di Maurizio Pimpinella
Siamo entrati nel decennio di Roma. Forse può suonare strano per una città che ha tra i suoi epiteti quello di “eterna” concentrare in un periodo di tempo così limitato buona parte del suo futuro ma da qui al 2030 gli appuntamenti (già previsti e quelli potenziali) che aspettano la nostra capitale sono tanti e tali da considerare tutt’altro che esagerata questa affermazione. Il tutto, mentre ci accingiamo a scegliere la persona che dal Campidoglio guiderà questa rivoluzione.
Pochi anni fa, con uno strascico di polemiche al seguito, il Comune di Roma aveva rinunciato alla candidatura della città alle Olimpiadi del 2024, considerando ben altre le priorità per la città.
Ora la situazione sembra essere del tutto cambiata. Ma quella che è cambiata è soprattutto la percezione del nostro Paese. Il Presidente Draghi dice che “ora c’è fiducia nell’Italia” e questa è solo marginalmente spiegabile dalla crescita del Pil del 6% certificato dalla Nadef.
Stiamo intraprendendo un percorso che potrebbe rilanciare definitivamente il nostro Paese e porre l’immagine di Roma come “capitale delle capitali” europee. Gli eventi in programma procedono in ordine crescente: si inizia con la Ryder Cup di golf del 2023, passando poi dal Giubileo dei 2025 fino al piatto forte dell’Expo 2030. Si tratta di un percorso serrato, scadenzato fino al 2026 anche dall’implementazioni delle missioni del Pnrr che devono fornire linfa e finanziamenti per cambiare letteralmente il volto dell’Italia. Com’è evidente, il terzo appuntamento, anche se è il più distante nel tempo, è anche il più importante tra quelli elencati. Sarebbe quella vetrina che Roma e il Paese attendono per mostrarsi al mondo in tutto lo splendore, un’occasione più unica che rara che dipende però soprattutto dalla nostra capacità di procedere con serietà, efficienza, equilibrio, innovazione, digitalizzazione e capacità di programmazione. Nell’ambito poi delle ipotesi, vi sono altri due potenziali appuntamenti che potrebbero rendere addirittura mettere Roma e l’Italia al centro del mondo: si tratta dell’ipotesi di candidare l’Italia come Paese ospitante gli Europei o i Mondiali di calcio rispettivamente del 2028 e del 2030, anno in cui si potrebbe addirittura fare la straordinaria accoppiata con l’Expo.
Gli anni a venire potrebbero essere veramente quelli del rilancio ma per riuscirci manca ancora un piccolo passo: rendere Roma la capitale anche del digitale, perché senza vera innovazione, digitalizzazione e semplificazione (ciò che d’altra parte riguarda tutto il Paese), difficilmente le nostre candidature saranno tenute in dovuta considerazione. Se non rendiamo già oggi attraenti i nostri territori, e in primis la nostra capitale, per i capitali nazionali ed esteri sarà poi sempre più difficile essere sede di grandi eventi e protagonisti internazionali. Stiamo vivendo sull’onda lunga della fiducia e dell’entusiasmo e una sorta di congiuntura straordinaria sembrerebbe porre le condizioni più favorevoli per avviare progetti ambiziosi.
Per questo vorrei proporre un grande patto per la digitalizzazione di Roma che coinvolga tutti gli attori istituzionali, le imprese, i manager e che si avvalga del ruolo di intermediazione e delle competenze delle associazioni di rappresentanza per riuscire a raggiungere questo scopo tanto ambizioso quanto necessario per la capitale digitale d’Italia ma anche per l’inclusione e la sostenibilità digitale dell’intera popolazione.
I successi sportivi di questa straordinaria estate hanno già fatto parlare qualcuno di “nuovo rinascimento italiano” ma, ancora dentro alla pandemia, ciò che è emerso del nostro Paese negli ultimi due anni è la sua più grande caratteristica: la resilienza, ovvero la capacità di superare le difficoltà e tornare in qualche modo protagonista della scena internazionale. Ebbene, da questo spirito deve prendere avvio il decennio più importante di Roma capitale d’Italia e del digitale.