Con la presidenza Trump gli Stati Uniti hanno decisamente alzato il livello di confronto e di scontro con la Cina, il primo (ma non l’unico) antagonista all’egemonia americana. Dalla tecnologia, all’economia e alla politica il confronto sta ora proseguendo con le prime iniziative della presidenza Biden che, ben più in continuità con quanto fatto dal suo predecessore, sta facendo di tutto per rallentare l’avvicendamento come prima potenza mondiale. Da ultimo, le autorità statunitensi hanno inserito il colosso dell’elettronica Xiaomi nella lista nera in quanto società con legami militari. Questo potrebbe trattarsi del primo passo per “tagliare fuori” Xiaomi dal mercato occidentale privandola di quelle app e sistemi operativi comuni nel grande pubblico. Il tutto sarebbe derivato dal fatto che Lei Jun, ceo e fondatore di Xiaomi, ha ricevuto un premio in qualità di miglior imprenditore per il Socialismo con caratteristiche cinesi nel 2019 dal Ministero dell’Industria e della Tecnologia dell’Informazione, ciò che stringerebbe un legame piuttosto stretto tra l’azienda e i vertici politico – militari cinesi.
Il motivo che ha spinto gli Stati Uniti ad aggiungere Xiaomi a questa lista è spiegato in un atto del tribunale redatto dal Dipartimento della Difesa durante il processo presso la corte distrettuale di Washington, a cui il colosso si è rivolto nel tentativo di revocare le accuse del suo coinvolgimento con la rete militare cinese. Il documento, apparso per la prima volta la scorsa settimana, ha fatto luce sulle motivazioni che hanno spinto il dipartimento ad aggiungere Xiaomi alla lista.
L’aggiunta di Xiaomi alla lista del Dipartimento della Difesa risale al 14 gennaio, negli ultimi giorni dell’amministrazione Trump, quando, oltre all’azienda di smartphone, sono state elencate altre otto società cinesi, alcune delle quali specializzate nel settore aerospaziale e nella produzione di chip. Non è però da escludersi che un tale indirizzo sia al momento mantenuto anche da Biden che ha già ribadito le propria posizione riguardo alle big tech avviando una collaborazione con Tim Wu, teorico dello smembramento dei colossi tecnologici.
La nomina di Xiaomi ha sorpreso molti analisti, dato che il focus dell’azienda è rivolto all’elettronica di consumo. Oltre agli smartphone, Xiaomi produce accessori con connessione a Internet quali purificatori dell’aria, monopattini, bilance e smartwatch per l’attività fisica. A differenza di Huawei, nonché il suo principale rivale cinese nel settore della telefonia, non fornisce infrastrutture per la comunicazione o altri apparecchi generalmente considerati sensibili.
Il boom di Xiaomi nel difficile mercato degli smartphone risale allo scorso anno, quando la compagnia si è appropriata della quota di mercato di Huawei ridotta anche a causa dei ban statunitensi nei suoi confronti.
Nella causa che la vede coinvolta, Xiaomi ha affermato che il dipartimento non ha fornito alcuna spiegazione rispetto alla decisione presa né ha dato modo di controbattere. Il riconoscimento a Lei Jun è stato conferito dal Ministero dell’Industria e della Tecnologia dell’Informazione della Cina, l’agenzia governativa che supervisiona il settore tecnologico cinese e le sue politiche industriali e che, secondo il Dipartimento della Difesa, è coinvolta nella gestione delle politiche di fusione tra mondo civile e militare, in quanto Pechino si appoggia alle imprese private per lo sviluppo della tecnologia militare.
Un’altra motivazione addotta dal Dipartimento della Difesa è stata il piano di investimenti di Xiaomi per il valore di 50 miliardi di yuan (7,7 miliardi di dollari) distribuiti su cinque anni per l’implementazione della tecnologia 5G e dell’intelligenza artificiale. Lei ha annunciato l’ingente investimento durante il suo messaggio rivolto al personale dell’azienda in occasione dell’inizio del nuovo anno, lo scorso gennaio 2020. Il Dipartimento della Difesa nella deposizione legale sottolinea che «entrambe le tecnologie rivestono un interesse centrale per la Repubblica Popolare Cinese oltre a essere il centro della strategia di fusione militare-civile», riferendosi alla Cina proprio con la dicitura completa, Repubblica Popolare Cinese.
Insomma, la sfida tecnologica è appena iniziata e vi sono tutte le premesse per una polarizzazione del confronto tra Occidente ed Oriente, proprio ora che l’Asia si appresta a diventare l’area economico – politica trainante nel mondo.