Il rigetto della mozione a firma di Fratelli d’Italia, discussa ieri in Senato, che chiedeva la cessazione del cashback è significativa sia dal punto di vista tecnico sia da quello politico. Il cashback rimane, almeno per ora, ma questa è di fatto una non notizia, anche perchè le probabilità che la mozione venisse approvata erano di per sè molto limitate. Rimane, però, significativo il fatto che sia stata posta all’ordine del giorno e poi discussa, così come è significativa l’astensione di parte della maggioranza, quella più critica nei confronti del piano cashless del Governo Conte 2, ciò che ha condotto all’approvazione di una mozione di maggioranza che invoca dei correttivi. Tradotto: il cashback non può essere motivo tale da mettere in crisi il Governo ma discutiamone e cambiamolo assieme prima che diventi un problema. Dietro questa scelta prettamente politica, vi potrebbe essere però anche una valutazione che tiene conto del termometro dell’elettorato dal momento che la misura cashless è considerata in termini positivi da 7 ben italiani su 10. Inoltre, secondo uno studio del Forum Ambrosetti, questa consentirà un potenziale recupero dell’emersione di 1,2 miliardi.
Numeri che non possono evidentemente essere ignorati senza un approfondimento e che il Vice ministro dell’economia Castelli ha sottolineato affermando che: “Il cashback si ripaga da solo visto che sono 23 i miliardi che si stimano in termini di maggiori consumi nel biennio, sulla base dei numeri prodotti da quando esiste il Cashback, e che sono 9 i miliardi di maggiore gettito da oggi al 2025”. La conferma di tutto ciò, arriva dai nuovi dati aggiornati al primo trimestre 2021. Gli utenti sono passati da 5,9 milioni di dicembre a più di 8 milioni. Oltre un terzo degli utenti attivi ha meno di 40 anni e circa un quinto più di 60 anni. Crescono le transazioni (da 63 milioni a 255), così come è salito l’ammontare del transato: da 2,9 miliardi a 9,5. Mentre il 56,6% di tutte le transazioni effettuate ha un importo inferiore ai 25 euro. Una spinta in avanti è arrivata anche per gli strumenti di pagamento (carte, bancomat e app) cresciuti del 20%. Per quanto riguarda l’incidenza sul totale dei furbetti, si stima che questi siano solo lo 0,24% degli utenti attivi. Un nodo che dovrebbe essere risolto a breve grazie alla mozione votata.
L’eloquenza di questi dati pare evidente anche se l’apporto in termini di reale riduzione del sommerso, ovvero uno dei punti focali su cui era incentrata la lettera di richiamo della BCE pervenutaci lo scorso dicembre, è ancora da verificare, oltre al fatto che a fronte di una evidente crescita degli aderenti vi sono ancora numerose persone che non lo hanno fatto. Il successo quindi tra chi ne fa uso è evidente, è necessario però verificare se questi siano o no consueti utilizzatori di strumenti digitali di pagamento, ciò che determinerebbe un impatto in termini di digitalizzazione della misura e non un semplice incremento nella frequenza di utilizzo da parte di persone già avvezze a farlo ma stimolate dalla prospettiva del bonus.