Anche i top manager italiani non sono soddisfatti del proprio lavoro e della propria retribuzione. Potremmo riassumere così i risultati dell’ultimo sondaggio condotto da Page Executive – il brand di PageGroup che si occupa di headhunting di profili a livello di direzione apicale – condotto tra oltre 4.500 dirigenti in vari paesi tra cui Francia, Italia, Spagna, Germania, Brasile, Messico, Colombia, Regno Unito e Stati Uniti.
I numeri parlano chiaro: quasi la metà (il 46%) delle persone intervistate, in Europa e nel mondo, ha intenzione di lasciare la propria azienda attuale entro i prossimi cinque anni. Un dato che sale sensibilmente in Italia (dove si attesta intorno al 60%) e la motivazione è molto chiara: l’82% di coloro che stanno valutando un cambio di azienda cita l’insoddisfazione lavorativa come principale causa, mentre il 67% indica il compenso non in linea con le proprie aspettative.
“I risultati di questo sondaggio – precisa Maximilian Redolfi, Managing Partner di Page Executive – dimostrano che le aziende hanno sempre maggiori difficoltà a trattenere i top manager che, anche in questo momento di incertezza, non sono restii a cercare nuove opportunità professionali e di sviluppo di carriera per migliorare la propria condizione economica, ma anche il proprio work-life balance. La competizione è sempre più forte e le imprese devono impegnarsi a trovare modi sempre più efficaci per coinvolgere, premiare e motivare per attrarre e trattenere i migliori talenti”.
La retribuzione è uno dei fattori chiave della talent retention. Il 92,3% dei dirigenti italiani (in linea con la media europea che si attesta al 90% e con la media globale all’85%) riceve una retribuzione variabile o basata sulle prestazioni che si calcola sulla base della redditività (72%), della crescita dei ricavi (49%) e del margine operativo (41,9%).
Tuttavia, quando si tratta di performance recenti, solo il 39,7% dei dirigenti italiani dichiara di aver ricevuto una retribuzione variabile più alta dell’anno precedente, rispetto ai colleghi europei (43%) e nel mondo (45%). E il futuro non sembra roseo: solo il 32,9%, infatti, prevede un aumento nei prossimi mesi, rispetto al 39% in Europa e al 52% a livello globale.
In termini di benefit, inoltre, i dirigenti italiani tendono a ricevere pacchetti più tradizionali e la flessibilità, purtroppo, rimane limitata. “Solo il 6,2% – aggiunge Maximilian Redolfi – dichiara di avere opzioni di benefit flessibili, un dato ben al di sotto delle medie europee (14%) e globali (20%). Nonostante ciò, quasi il 47,3% è soddisfatto del proprio pacchetto di retribuzione e benefit, mentre il 33,9% esprime insoddisfazione, un valore al di sopra della media europea, ma inferiore al quella globale (49%)”.
Per quanto riguarda il livello di soddisfazione del proprio ruolo, i dirigenti italiani si allineano alla norma europea: il 51,1% è soddisfatto del proprio ruolo attuale (rispetto al 50% in Europa), un dato leggermente inferiore al tasso di soddisfazione globale, fermo al 60%.
Quali sono le prospettive di carriera dei dirigenti italiani nei prossimi cinque anni? Ileader italiani sembrano concentrati e proattivi: il 61,7% intende continuare con il proprio sviluppo professionale, mentre il 60,1% prevede di cambiare azienda. Questo dato è in linea con la media europea, ma è notevolmente superiore al valore a livello globale (46%); il 37,4%, in questo momento, intende dare priorità al benessere personale, alla salute e alla cura di sé.
L’importanza della salute mentale e delle soft skills per il futuro della leadership. I dirigenti italiani tengono moltissimo al proprio benessere: praticano regolarmente esercizio fisico (66,7%), trascorrono del tempo di qualità con la famiglia e gli amici (66,5%) e mantengono sane abitudini alimentari (45,4%). Per quanto riguarda il futuro della leadership, le tre competenze principali che i dirigenti italiani identificano come critiche troviamo l’intelligenza emotiva (40,7%), la risoluzione dei problemi e il pensiero strategico, elementi ormai indispensabile per guidare al meglio aziende e team.
“Anche a livello dirigenziale – conclude Maximilian Redolfi – la flessibilità è molto importante: i risultati hanno mostrato, ad esempio, che i dirigenti con la possibilità di lavorare da remoto per due giorni alla settimana sono più soddisfatti del 15% rispetto ai loro colleghi costantemente in ufficio. Un altro aspetto molto importante è il riconoscimento del proprio ruolo professionale che deve dare loro prospettive di crescita professionale e autonomia”.