La strada intrapresa dal governo con la manovra 2020 per la lotta all’evasione fiscale e che porta al forte incentivo della cashless society prevede una progressiva riduzione del tetto al limite alle spese in contanti: 2.000 euro nel 2020, 1.000 euro nel 2021.
Tale misura è, nei fatti, parte integrante funzionale del più ampio piano proposto dal Governo per contrastare l’evasione fiscale.
Poco prima di Natale, invece, la BCE ha contestato l’iniziativa italiana nei modi e nel contenuto. Per prima cosa, il nostro governo avrebbe dovuto interpellare la massima autorità bancaria europea riguardo l’intenzione di procedere ad abbassare il limite ai pagamenti in contanti. Secondariamente, l’esecutivo (stando a quanto rilevato) sottovaluterebbe il rischio di tagliare fuori dal circuito dei pagamenti ampie fasce della popolazione finanziariamente escluse. In questo senso, il richiamo all’Italia, fa il paio con quelli già inoltrati a suo tempo a Grecia e Spagna, rei di aver introdotto forti limitazioni ai pagamenti in contanti. Secondo la Banca di Francoforte, infatti, “mentre in uno Stato membro possono esistere in generale altri mezzi legali di estinzione dei debiti pecuniari diversi dai pagamenti in contanti la loro disponibilita’ in tutti gli strati della societa’, a costi comparabili, dovrebbe essere verificata con attenzione da parte delle autorita’ competenti”. Inoltre, la BCE rileva anche che “sarebbe necessario dimostrare che le limitazioni ai pagamenti in contante proposti, che incidono sul corso legale delle banconote in euro, siano efficaci ai fini del conseguimento delle finalita’ pubbliche legittimamente perseguite attraverso tali limitazioni”.
In definitiva, la Banca concorda col nostro governo che i pagamenti elettronici rappresentino un plus di valore da incentivare, soprattutto per favorire la competitività dell’intero sistema produttivo; tuttavia, questa strada non sarebbe percorribile indiscriminatamente senza tenere in adeguata considerazione la possibilità di accesso di tutta la popolazione agli strumenti più innovativi. A questo proposito, va anche considerato che l’Italia rappresenta un caso piuttosto particolare nel panorama europeo e che tali misure, già adottate negli ultimi decenni da altri governi, sono state individuate per correggere alcune delle abitudini di spesa di noi italiani.
A questo punto la palla passa al nostro governo e, tutto, o quasi, torna di nuovo in discussione. Ciò che è certo è che la “tirata d’orecchi” fattaci dalla BCE dovrà essere attentamente esaminata e richiede una adeguata risposta, nei fatti prima ancora che nelle parole con la possibilità di rivedere la misura appena approvata dal Parlamento nel corso dell’ultima sessione di bilancio.