di Maurizio Pimpinella
Il “Vecchio Continente” è destinato a diventare progressivamente sempre più “vecchio”. Si stima, infatti, che entro il 2070 l’età media europea raggiungerà la soglia dei 49 anni, cinque in più rispetto ai livelli attuali. Nello stesso periodo, la popolazione anziana (65 anni e più) rappresenterà il 30% del totale e quella in età da lavoro (20-64 anni) dovrebbe scendere dall’attuale 59% al 51% della popolazione complessiva.
Se da un lato, un tale invecchiamento della popolazione produce un considerevole impatto sulla società, influenzando i tassi di crescita economica, la sostenibilità dei bilanci pubblici, dei sistemi sanitari e del welfare state in generale, che dovrà necessariamente essere riformato, dall’altro apre anche a nuove opportunità per l’occupazione e la promozione dell’equità sociale, attraverso l’investimento nella silver economy.
A questo proposito, un recente report redatto da Oxford Economics e Technopolis Group per conto della Commissione Europea, ci offre delle conclusioni interessanti e per certi versi persino sorprendenti. Lo studio, infatti, stima che entro il 2025 solo nel Vecchio Continente “l’economia d’argento” arriverà a valere 5,7 trilioni di euro, pari a quasi un terzo del Pil dell’Unione, e a dare lavoro a 88 milioni di persone (quasi il 38% del totale).
Insomma, una parte considerevole dell’economia europea sarà a breve indirizzata agli over 65 i quali, a loro volta, sono sempre più lontani dal concetto di persona anziana, ora più vicino alla fascia di età degli over ottanta, rispetto al passato. Il processo di invecchiamento della società è globale, e a macchia di leopardo coinvolge un po’ tutto il mondo, comprese le economie oggi più arretrate, e persino la Cina che proprio in questi giorni ha stabilità di abbandonare la politica di contenimento e pianificazione demografica, consentendo fino al terzo figlio a famiglia per mantenere “il naturale vantaggio nelle risorse umane” rispetto agli altri paesi.
Gli ultra sessantacinquenni, infatti, cresceranno su scala mondiale dal 9% di oggi al 14%. Mentre le proiezioni Istat indicano che nel nostro Paese nel 2050 la quota di over 65 sul totale della popolazione potrebbe toccare il 37% dal già considerevole 22,6% di oggi.
Il fenomeno è trainato da quelli che lo studio di Oxford definisce “due potenti motori” : l’invecchiamento della società e il “mutamento di pelle” degli ultra sessantacinquenni, oggi consapevoli di poter vivere molto più a lungo e in condizioni migliori rispetto ai propri nonni e genitori.
La migliore disponibilità economica media di questa fascia della popolazione rispetto al passato obbliga poi un netto ripensamento sia dei servizi sia dei prodotti ad essi destinati, orientati ora maggiormente verso il tempo libero, la moda ed il benessere. Da tempo, ad esempio, emergono nuovi influencer maturi che guidano le tendenze di consumo e gli stessi marchi di alta moda hanno orientato campagne di marketing e prodotti verso un nuovo target di pubblico.
Ad esempio, stando alle stime del britannico International Longevity Center, la propensione alla spesa in moda e accessori degli over 50 aumenterà del 60% fra 2019 e 2040, pari a un giro d’affari da circa 13 miliardi di euro. Tale tendenza è confermata anche per quanto riguarda l’Italia, in cui secondo una recente ricerca del Centro Studi di Confindustria, l’over 65 medio italiano vive in una casa di proprietà, ha buone disponibilità finanziarie e tempo a disposizione per aiutare anche economicamente i familiari (nel 30% dei casi). Conduce una vivace vita sociale piuttosto attiva (covid-19 permettendo) e frequenta spesso gli amici, fa sport (il 14,4% tra i 65 e i 74 anni), va in vacanza e si dedica sempre più ad attività di volontariato. Tutte queste attività generano una domanda di beni e servizi crescente, diversificata e sempre più rilevante rispetto a quella di dieci anni fa.
I silver consumers sono oggi, e lo saranno ancora di più, i top spender dell’economia europea ed italiana. Il valore complessivo dei loro consumi è di 200 miliardi di euro, circa il 20% della spesa totale delle famiglie italiane, destinato a salire al 25% entro il 2030 e al 30% entro il 2050. Ben più di trentenni e quarantenni, quindi la domanda degli over 65 orienta l’offerta di beni e servizi creando – come visto – nuove opportunità di lavoro e di sviluppo economico. A questo punto, viene a configurarsi un paradosso circolare secondo cui la popolazione giovane che alimenta attivamente il sistema previdenziale e assistenziale del Paese è a sua volta “stipendiata” più nettamente dagli over 65 che governano le tendenze economiche.
Europa, Cina e Stati Uniti saranno sempre di più orientati ai consumatori maturi, ma alla sostenibilità della spesa pubblica nel breve e medio periodo dovranno contribuire l’allungamento della vita lavorativa e la razionalizzazione dello stato sociale sia dedicando maggiore attenzione alle nuove categorie fragili sia favorendo l’integrazioni con i sistemi privati. Per il lungo periodo, saranno poi necessarie misure di incentivo alla natalità perché ciò che oggi rappresenta un fenomeno sociale, che mostra anche ampi aspetti positivi in termini di crescita dei consumi, rischia di produrre una società estremamente sbilanciata e incapace di avviare qualsiasi tipo di politica espansiva, a danno di tutte le fasce di popolazione.