di Pierfrancesco Malu
Sono giornate di contatti frenetici – tra un decreto e l’altro – per il Presidente del Consiglio Conte, il ministro dell’Economia Gualtieri e quello degli esteri Di Maio con i loro omologhi e le istituzioni europee per trovare una soluzione condivisa su come affrontare la crisi economica e sanitaria.
Come è molto probabile che sia, non si aspetterà il termine di due settimane di decantazione che si erano dati giorni fa i rappresentati dei paesi UE per approfondire i contatti e tessere le trame di nuove possibili opportunità.
Ieri il Ministro Gualtieri è stato piuttosto fermo nell’affermare che – nonostante altre possibili proposte sul tavolo – l’idea dei cosiddetti Corona Bond è tutt’altro che tramontata, almeno sponda Italia. Il numero uno di via XX settembre, infatti, ha dichiarato che “Il Governo italiano e’ al lavoro su una proposta concreta di emissione comune di titoli ed e’ impegnato affinche’ l’Eurogruppo assolva appieno al mandato affidatogli dal Consiglio europeo di presentare un ventaglio di proposte adeguate alla natura inedita dello choc e che includano anche una proposta come quella cui stiamo lavorando”. Dichiarazioni queste che contrastano con la strenua opposizione olandese che non vuole assolutamente sentirne, mentre si apre un flebilissimo spiraglio nella “foresta nera” della Germania anche a seguito dell’intervista del Premier Conte alla tv ARD nel corso della quale ha dichiarato “Vorrei ricordare che questo meccanismo, le obbligazioni in euro, non significa che i cittadini tedeschi dovranno pagare anche solo un euro di debito italiano. Significa solo che agiremo insieme per ottenere migliori condizioni economiche, di cui tutti beneficiano”. In Germania, poi, anche il partito dei Verdi sarebbe disposto a maggiori concessioni in Italia e ha avviato un vero e proprio appello a Frau Merkel affinchè sia meno intransigente sulla questione.
Il fronte dei possibilisti sul tema bond europei è, però, ancora ben lungi dall’aprire una breccia, anche perché rimane viva l’opzione dell’utilizzo del MES nudo e crudo, ipotesi radicalmente scartata dal Presidente del Consiglio Conte anche nel corso dell’ultima conferenza stampa di ieri sera (1° aprile).
Da parte loro, i francesi, almeno formalmente alleati degli italiani in questa lotta dalla quale può dipendere il destino dell’intera Unione, sondano altre possibilità nella speranza a loro volta di scalfire la strenua resistenza alemannolandese. Tramite un’intervista al Financial Times del Ministro dell’economia Bruno Le Maire, i francesi, infatti, hanno lanciato l’idea di costituire un fondo europeo, al posto dell’ipotesi di obbligazioni comuni, con la specifica missione di superare la crisi da coronavirus, e con una scadenza relativamente ampia ma precisa: tra 5 e i 10 anni.
La dialettica politica nei giorni scorsi si è mossa parecchio, insomma, nel tentativo delle varie cancellerie di ricucire quello che potrebbe essere uno strappo epocale, con conseguenze tutt’altro che prevedibili, mentre l’UE, sostanzialmente taceva. Proprio oggi, invece, Ursula Von Der Leyen ha interrotto il silenzio con l’ennesima dichiarazione rappacificante nei confronti dell’Italia. In una lettera inviata a Repubblica e indirizzata a governanti e cittadini italiani, infatti, il presidente della Commissione Europea afferma che “l’Unione stanziera’ fino a cento miliardi di euro in favore dei Paesi colpiti piu’ duramente, a partire dall’Italia, per compensare la riduzione degli stipendi di chi lavora con un orario ridotto. Questo sara’ possibile grazie a prestiti garantiti da tutti gli Stati membri, dimostrando cosi’ vera solidarieta’ europea”. Von der Leyen riconosce anche che “nei primi giorni della crisi, di fronte al bisogno di una risposta comune europea, in troppi hanno pensato solo ai problemi di casa propria. Non si rendevano conto che possiamo sconfiggere questa pandemia solo insieme, come Unione. E’ stato un comportamento dannoso e che poteva essere evitato”. Se la distanza tra individui ci serve per la nostra sicurezza, “la distanza tra nazioni europee, al contrario, mette tutti in pericolo”.
Tutto risolto, quindi? Probabilmente no. Con questo atto formale, la Commissione si espone pubblicamente e probabilmente farà tutto ciò che è in suo potere per sostenere lo sforzo italiano (e non solo) in tutti i modi che le sono consentiti, il problema, però, rimane proprio in questo, alla fine sarà il Consiglio ad esprimere una posizione e perché questa ci sia il più possibile favorevole è in corso una partita ampia e difficile. Da qui al 7 aprile ci sono ancora alcuni giorni e, al di là di tutto, ciò che più di ogni altra cosa sarà opportuno evitare è un’altra impasse, perché di mancate decisioni non ne abbiamo davvero bisogno e il tempo a disposizione stringe sempre più.