Lo scorso inverno avevamo alzato l’attenzione sullo scenario fintech innovativo lituano, un’area particolarmente vivace e attiva nell’ambito della finanza tecnologica e, perché no, anche delle valute digitali.
Il risultato di questo fermento ha attecchito in maniera particolarmente efficace, tanto che ieri la prima valuta digitale ha visto la luce: il LBcoin. La moneta è stata emessa dalla Banca centrale lituana ed è imperniata sulla stessa tecnologia blockchain alla base delle criptovalute.
Per quanto significativo dei progressi e dell’attrattività tecnologica che oggi rappresenta il Paese baltico, va chiarito che il LBcoin è una moneta da collezione, non si tratta quindi di una valuta veramente commerciabile.
Come rilasciato al Sole 24 Ore di oggi, Marius Jurgilas, membro del board della Banca centrale: «Questo non è un euro digitale – sottolinea – che ci sarà se e quando l’Eurosistema, che ne sta attivamente discutendo, sarà pronto e avrà tutte le risposte necessarie. Per noi della Banca centrale, in quanto supervisori, l’obiettivo di LBcoin è capire quali opportunità e rischi la tecnologia possa comportare per il settore finanziario. Circa due anni fa, quando avviammo questo progetto, il mondo delle banche centrali iniziava a misurarsi con l’emergente tecnologia blockchain e con il suo utilizzo nel mondo delle criptovalute; perciò decidemmo che avevamo bisogno di ampliare le nostre riflessioni oltre concetti filosofici come il ruolo delle banche centrali per cercare di capire veramente il nuovo fenomeno. E LBcoin è proprio questo: l’implementazione di questa tecnologia in un ambiente controllato».
Da diversi anni nel mondo fintech sta crescendo l’interesse per le criptovalute e le stesse banche centrali, a partire dalla Bce, hanno mostrato interesse almeno ad approfondire il tema. DI pari passo, molte grandi aziende tecnologiche – a partire da Facebook con Libra – stanno impegnando tempo e risorse per mettere a punto una propria “valuta digitale” da mettere a disposizione degli utenti. Per questo motivo, in un quadro del genere, la sperimentazione dalla Lituania, paese membro dell’Unione europea, assume una rilevanza particolare. A spiegare analogie e differenze con le criptovalute più famose è ancora Jurgilas. «LBcoin usa una tecnologia simile, ma è qualcosa di diverso, perché la Banca di Lituania non si espone a una rete umpermissioned come Bitcoin o Ether (dove cioè la validazione delle transazioni è affidata al consenso del network stesso, ndr), ma gestisce la propria rete. Noi, inoltre, abbiamo uno scopo: introdurre il cittadino medio alla nozione di token digitale, evitando i rischi a cui il mondo delle criptovalute può esporre il consumatore».
Questo genere di sperimentazioni è chiaramente da intendersi come le prove generali della fattibilità di valute digitali di Stato che in futuro potrebbero dover competere con quelle private, ma non è ancora arrivato il momento.
Il rilascio di questa moneta non è casuale ma si inserisce in un processo di sviluppo tecnologico che ha fatto della Lituania il secondo paese europeo per numero di startup fintech e imprese finanziarie innovative dopo il Regno Unito. Si tratta di un vero e proprio modello in cui imprese, regolatori e sistema politico lavorano di concerto per sviluppare progetti di ricerca innovativi ed altamente competitivi sul mercato. Il risultato di tutto ciò è che la Lituania attualmente sta scoprendo una nuova primavera nel proprio sviluppo economico come polo d’attrazione per numerose imprese internazionali oltre che, come detto, come un grande incubatore di progetti startup.
La Lituania, quindi, ha mosso il primo passo verso il futuro ora vedremo se l’UE, che nel frattempo sembrerebbe essere riuscita a rafforzare la propria coesione interna, continuerà con l’idea dell’Euro digitale, magari realizzando dei progetti pilota avanzati in grado di affermare un cambio di ritmo in questo settore.