È sempre la Web tax a tenere banco. Da una sponda all’altra dell’Atlantico rimbalzano proposte e iniziative per tassare i profitti delle grandi piattaforme digitali. Stavolta, l’iniziativa viene dal Canada in cui il Primo ministro Justin Trudeau pensa ad un prelievo del 3% sul fatturato generato dai colossi del digitale vendendo pubblicità e dati online. Un’iniziativa che non può far certo piacere alle imprese USA tanto che l’idea potrebbe scaturire addirittura in uno scontro diplomatico.
Nel frattempo, le associazioni industriali statunitensi invocano l’intervento del Presidente Trump e parlano già apertamente di “rischio per gli accordi commerciali e gli investimenti tecnologici tra i due paesi”. In una lettera indirizzata al Segretario di Stato americano Mike Pompeo, al Segretario al Tesoro Steven Mnuchin, al Segretario al Commercio Wilbur Ross, al Rappresentante commerciale Robert Lighthizer e al consulente economico della Casa Bianca Larry Kudlow, i gruppi industriali americani formulano un accorato appello nel quale dicono: “vi chiediamo di avviare con urgenza un dialogo con le vostre controparti canadesi per dissuaderle dall’andare avanti con questa proposta “.
La proposta del partito liberale guidato da Trudeau è chiara: si tratta di un prelievo del 3% del fatturato derivante dalla vendita di pubblicità online e dati degli utenti da imporsi alle aziende del digitale con fatturato globale di almeno un miliardo di dollari canadesi e fatturato canadese di oltre 40 milioni. Secondo i programmi del governo canadese, la tassa entrerebbe in vigore a partire dal 1° aprile del 2020.
Nella sostanza, la web tax di Trudeau è molto simile a quella francese che già ha scatenato violenti moti di protesta nell’industria e nell’establishment a stelle e strisce.
Secondo le associazioni industriali e la Camera di commercio USA la proposta di tassazione rappresenta di fatto una violazione degli impegni presi dal Canada all’interno dell’Organizzazione mondiale del commercio (WTO) e non tiene conto dell’evoluzione che ha assunto l’attuale mercato digitale. Inoltre, l’iniziativa violerebbe anche gli accordi specifici tra le organizzazioni commerciali del Nord America come NAFTA e USMCA (United States – Mexico – Canada Agreement).
A prescindere da come andrà a finire questa vicenda, che è stata anche un cavallo di battaglia di Trudeau alle ultime elezioni e che serve ora come proposta aggregante per creare una maggioranza parlamentare numericamente assente dopo il risultato delle urne, il tema della web tax è destinato a tenere banco in tutto il mondo nei mesi a venire: Stati e big tech dovranno quindi trovare un modo efficace di coesistere in tempi brevi.