La richiesta del green pass non comporta la violazione della riservatezza dei dati sanitari. Lo ha stabilito la Terza sezione del Consiglio di Stato (Pres. Lipari; Est. Fedullo) con l’ordinanza n. 5130 depositata oggi, respingendo l’appello sollevato da quattro cittadini italiani nei confronti dell’ordinanza cautelare del Tar Lazio (Sezione Prima) n. 04281/2021, che a sua volta gli aveva dato torto.
Gli appellanti avevano impugnato il Dpcm del 17 giugno 2021 (attuativo del Dl 52/2021) che regola la certificazione verde COVID-19, chiedendone la sospensione e lamentando la lesione della riservatezza sanitaria, il rischio di discriminazioni, nonche’ il pregiudizio economico per i frequenti tamponi. Il Cds ha confermato la pronuncia di primo grado “atteso che, da un lato, il prospettato rischio di compromissione della sicurezza nel trattamento dei dati sensibili appare rivestire carattere meramente potenziale”; dall’altro, non vi e’ alcuna lesione del diritto alla riservatezza sanitaria “dal momento che l’attuale sistema non sembra rendere conoscibili ai terzi il concreto presupposto dell’ottenuta certificazione (vaccinazione o attestazione della negativita’ al virus)”.