di Maurizio Pimpinella
Una cosa è certa, la pandemia ha contribuito a creare un’accelerazione nel processo di digitalizzazione che, in condizioni normali, avrebbe richiesto dei periodi molto più dilatati. Tale effetto generale è riscontrabile anche in Italia pur tenendo conto delle peculiarità che ci caratterizzano. Gli effetti di questa accelerazione sono visibili anche nel nostro settore. I pagamenti elettronici, infatti, sono i protagonisti assoluti della trasformazione digitale e il loro livello di utilizzo è un affidabile indicatore del grado di digitalizzazione della popolazione. Non per nulla, in Italia il deficit digitale di cui soffriamo è andato a lungo di pari passo con una ridotta adozione degli strumenti di pagamento elettronici .
Secondo il Ministero dell’Economia, contrastare la diffusione dell’epidemia di Coronvirus è “fondamentale non solo da un punto di vista sanitario ma anche economico”. Con queste premesse, la crescita dei pagamenti elettronici può essere una notizia di cui rallegrarsi perché in grado di innescare meccanismi virtuosi facenti capo ad una nuova concezione della legalità, allo sviluppo di nuovi settori produttivi, all’ampliamento delle opportunità di lavoro e all’utilizzo di risorse che prima non erano tenute in considerazione, così come l’attenuamento di quel debito pubblico che a causa degli interventi per tamponare le esigenze derivate dalla pandemia è destinato a schizzare alle stelle.
Tuttavia, relativamente proprio a questi ultimi, a partire dallo scorso inverno è stata impressa un’accelerazione che, consapevoli del ritardo, restituisce uno spaccato del nostro Paese più in linea con standard europei. L’Italia, già alla fine del 2019, infatti, presentava chiari segnali di crescita nell’adozione della moneta elettronica di cui il record dei 270 mld di euro transati rappresentava solo la classica punta dell’iceberg. In realtà, era riscontrabile un certo cambio di opinione e di approccio culturale da parte di molte persone che iniziavano a prendere consapevolezza del valore inclusivo e della sicurezza dei pagamenti elettronici divenuti centrali nell’agenda politica e pubblica. Inoltre, pur se ridotte in termini assoluti nei confronti dei principali concorrenti esteri, sia l’incidenza sia la media dell’utilizzo dei pagamenti cashless era in costante aumento già da qualche anno, spesso ad un ritmo di crescita superiore a quello del resto d’Europa.
Secondo le più recenti stime, infatti, l’ammontare dei pagamenti elettronici per quest’anno sarà di circa 269 mld di euro, appena un miliardo inferiore all’anno scorso. Ciò significa che l’economia digitale sviluppata nel corso della crisi sanitaria è riuscita a compensare un mercato dei pagamenti al cui appello manca quasi per intero, ad esempio, il comparto turistico e tutto il suo indotto. Oltre ai freddi numeri, inoltre, è chiaro ormai il ruolo portante per l’economia italiana dell’industria dei pagamenti elettronici come fattore abilitante per gli attori economici e le interazioni tra questi e i cittadini. Un risultato che due o tre anni fa sarebbe stato inimmaginabile. Se questi numeri appaiono rosei, nel 2021, ci auguriamo che la situazione non solo si sarà consolidata ma sarà addirittura migliore. Il prossimo anno, infatti, le previsioni di crescita parlano di 307 mld di euro con milioni di nuovi utilizzatori in tutta Italia.
M.M. Pimpinella