Prende forma il progetto #ItaliaCashless con partenza il 1°dicembre, più premi e incentivi per favorire la transizione cashless ma rimangono le previsioni sul limite al contante. Dopo quasi un anno dal suo inserimento nella legge di bilancio 2020, ripristinato con il dl agosto e, di fatto, avviato con la riunione a Palazzo Chigi di lunedì scorso, alla quale hanno partecipato diversi operatori del settore, il cashback torna a pieno titolo ad essere una parte fondamentale della strategia cashless avviata dal Governo e si torna a parlare anche di modello Portoghese. Il cashback portoghese è legato, fin dal 2013, a lotteria degli scontrini e fatturazione elettronica. Da quella data, infatti, i portoghesi possono recuperare il 15% delle spese sostenute e fatturate nella dichiarazione dei redditi a titolo di credito d’imposta (inizialmente previsto in 250 euro per nucleo familiare). I settori interessati da questa misura sono quelli considerati a più alto rischio di evasione (ristorazione, alberghi, riparazione, auto).
Per quanto riguarda l’iniziativa italiana, invece, si parla di un rimborso semestrale ricevibile direttamente sul conto corrente dopo aver legato carta o app di pagamento e codice fiscale alla App Io, col tetto di 3mila euro l’anno. Così facendo, una volta effettuato l’acquisto si partecipa automaticamente anche alla lotteria degli scontrini, il cui avvio è previsto per il 1° gennaio 2021.
Ipotizzando che il rimborso dei 300 euro venga erogato a tutte le circa 26 milioni di famiglie italiane censite dall’ISTAT nel 2019, lo Stato dovrebbe restituire una cifra di poco inferiore agli 8 miliardi annui. Una bella somma in tempi di spending review che andrebbe ad incidere non poco sul bilancio ma che dovrebbe essere, almeno in parte, recuperata con un (ipotizzabile) gettito maggiore dovuto all’utilizzo incrementale dei sistemi di pagamento tracciabili. Anche perchè, a quanto si dice, per ottenere il bonus non è sufficiente spendere 3000 euro annui, magari in una sola volta, ma è prevedibile anche l’obbligo di dover spalmare tale cifra su un numero minimo di operazioni.
Tuttavia, visto che siamo in un periodo di transizione digitale, e immaginando le difficoltà di reperire le risorse necessarie a restituire degli importi così elevati direttamente in moneta, si potrebbe anche ipotizzare che il cashback possa diventare uno strumento di sviluppo ed essere utilizzato come credito per i cittadini da spendere in formazione, strumenti e supporti tecnologici, così da favorire l’inclusione digitale, la ripartenza economica e ridurre quel digital gap di cui soffriamo sia all’interno del Paese sia tra l’Italia e i principali paesi OCSE. Favorire la trasformazione digitale, tra l’altro, è una sfida che può accrescere la competitività del nostro sistema produttivo arricchito da nuove e maggiori competenze che possono essere investite nel mondo del lavoro e creare nuova occupazione.
Forse si tratta di una proposta un pò provocatoria e non è quello che tutti si aspetterebbero, però potrebbe essere anche un’idea innovativa che sfrutta appieno l’impulso alla digitalizzazione dovuto dalla dematerializzazione dei pagamenti.