di Pierfrancesco Malu
Nella prima parte di questo reportage sull’Eurasia (qui) ci eravamo lasciati interrogandoci su quale potesse essere il ruolo dell’Europa all’interno di questo macro agglomerato fatto di territori, fusi orari, culture e abitudini politiche così tanto diverse tra loro.
Il maxi-continente euroasiatico è formato sostanzialmente da tre componenti principali che si sviluppano longitudinalmente: Europa, Russia e Cina. Di queste, la Russia dovrebbe essere, tanto per definizione quanto per posizione geografica, il territorio di passaggio tra Oriente ed Occidente (e per notare come si degrada verso l’uno o l’altro basta fare un viaggio lungo la Transiberiana), ma è sempre meno così. Da porta tra i due mondi, la Russia sta facendo di tutto per diventare oggi un nuovo centro di questo assetto giocoforza sbilanciato a est e che vede l’Europa più periferica che mai.
Per un sistema industriale ed economico internazionale fondamentalmente basato ancora sui combustibili fossili è chiaro che la gestione di questi sia oggi più che mai un validissimo strumento di politica estera, e qui, per la Russia, entra in gioco il gasdotto Power of Siberia recentemente inaugurato da Gazprom che, dopo venti anni di trattative e oltre 55 miliardi di dollari per realizzarlo (come si evince dal Sole 24Ore del 1° dicembre 2019), collegherà Russia e Cina. Un passo per nulla scontato, in quanto, in virtù dell’apertura di questo nuovo canale, l’Europa non sarà più l’unico mercato di riferimento per il gas russo. Una mossa strategica dura a divenire ma sicuramente appropriata, almeno dal punto di vista russo. Quello che inizialmente poteva sembrare uno strumento di ritorsione nei confronti dell’Ucraina porterà ad avere risvolti negativi anche per il resto dell’Europa. Il sostegno energetico al gigante cinese avrà anche l’effetto di aiutarlo a sopperire la mancanza di approvvigionamenti dovuti alla guerra dei dazi con gli Stati Uniti.
L’apertura della pipeline verso la Cina implica che la Russia non solo non è dipendente dalle importazioni europee ma può anche utilizzare il gas (come già fatto in passato) come strumento politico nei confronti dell’UE. In tutto ciò, noi europei rimaniamo di fatto nel mezzo o, per meglio dire, periferici riguardo tutti questi avvenimenti. La Russia dal suo lato cerca di attrarre l’est europeo nella sua sfera di influenza, la Cina, altrettanto, sta sviluppando il suo progetto egemone con la Nuova via della seta e gli Stati Uniti di Trump sono più lontani che mai ora che anche il loro alleato tradizionale e ponte per l’Europa, il Regno Unito, è uscito dall’Unione.
Da quanto detto, emerge uno spaccato internazionale che relega l’Europa ad un marginale da comprimaria della politica mondiale.
Ma è davvero così, o ci sono possibilità di rinascita? Cercheremo di capirlo nella terza parte del nostro reportage.