La Suprema Corte di Cassazione, con una sentenza destinata a passare alla storia, ha stabilito che le criptovalute come i Bitcoin sono a tutti gli effetti riconoscibili come strumenti finanziari. Il loro utilizzo, quindi, può essere disciplinato dal Testo Unico sulla Finanza (TUF). La sentenza perché porta chiarezza in un campo, quello delle criptovalute, dove la mancanza di regolamentazione è ancora oggi una delle principali problematiche che ne impediscono la diffusione su larga scala e che incoraggiano il proliferare di irregolarità. La discussione è nata a seguito dell’accusa mossa ad un imputato che aveva promosso “in modo spinto” l’acquisto della criptovaluta attraverso il proprio sito web. La questione è finita sul tavolo della Cassazione dopo il ricorso presentato dalla difesa dell’imputato a seguito di una decisione del Tribunale del Riesame di Milano.
Secondo i Giudici della Cassazione, invece, “la vendita di bitcoin viene reclamizzata come una vera e propria proposta di investimento tanto che sul sito dove veniva pubblicizzata si davano informazioni idonee a mettere i risparmiatori in grado di valutare se aderire o meno all’iniziativa, affermando che ‘chi ha scommesso in bitcoin ha guadagnato più del 97% in due anni”. Per tale motivo, la loro vendita è “soggetta agli adempimenti previsti dal TUF in materia di intermediazione finanziaria la cui omissione integra il reato di abusivismo finanziario”.
La decisione potrebbe assumere una valenza di fondamentale importanza proprio ora che il mondo cripto sta attraversando una fase in cui è visto con più attenzione ma anche con meno sospetto.