Il governo britannico avrebbe iniziato ad aumentare le misure di sicurezza nella gestione dei documenti sensibili legati al commercio, per evitare che finiscano nelle mani degli Stati Uniti, secondo quanto riportato da The Guardian.
Le politiche commerciali imprevedibili della Casa Bianca, compresi i dazi introdotti contro partner storici come la Cina, l’Unione europea e il Regno Unito, hanno causato incertezza nei mercati e reso più complicati i rapporti diplomatici. I funzionari britannici, preoccupati per l’impatto di queste misure, hanno quindi deciso di trattare con maggiore cautela i propri documenti interni.
Si tratterebbe di una decisione direttamente collegata ai recenti attriti in tema di commercio e politica estera tra Londra e Washington. Nonostante tutto, il leader del partito laburista Keir Starmer ha deciso di non rispondere in modo aggressivo ai nuovi dazi statunitensi: un 10% su beni generici e un pesantissimo 25% su auto e acciaio provenienti dal Regno Unito. Ha, invece, scelto di cercare un dialogo, offrendo possibili concessioni su temi delicati come le tasse digitali e l’agricoltura, nel tentativo di salvare un possibile accordo commerciale con gli Usa.
Il vicepresidente americano JD Vance ha affermato pubblicamente che le trattative stanno andando avanti e che c’è una “vera sintonia culturale” tra Stati Uniti e Regno Unito, lasciando intendere che un buon accordo è possibile e auspicabile per entrambi i Paesi. A ogni modo, nonostante le dichiarazioni distensive, dietro le quinte cresce la preoccupazione. In particolare, si teme che l’approccio “America First” di Trump possa danneggiare l’industria britannica, rendendo più vulnerabili settori strategici come l’automotive e quello farmaceutico.
Fino a poco tempo fa, i documenti relativi alle trattative commerciali tra i due Paesi venivano classificati come “sensibili, uso esclusivo del Regno Unito”, e potevano essere condivisi all’interno della rete di comunicazioni governative. Oggi, invece, molti di questi documenti sono etichettati come “segreti” o “top secret” e seguono protocolli molto più rigidi, specialmente per quanto riguarda la condivisione via e-mail o attraverso sistemi informatici, nel timore che possano essere intercettati.
Anche grandi aziende che operano nel Regno Unito, in particolare nel settore farmaceutico, sono state invitate a prestare maggiore attenzione quando scambiano informazioni con il governo britannico. Questo rafforza l’idea che la fiducia nei confronti degli Stati Uniti si stia sbriciolando.
Un portavoce del Dipartimento per le Imprese e il Commercio ha comunque ribadito che gli Usa restano un alleato fondamentale e che le trattative per un nuovo accordo economico continuano.
Tuttavia, le divergenze su vari temi, come la politica verso la Russia, la Nato e la difesa comune, stanno mettendo alla prova quella che per decenni è stata considerata una “relazione speciale”. Anche in Europa le preoccupazioni non mancano: secondo il Financial Times, ai funzionari della Commissione europea che si recano in visita negli Usa vengono ora forniti telefoni usa e getta, per ridurre i rischi di spionaggio.
In passato, i documenti più riservati tra Usa e Uk venivano condivisi usando etichette come “solo USA/UK” o “Five Eyes” (un’alleanza di intelligence tra Stati Uniti, Regno Unito, Canada, Australia e Nuova Zelanda). Tuttavia, queste pratiche sembrano in discussione, almeno per quanto riguarda i temi economici e commerciali.
Il piano di Trump per rafforzare l’industria americana (soprattutto nei settori automobilistico e farmaceutico) sta generando malcontento tra i Paesi alleati, preoccupati per i loro interessi economici e per l’occupazione interna. Le sue azioni, che includono l’aumento vertiginoso dei dazi (fino al 145% sulle importazioni cinesi), stanno provocando una reazione a catena.
La Cina, per esempio, ha risposto con dazi propri, che arrivano fino al 125% sui beni americani, sottolineando che a queste condizioni non c’è più mercato per i prodotti statunitensi. Pechino ha anche fatto sapere che non accetterà ulteriori pressioni e si prepara ad adottare altre contromisure, mentre il presidente cinese Xi Jinping ha chiesto all’Europa di non lasciarsi intimidire dalla linea dura di Trump.
Nel frattempo, per evitare un ulteriore scossone ai mercati e un aumento del debito pubblico, Trump ha annunciato un ritardo di novanta giorni nell’introduzione di nuovi dazi, spingendo anche l’Ue a rimandare la sua risposta.
Tuttavia, fino a luglio, l’Unione europea continuerà a subire un dazio del 10% sulle esportazioni verso gli Usa, dopo che per alcune ore il livello era salito addirittura al 20%, prima che Trump facesse marcia indietro. Restano comunque in vigore i pesanti dazi americani su acciaio, alluminio e auto europee.