicate dal PNRR – tra le quali l’innovazione digitale occupa, comprensibilmente, una posizione centrale – devono essere realizzate considerando anche, tra i parametri essenziali, la protezione dei dati, quale fattore di vantaggio competitivo per il sistema-Paese e, assieme, presupposto di legittimazione dell’azione pubblica». Garantire la protezione dati vuol dire «favorire un’innovazione “sicura” e, per ciò, competitiva perché scevra da rischi, oltre che non regressiva in termini di diritti e di libertà».