di Maurizio Pimpinella
Il treno della transizione digitale passerà una volta sola. In questo momento, stiamo cercando di saltarci sopra al volo dopo una lunga rincorsa ma c’è sempre il pericolo di scivolare all’ultimo e mancare la presa. Sarebbe una catastrofe per il nostro sistema produttivo, educativo e, in generale, per tutto il Paese che sarebbe costretto a percorrere la strada a piedi nel tentativo di riprendere una locomotiva che, invece, corre.
I ritardi italiani in termini di digitalizzazione e di competenze digitali sono ormai noti. Da tempo, e talvolta in maniera episodica, frammentata e non sistematica, sono stati avviati programmi e singole iniziative che, pur avendo portato segnali di crescita non sono riusciti a smuovere significativamente una situazione che ci vede costantemente tra i paesi europei con le performance peggiori. In Italia, insomma, mancano iniziative efficaci e dirompenti tanto quanto la trasformazione che stiamo affrontando, manca il coordinamento e manca quello che potremmo definire un grand design di fondo.
Dobbiamo considerare la digitalizzazione del Paese e, soprattutto, dei cittadini la nostra più importante opportunità di rilancio ma c’è la necessita di un progetto ampio, coerente e condiviso da parte di tutte le parti in causa, a partire dalle istituzioni, passando per le associazioni di categoria coinvolgendo manager, imprese e lavoratori. Tutti dobbiamo remare nella stessa direzione.
A lungo abbiamo chiesto l’istituzione di un Ministro per la digitalizzazione, ovvero di una figura con facoltà di coordinare le attività digitali a 360°, in grado di avanzare un progetto di crescita e sviluppo di medio-lungo termine coerente ed ambizioso. Tuttavia, oggi, una figura del genere non è più sufficiente ad affrontare le sfide della digitalizzazione: serve subito un “MEF del digitale” , prima che sia troppo tardi per cogliere il passaggio e godere dei frutti.
La scelta, in parte provocatoria, di definire questo soggetto come “MEF” è dovuta al fatto che il Ministero dell’economia è uno dei più articolati e completi dal punto di vista delle competenze normative, regolamentari e tecniche, anche perchè per riuscire a governare le dinamiche della trasformazione digitale serve proprio una vastissima gamma di competenze giuridiche e conoscenze tecnologiche da concentrare tutte in un unico ente deputato anche al coordinamento e al tracciamento delle iniziative, onde evitare di disperdere le idee in mille rivoli che rischiano infine di prosciugare la portata del fiume da cui derivano.