di Maurizio Pimpinella
In questo momento, viviamo come se fossimo tutti all’interno di una grande bolla di sapone in cui tratteniamo un grande ed infinito respiro e in cui il tempo sembrerebbe essersi fermato, dilatato all’infinito in attesa del prossimo bollettino della Protezione Civile che reca gli aggiornamenti giornalieri sull’andamento dell’epidemia.
Eppure, la sensazione ancora più diffusa che stiamo tutti vivendo in questa fase è che ci troviamo sull’orlo di uno di quei momenti di cesura sociale ed economica che cambiano radicalmente le prospettive di un’intera civiltà.
E’ quasi certo che il mondo per come lo conosciamo ancora in queste settimane è destinato a cambiare radicalmente a partire da quelle che seguiranno e noi stessi saremo probabilmente degli uomini e delle donne completamente diversi.
Cambieranno sicuramente i nostri modi di consumo, probabilmente più digitalizzati, il nostro approccio al lavoro e forse anche le attività e molte percezioni. Probabilmente, cambierà la nostra società (si spera in meglio) e cambieranno i rapporti interpersonali che – c’è da augurarsi – saranno più profondi di quanto non lo siano stati negli ultimi anni.
In queste settimane, stiamo facendo una sorta di “allenamento” al mondo che probabilmente verrà: un mondo più smart, flessibile e dinamico che contribuirà a cambiare tutte le nostre abitudini in maniera profonda e radicale.
In realtà, questo allenamento contribuirà probabilmente a renderci partecipi della trasformazione digitale più di quanto non lo siamo mai stati prima d’ora, una trasformazione che non solo non si arresterà ma che, a seguito di questa crisi, sarà addirittura accentuata e accelerata, costringendo tutti noi a fare anche una sorta di “full immersion” di competenze.
Questo è evidente in almeno cinque macrocategorie.
In queste settimane, stiamo imparando ad avere una certa confidenza con il concetto di smartworking o di lavoro agile. Prima d’oggi, si trattava sostanzialmente di uno sconosciuto praticato soprattutto dalle grandi multinazionali già abituate a ritmi e tempi di lavoro flessibili. Nei prossimi mesi, invece, grazie alle nuove manovre risulterà indubbiamente cresciuto il numero di smart worker a fronte del 4,8% presenti in Italia prima dell’emergenza. Un cambiamento non da poco se pensiamo al punto di partenza che contribuirà forse anche a rinnovare il mercato del lavoro italiano tradizionalmente ingessato.
Se ci fosse necessità di un’ulteriore spinta, ecco che l’emergenza sta producendo il massimo sforzo per l’incremento del commercio elettronico. Ciò che stanno perdendo i negozi in termini di acquisti a causa della minore circolazione di persone, lo stanno fagocitando per intero (se non anche di più) le piattaforme di e-commerce, con Amazon in testa, che offrono ogni tipo di soluzione direttamente a casa, e oggi più che mai questo si rivela essere un vantaggio competitivo incredibile. Basti pensare che il gruppo Triboo dal 24 febbraio al 4 marzo ha avuto un incremento degli ordini del 17%.
Assistiamo ad un incremento esponenziale degli ordini che diventano progressivamente anche difficili da gestire.
L’evidenza di questi dati incoraggia alcune aziende ad intraprendere nuovi modelli di business, digitalizzando e rendendo più agili le loro imprese. Molti ristoranti, ad esempio, si stanno attrezzando per poter proseguire con la loro attività provvedendo a soddisfare le richieste di cibo a domicilio.
Parallelamente all’incremento dell’e-commerce, assistiamo anche all’inevitabile crescita dei pagamenti elettronici. Ancora non sono disponibili dei dati che certificano la crescita ma è ragionevolmente immaginabile che questa sia sostanziosa. Ci voleva dunque un’emergenza sanitaria per digitalizzare i pagamenti degli italiani?
I pagamenti elettronici sono – come ripeto da sempre – lo strumento abilitante l’economia digitale e mai come oggi diventano determinanti nel soddisfare le esigenze anche primarie della popolazione italiana, in molti casi ferma nel dorato esilio domestico. Inoltre, stando proprio alle indicazioni dell’OMS le banconote potrebbero essere un terribile mezzo di trasmissione del virus molto di più di quanto lo sia una carta o uno smartphone (che contiene una carta smaterializzata al suo interno) che non passano di mano in mano ma che vengono semplicemente accostati ad un dispositivo POS per il pagamento.
Sempre relativamente ai servizi finanziari, molte filiali banca o sono chiuse o hanno drasticamente ridotto il servizio al pubblico, pur continuando in genere ad offrire tutti i servizi primari alla popolazione. La situazione ideale per l’incremento dell’home banking.
In questa situazione, è facile immaginare che a breve assisteremo anche ad un certo incremento dei contratti stipulati con le fintech, le neo-bank e gli operatori innovativi in generale. L’emergenza sanitaria, quindi potrebbe avere l’effetto – tra gli altri – anche quello di accelerare il confronto tra operatori tradizionali ed innovativi.
Il crescere di tutte le esigenze legate alla digitalizzazione degli italiani porta inevitabilmente ad una conclusione univoca: la necessità di infrastrutture di connessione rapide, efficienti e ramificate su tutto il territorio nazionale. In questi giorni di crisi, in Piemonte e Lombardia le connessioni sono cresciute del 50%. La sfida del 5G oggi e del 6G domani sarà ancora più determinante per una popolazione che in queste settimane sta progressivamente sperimentando i vantaggi della tecnologia.
Infine, l’intelligenza artificiale, splendido alleato in queste settimane di medici e personale sanitario che lottano strenuamente contro un nemico invisibile che l’IA contribuisce a identificare e sconfiggere. E come dimenticare poi la blockchain che in questo come in quelli a venire sarà ancora più determinante nel tracciare prodotti e filiere d cui abbiamo tutti stringente necessità.
Nei prossimi mesi, quando tutto questo sarà alle spalle – in ultimo – c’è da scommetterci che avremo ancora più voglia di vivere di quanta non ne avessimo fino a ieri. Tutto ciò porterà sicuramente ad un boom di tutte quelle attività che saranno state resilienti nel momento più duro e che godranno in seguito del desiderio di socialità e convivialità che il virus non solo non ci ha portato via ma che contribuirà solo ad amplificare.