di Pierfrancesco Malu
In questi giorni, tra i tanti, sono due i dati emersi che più di altri dovrebbero colpirci e preoccuparci, anche se, forse, ormai non fanno più notizia. Il primo è quello relativo al tasso di natalità che in Italia è sceso, rispetto a quello già basso del 2018, di un ulteriore 4,5%, per circa 19 mila neonati in meno. Un record negativo dall’Unità a oggi.
Il secondo dato, contestuale, contingente e, si spera, momentaneo ci dice che per la prima volta il numero di pensionati ha superato quello degli attivi al lavoro.
Certo, questo secondo dato, in particolare, elaborato dalla CGIA di Mestre è anche una conseguenza del calo delle assunzioni e delle chiusure (si spera momentanee nella maggior parte dei casi) dovute al Covid19. Tuttavia, la tendenza aggregata appare più che delineata e prospetta un sistema sociale, e previdenziale, decisamente sbilanciato verso l’età matura e sempre meno propenso ai giovani.
Facendo seguito a questi dati con un’analisi spicciola possiamo, quindi, affermare che l’Italia è un Paese destinato al declino, anche rapido, e alla generale insostenibilità per le casse dello Stato di fare fronte ad una condizione che senza interventi strutturali è destinata a peggiorare col passare del tempo.
Detto questo, ci rimangono essenzialmente due strade: accettare quella che assomiglia sempre meno ad una “decrescita felice” o ribellarsi in maniera forte e risoluta ad un destino che solo apparentemente appare stabilito.
In Italia, gli interventi pubblici indirizzati all’allungamento della vita lavorativa sono solo una parziale soluzione del problema. Necessitiamo, invece, di concrete politiche d’impatto a sostegno della famiglia, della natalità, del lavoro giovanile e del lavoro femminile, sempre più discriminato.
Finchè non riusciremo a modernizzare il nostro Paese in questa direzione, magari prendendo spunto dagli efficienti modelli del Nord Europa, la tendenza non potrà essere invertita ma, anzi, peggiorare. È ovvio infatti, che per sostenere un welfare state la cui platea è sempre più ampia la popolazione attiva residua dovrà farsi ulteriore carico di questa situazione.
I giovani italiani sono sempre più legati alla famiglia d’origine e poco propensi a farsene una nuova. Certo, siamo un popolo di “mammoni”, affezionati per così dire al “nido” in cui siamo nati e cresciuti, poco avvezzi alle sfide e alle scomodità ma, in generale, anche ben poco stimolati ed incentivati a spiccare il volo con le nostre ali. Oggi, conseguire una laurea non è più sinonimo né di lavoro né, tanto meno, di posto fisso e metter su famiglia comporta una spesa non da poco per cui è necessario pensarci molto attentamente. Certo, molti giovani italiani fuggono dalle responsabilità preferendo vivere un eterno happy hour fino almeno ai quarant’anni ma, in generale, i timori del futuro sono più pressanti.
Ciò di cui abbiamo bisogno in Italia non è uno scontro social-generazionale ma di un patto tra generazioni e di politiche attive indirizzate alle famiglie, incentivi, agevolazioni e la creazione di reali opportunità di lavoro che vanno in parallelo con un alleggerimento dei costi per le imprese. Nella nostra società c’è bisogno di solidarietà, perché lo “Stato sociale” è un circolo che si autoalimenta: chi investe oggi nel proprio futuro ne potrà beneficiare in seguito e, a sua volta, rendere sostenibile l’intero sistema per le generazioni a venire.
In definitiva, il messaggio che è necessario veicolare in questa fase è che la sostenibilità del nostro Paese è in forte pericolo e la soluzione non può essere quella di mantenere a lavoro dei settantenni mentre i loro nipoti rimpolpano le fila dei NEET (persone che né studiano né lavorano). L’Italia ha necessità di un nuovo ed ampio piano di sviluppo economico e sociale pubblico che metta al centro del suo sviluppo gli individui, con politiche mirate ai giovani, alle donne e alle famiglie per creare maggiore equità sociale e innescare un meccanismo di sviluppo sostenibile nel medio periodo al quale possano partecipare anche le imprese, da considerarsi alleate della società in questa sfida e non organi contrapposti.