I colossi tecnologici cinesi stanno attraversando un periodo difficile. In questo caso, non si tratta di difficoltà nel penetrare il mercato locale nè delle potenzialità di estendere la propria influenza anche in altri mercati. Come abbiamo mostrato anche su questa testata, i pericoli per le imprese cinesi tech e fintech vengono piuttosto dall’interno, ovvero dalla crescente influenza che il Partito Comunista Cinese sta progressivamente assumendo nei loro confronti. Di recente, infatti, come riferisce il Financial Times, gli alti funzionari di partito hanno detto a 13 delle più grandi aziende tecnologiche del paese di “correggere problemi importanti” sulle loro piattaforme. Tencent, ByteDance e le affiliate fintech di Baidu, JD.com, Meituan e Didi sono alcune delle imprese convocate ad un ristretto incontro con i funzionari della Banca popolare cinese e altri regolatori bancari, finanziari e valutari. Al momento, la questione è semplice: i funzionari hanno chiesto alle piattaforme di aumentare il loro capitale per coprire il 30% dei prestiti che offrono insieme alle banche, una misura simile a quella imposta anche ad Ant poco tempo fa e sono in linea con le nuove linee guida varate per regolamentare il comparto fintech. Secondo i regolatori locali, i “collegamenti impropri” tra i servizi di pagamento e altri servizi finanziari dovranno essere interrotti. Ciò includeva il non consentire alle piattaforme di pagamento di promuovere prestiti in modo troppo aggressivo, tagliando un importante canale pubblicitario per le aziende. Si tratta di un cambiamento abbastanza profondo della governance economico-finanziaria cinese e, probabilmente, della fine di quel “capitalismo rosso” che negli ultimi anni è stato il simbolo, per certi versi anche ambiguo, della crescita tecnologica della Cina anche per quanto riguarda i servizi finanziari.
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