di Giovanni Castaldi
Il decreto antiriciclaggio prevede che, nell’ambito del procedimento di adeguata verifica della clientela, gli intermediari finanziari sono tenuti a identificare i propri clienti, gli eventuali esecutori delle operazioni e, in caso di società o altre entità giuridiche, i titolari effettivi delle stesse, intendendosi per tali “la persona fisica o le persone fisiche, diverse dal cliente, nell’interesse della quale o delle quali, in ultima istanza, il rapporto continuativo è istaurato, la prestazione professionale è resa o l’operazione è eseguita” (cfr. articoli 1, comma 2, lettera pp) e 18 del decreto antiriciclaggio). Lo stesso decreto chiarisce, inoltre, che il titolare effettivo “coincide con la persona fisica o le persone fisiche cui, in ultima istanza, è attribuibile la proprietà diretta o indiretta dell’ente ovvero il relativo controllo” e indica i criteri per individuare i detentori della proprietà o del controllo delle società di capitali, delle persone giuridiche private, dei trust espressi e degli istituti giuridici a questi ultimi affini (art. 20 e 22).
Come noto, partendo dalle dichiarazioni che il cliente è obbligato a rendere, l’identificazione del titolare effettivo e la verifica della sua identità devono essere eseguite dai soggetti obbligati, adottando misure proporzionate al rischio.
Per agevolare l’identificazione dei titolari effettivi, le direttive (UE) 2015/849 e 2018/843 hanno stabilito il principio che la titolarità delle società di capitali, delle persone giuridiche private, dei trust espressi e degli istituti giuridici a questi ultimi affini deve essere resa nota da determinati soggetti che, per il rapporto intrattenuto con tali entità, dovrebbero essere in grado di conoscere le necessarie informazioni. Lo strumento introdotto per rendere trasparenti la proprietà e il controllo degli enti consiste in un registro centrale nazionale dei titolari effettivi – interconnesso con quelli degli altri Paesi membri – dove i dati necessari dovranno confluire.
In tale contesto, diviene cruciale stabilire regole che disciplinino con precisione gli obblighi di trasmissione dei dati al registro e l’accesso ai dati stessi da parte degli aventi diritto (art. 21 del decreto antiriciclaggio). Tra questi ultimi, oltre ad autorità pubbliche, figurano anzitutto gli intermediari finanziari, ai fini dell’adempimento degli obblighi di adeguata verifica. Anche taluni soggetti privati, titolari di interessi giuridici rilevanti, sono ammessi ad accedere ad alcune informazioni, a condizione che la conoscenza della titolarità effettiva sia necessaria per la tutela giudiziaria di tali interessi, sempreché sussistano fondati dubbi che alla titolarità legale corrisponda quella effettiva e ricorrano ulteriori circostanze specificate nel decreto antiriciclaggio (cfr. art. 21).
La consultazione del registro, peraltro, “non esonera i soggetti obbligati dal valutare il rischio di riciclaggio e finanziamento del terrorismo cui sono esposti nell’esercizio della loro attività e dall’adottare misure adeguate al rischio medesimo“. In altre parole, la consultazione del registro – a fronte della quale è previsto il pagamento di diritti di segreteria – non esonera di per sé gli intermediari finanziari dalla responsabilità di aver correttamente effettuato l’adeguata verifica ove – deve ritenersi – avessero comunque motivo di dubitare della veridicità dei dati contenuti nel registro stesso.
Considerata la complessità della materia, il decreto antiriciclaggio ha conferito al Ministro dell’economia e delle finanze il compito di emanare le necessarie disposizioni attuative, destinate a disciplinare aspetti non solo giuridici, ma anche tecnico-informatici (art. 21, comma 5).
Il primo termine stabilito per l’emanazione del decreto ministeriale, scaduto a luglio 2018, è stato più volte rinviato ed è attualmente fissato per il mese di ottobre 2022 (cfr. D.Lgs. n. 125/2019, attuativo della V direttiva antiriciclaggio).
Nel frattempo, a livello comunitario, è stato pubblicato il regolamento n. 369/2021, che, con decorrenza dal 22 marzo corrente, istituisce un sistema, denominato Boris (Beneficial ownership registers interconnection system), destinato a svolgere la funzione di servizio centrale di ricerca, provvedendo a interconnettere i registri centrali nazionali dei titolari effettivi e il portale europeo della giustizia elettronica attraverso la piattaforma centrale europea.
Lo scorso febbraio il Ministero dell’economia, terminata una prima stesura del decreto di attuazione del registro, ha sottoposto il testo al parere del Consiglio di Stato. La Sezione Consultiva del Consiglio per gli Atti Normativi, avendo individuato numerosi rilievi, formali e sostanziali, sui contenuti della bozza di provvedimento, ha sospeso l’adozione del parere, ritenendo “opportuno, in uno spirito di collaborazione, coinvolgere l’Amministrazione in una riflessione comune su alcuni profili, con l’obiettivo: a) di pervenire ad una più chiara comprensione delle ragioni poste alla base delle scelte compiute; b) di sottoporre alla stessa una riflessione su taluni profili che, anche in ragione della rilevanza eurounitaria, non appaiono adeguatamente risolti“. In merito alle osservazioni formulate il Consiglio attende, pertanto, che il Ministero fornisca le valutazioni, i chiarimenti e gli elementi di conoscenza richiesti.
Le censure del Consiglio di Stato investono numerosi e importanti aspetti del provvedimento, tra i quali: l’inidoneità del corposo allegato a costituire parte integrante del decreto; la disciplina dell’accesso e della consultazione da parte dei soggetti diversi dalle Autorità e dai destinatari degli obblighi antiriciclaggio; le competenze spettanti alle Camere di commercio territoriali, al Registro delle imprese e al gestore del servizio informativo; la mancata considerazione delle osservazioni del Garante per la protezione dei dati personali circa l’opportunità di minimizzare le informazioni richieste; le modalità per decidere in merito ai casi eccezionali di diniego all’accesso e di inopponibilità di tali eccezioni.
Questa battuta d’arresto per la realizzazione del Registro dei titolari effettivi costituisce un ulteriore ostacolo per la corretta identificazione della clientela da parte degli Istituti di pagamento e degli Imel, già discriminati, rispetto agli altri intermediari finanziari, dalla perdurante impossibilità di utilizzare, per la identificazione delle persone fisiche, il sistema pubblico di prevenzione amministrativa del furto di identità (c.d. SCIPAFI).
In proposito non può non rilevarsi come l’esercizio delle attività illecite e riciclatorie di rilevante ammontare trovi nell’opacità della proprietà e del controllo delle entità giuridiche un presupposto ideale per il proprio sviluppo. E’ pertanto auspicabile che una proficua collaborazione tra il Ministero e il Consiglio di Stato consenta quanto prima di risolvere i problemi che ostacolano l’emanazione del decreto.