Endorsment forte e deciso al web da parte del Presidente del Consiglio Giuseppe Conte il quale nella conferenza stampa di presentazione del dl scuola ha dichiarato che il diritto a internet dovrebbe essere inserito nella Costituzione. “L’articolo 3 della Carta prevede che la Repubblica rimuova gli ostacoli alla piena realizzazione della persona e alla partecipazione della vita pubblica. E oggi la Rete è il più efficace strumento di partecipazione”.
Una dichiarazione forte quella del Presidente del Consiglio ma che si pone perfettamente in linea con l’effettiva valenza del ruolo socialmente inclusivo che il web ha acquisito negli ultimi anni, e di cui ci siamo accorti in particolare in queste settimane.
In questa fase storica, internet può tranquillamente essere definito come un servizio pubblico essenziale. In questa vece, quindi, ancorchè non presente al momento nella nostra Carta Costituzionale, seguendo la definizione della giurisprudenza italiana, secondo la quale i servizi pubblici essenziali “sono le prestazioni di rilevante interesse pubblico e generale, destinate alla collettività da soggetti pubblici (Stato, Regioni, Città metropolitane, Province, Comuni, altri enti) o privati; esse sono indefettibili e garantite dallo stesso Stato”, internet risulta essere un diritto generale ed inalienabile di cui tutti noi siamo beneficiari. Con lo sviluppo della società moderna, i diritti essenziali di noi cittadini si sono progressivamente ampliati e, allo stesso modo, anche i servizi pubblici hanno subito questa stessa sorte. Parallelamente allo sviluppo tecnologico e alla crescita dell’economia digitale, quindi, le esigenze di tutti noi si sono diversificate e hanno abbracciato ambiti che non erano stati presi in considerazione negli scorsi decenni. Ad esempio, oggi, internet è uno strumento di vita (e non solo di lavoro o di svago) praticamente indispensabile, attraverso il quale viaggiano informazioni e la possibilità di sfruttare servizi di ogni genere (moltissimi dei quali abilitati tramite i pagamenti elettronici), dalla prenotazione delle vacanze, all’ordine di una cena, al pagamento delle bollette eccetera.
Proprio poi per evidenziarne l’alto valore inclusivo, nel 2015, in Italia, è stata varata la Dichiarazione dei diritti di Internet frutto del lavoro di una Commissione ad hoc presieduta da Stefano Rodotà. La carta riconosce l’accesso ad Internet come diritto fondamentale della persona e condizione per il suo pieno sviluppo individuale e sociale. In questo quadro “ogni persona ha eguale diritto di accedere a Internet in condizioni di parità, con modalità tecnologicamente adeguate e aggiornate che rimuovano ogni ostacolo di ordine economico e sociale”.
Assicurare l’accesso alla linea internet è uno scopo anche di buona parte delle istituzioni internazionali. In Europa, dal 2016, ad esempio, è in vigore il Regolamento del Parlamento Europeo e del Consiglio recante “misure riguardanti l’accesso a un’Internet aperta e che modifica la direttiva 2002/22/CE relativa al servizio universale e ai diritti degli utenti in materia di reti e di servizi di comunicazione elettronica. Mentre a livello ONU Nel 2012 il Consiglio per i diritti umani delle Nazioni Unite ha approvato una risoluzione che riconosce l’accesso a Internet e la libertà di espressione online come diritti umani fondamentali.
Che sia inserito o meno in Costituzione, in questo momento forse è persino poco importante, ma che l’accesso libero a internet debba essere un diritto a tutti gli effetti di ogni cittadino non può essere argomento di discussione. La società delle comunicazioni in cui viviamo, soprattutto in una fase acuta di distanziamento sociale, ha estrema necessità di infrastrutture e sistemi accessibili per chiunque, proprio per favorire l’inclusione civica e non più solo quella sociale di miliardi di cittadini del mondo.