Il Rapporto CIDA-Censis 2025 si presenta come uno strumento di analisi e proposta che punta a rimettere al centro del dibattito pubblico una componente fondamentale del tessuto sociale ed economico italiano: il ceto medio e la dirigenza. Frutto della collaborazione tra CIDA, la Confederazione Italiana dei Dirigenti e delle Alte Professionalità, e il Censis, il documento rappresenta un’indagine approfondita sulle trasformazioni in corso nella società italiana, con un focus particolare sulle difficoltà, le aspirazioni e il ruolo strategico del ceto medio in un’epoca segnata da crisi, transizioni e nuove sfide globali.
Il quadro che emerge è quello di un’Italia in bilico. Il ceto medio, pur restando la spina dorsale della coesione sociale e del progresso civile, è oggi sottoposto a una pressione crescente. Troppo “ricco” per accedere ai sostegni pubblici, ma troppo “povero” per affrontare con serenità gli investimenti sul futuro, il ceto medio si trova spesso intrappolato in una zona grigia di invisibilità politica ed economica. Secondo il rapporto, questo segmento della popolazione non si definisce tanto in base al reddito, quanto in relazione al capitale umano, al percorso formativo, alla competenza professionale. È proprio questo senso di identità culturale a costituire, oggi, il punto di rottura: quando l’impegno e la formazione non generano più riconoscimento sociale o economico, si crea un disallineamento pericoloso tra aspettative e realtà.
Il Rapporto denuncia con chiarezza i segnali concreti di questo scollamento: redditi stagnanti, riduzione dei consumi, sfiducia nelle prospettive per le nuove generazioni. Ma registra anche un dato incoraggiante: nonostante le difficoltà, il ceto medio non si arrende. Continua a investire nei figli, nell’istruzione, nella casa. Tuttavia, troppo spesso, questo investimento si traduce in una diaspora di capitale umano: i giovani formati in Italia cercano all’estero opportunità che il nostro Paese non riesce più a offrire.
A fronte di questa situazione, la dirigenza, che CIDA rappresenta da quasi ottant’anni, si assume una responsabilità aggiuntiva: non solo interpretare i bisogni, ma contribuire attivamente alla costruzione di soluzioni. Il Rapporto sottolinea la necessità urgente di una riforma fiscale strutturale che alleggerisca la pressione sul lavoro dipendente, in particolare sulle fasce medio-alte, oggi penalizzate da un sistema che non valorizza il merito né l’impegno. Allo stesso modo, viene sollecitata una riflessione sulle retribuzioni nel settore pubblico e sull’importanza di trattenere competenze chiave all’interno di ambiti strategici come giustizia, sanità, istruzione e pubblica amministrazione.
Una sezione significativa del documento è dedicata anche al tema dei pensionati, troppo spesso percepiti unicamente come un costo. Il Rapporto propone una visione diversa: i pensionati rappresentano un patrimonio di esperienza da valorizzare, anche attraverso forme di lavoro flessibile e percorsi senior attivi.