di Umberto Piattelli
Le modifiche introdotte dal recepimento della PSD2[1] hanno riguardato anche la disciplina delle esenzioni dall’applicazione dell’obbligo di richiedere una licenza ad operare come istituto di pagamento in alcuni specifici casi, già noti sotto la previgente disciplina emanata in applicazione della PSD.
E’ stata quindi introdotta una nuova regolamentazione per le ipotesi di operatività in regime di esenzione, fra le quali ricordiamo quelle applicabili ai: (i) soggetti che prestano servizi di pagamento basati su strumenti che possono essere utilizzati: (a) per acquistare beni o servizi solo nei locali dell’emittente lo strumento o all’interno di una rete limitata di esercenti vincolati da un accordo commerciale con l’emittente o (b) unicamente per l’acquisto di una gamma molto limitata di beni o servizi (cd. strumenti a spendibilità limitata).
Si osservi però che, se pure tali esenzioni esistevano nel vigore del regime di cui alla PSD, gli operatori non erano tenuti ad alcuna consultazione o notifica presso le autorità competenti per verificare se le operazioni e i servizi offerti rientrassero o meno nel regime di esclusione, con la conseguenza che si erano venute a creare distorsioni e un’applicazione disomogenea delle norme all’interno dell’Unione Europea; nel nuovo contesto normativo anche questi operatori dovranno quindi confrontarsi con le autorità di vigilanza, che verificheranno preventivamente l’applicazione dell’esenzione, tenendo presente dell’approccio restrittivo adottato, in particolare per quanto concerne la gamma di beni e servizi acquistabili, che deve essere “molto limitata”.
La materia è stata regolata dal Provvedimento 11 ottobre 2018 adottato dalla banca d’Italia, ai sensi dell’art. 2, comma 4-bis del decreto legislativo n. 11 del 27 gennaio 2010, che disciplina la tempistica e le modalità di trasmissione delle informazioni che, i soggetti che prestano servizi basati su strumenti a spendibilità limitata e i fornitori di reti o servizi di comunicazione elettronica, sono tenuti a notificare alla Banca d’Italia.
Ai sensi della nuova disciplina, gli operatori di cui al punto (i) che precede, e laddove il loro volume di attività superi 1 milione di Euro su base annua, sono tenuti a fornire alla Banca d’Italia una descrizione dell’attività svolta, affinché la stessa possa valutare se siano o meno soddisfatti i requisiti prescritti dalla normativa per applicare l’esenzione; inoltre, per i soggetti che operano in esenzione, oltre all’obbligo di comunicazione, è stata prevista l’iscrizione nell’albo degli istituti di pagamento, ove verrà resa evidente la circostanza che gli stessi operano in regime di esclusione.
Sul punto va inoltre rilevato come la fattispecie connessa all’esenzione delle reti a spendibilità limitata (o limited network exemption) avesse già dato luogo a notevoli questioni e che un dettagliato chiarimento interpretativo era stato reso disponibile dalla Banca d’Italia al paragrafo 2.2.6 del provvedimento adottato nel luglio 2011, con il quale aveva chiarito che più imprese appartenenti ad un medesimo gruppo societario, anche se utilizzano marchi diversi, sono riconducibili alla nozione di “singolo emittente” purché l’appartenenza al medesimo gruppo societario sia resa nota al pubblico e che l’esclusione opera in forza della spendibilità limitata dello strumento di pagamento presso determinati esercenti o con riferimento a determinati beni o servizi e non della sua utilizzabilità in un’area geograficamente limitata.
Inoltre l’autorità di vigilanza aveva rilevato come, salva l’ipotesi di strumenti idonei ad acquistare una gamma limitata di beni e servizi (ad esempio, le c.d. carte “trasporti”, “parcheggio”, “cinema”, “musei”, dei buoni pasto, ecc.), i casi in cui due o più catene commerciali si accordino per accettare reciprocamente le carte di ciascuna catena non rientrano nell’esenzione così come non vi rientrano gli strumenti spendibili presso una lista di esercenti convenzionati (convenzionamento di una pluralità di commercianti promosso dall’emittente e potenzialmente aperto alla libera adesione di chi abbia interesse), poiché in tal caso l’estensione soggettiva della rete di accettazione non è determinabile ex ante ed è quindi potenzialmente illimitata.
Tale provvedimento evidenziava altresì come il formato e la funzione degli strumenti a spendibilità limitata siano spesso uguali o molto simili a quelli degli strumenti di pagamento a spendibilità generalizzata, ma che solo per gli utilizzatori di questi ultimi operano le tutele e i diritti previsti dal decreto.
Per effetto del citato obbligo di notifica, a decorrere dal 2019 la Banca d’Italia, così come le autorità regolamentari degli altri Stati membri della UE sono venute a conoscenza di come svolgono la propria attività una serie di operatori che, precedentemente, sfuggivano completamente ad ogni controllo preventivo.
Tra questi operatori ci sono quelli che usano le carte regalo, le carte a spendibilità limitata come le carte per l’acquisto del carburante ma anche gli operatori del settore dei voucher (per l’acquisto di pacchetti turistici, esperienze benessere, trattamenti per la persona, cene, ecc.), i quali operano spesso secondo modelli di business differenziati tra di loro, ma non sempre in linea con quanto stabilito dalla normativa e, più in particolare, dalla relativa interpretazione di Banca d’Italia.
Le problematiche connesse con le prime notifiche dell’operatività in esenzione da parte di questi operatori sembrano essere sostanzialmente di due tipi e connesse ai seguenti aspetti.
Per servizio di pagamento, dopo l’entrata in vigore della PSD2, si intende comunemente anche il servizio attraverso il quale si demanda ad un soggetto terzo, di operare l’incasso per contro del venditore, di quanto dovuto dai propri clienti, con la successiva rimessa di denaro al venditore stesso.
Per strumenti a spendibilità limitata, ci si dovrebbe riferire, secondo quanto più recentemente precisato dall’autorità regolamentare italiana, ad uno strumento che consenta ad un utente di creare ed utilizzare un proprio account in forma elettronica, per caricarvi del denaro compiere acquisti attraverso una piattaforma o uno strumento fisico o virtuale come una carta di debito.
Perché tali definizioni, a seguito della notifica dell’operato come istituto di pagamento in esenzione, hanno determinato dei problemi nel riconoscimento dell’esenzione stessa? In primis perché alcuni di questi operatori svolgono un’attività che si configura come un servizio di pagamento ma senza emettere alcuno strumento di pagamento a spendibilità limitata.
Sono infatti noti i casi di operatori che vendono voucher/buoni regalo di varia natura, senza che tale attività ricada nella rivendita diretta di un bene precedentemente acquistato o nella emissione di uno strumento a spendibilità limitata, come risulta evidente dal fatto che, le relative prestazioni non vengono fatturate dal soggetto che vende il voucher, ma solo dalla struttura che poi erogherà il servizio (albergo, centro benessere, ristornate, ecc.).
Da un punto di vista fiscale, anche sulla base della Risoluzione n 21/E/2011 dell’Agenzia delle Entrate che ha fornito chiarimenti sul trattamento IVA applicabile ai buoni acquisto, è possibile qualificare questi voucher o gift cards come documenti di legittimazione ai sensi dell’articolo 2002 c.c., rubricato “Documenti di legittimazione e titoli impropri“; gli stessi, pertanto, non rappresenterebbe altro che il mezzo con il quale identificare il soggetto che, avendo effettuato l’acquisto tramite la società che gestisce i rapporti con i rivenditori, è legittimato ad ottenere il bene o il servizio, fermo restando che il voucher/buono regalo potrà essere utilizzato anche da un soggetto diverso da colui che lo ha acquistato (potendosi anche assimilare ad un titolo al portatore ai sensi dell’articolo 2002 c.c.).
Secondo tale impostazione, il voucher non assume alcuna rilevanza ai fini IVA, ai sensi dell’articolo 2, comma 3, lettera a) del DPR IVA e questo perché, nella fase del suo acquisto, non si realizza né la cessione di beni, né la prestazione di servizi: “Il pagamento del beneficiario nelle mani dell’azienda che emette il buono è soltanto una operazione avente carattere finanziario”; inoltre, in relazione, al rapporto intercorrente tra beneficiario del voucher e l’esercente convenzionato (che fornisce i beni o presta i servizi), acquista rilievo il momento in cui si usufruisce del bene/prestazione del servizio, perché solamente in questo momento deve essere emesso il documento fiscale che certifica l’acquisto o la prestazione[2].
Ora, se la conclusione che precede è corretta, l’emissione di un voucher o di un buono regalo rappresenta una operazione di natura meramente finanziaria, ovvero un servizio di gestione dei pagamenti, e così la relativa attività sarà soggetta a quanto previsto dal D.lgs. 11/2010 (“Decreto”), come modificato dal decreto legislativo 15 dicembre 2017 n. 218, con il quale è stata recepita nel nostro ordinamento la PSD2, ai sensi del quale[3] rientrano tra i servizi di pagamento le attività come definite dall’articolo 1, comma 2, lettera h-septies.1), del Testo Unico della Finanza, ed il soggetto che la svolge deve essere dotato di apposita licenza ad operare come istituto di pagamento (art. 114-sexies e ss. del TUB) o istituto di moneta elettronica (art. 114-bis e ss. del TUB).
Nel caso di specie neppure ci pare si potrebbe applicare l’ipotesi di esenzione prevista dall’articolo 2, comma 2, lettera (b) del Decreto, secondo il quale, sono fuori dall’ambito di applicazione della normativa le “operazioni di pagamento dal pagatore al beneficiario effettuate tramite un agente commerciale autorizzato in base a un accordo a negoziare o a concludere la vendita o l’acquisto di beni o servizi a condizione che agisca per conto del solo pagatore o del solo beneficiario oppure qualora l’agente stesso non entri mai in possesso dei fondi dei clienti”, sia perché l’agente in questi casi entra sempre in possesso dei fondi dei clienti, sia perché opera per conto di entrambi, in quanto consente l’acquisto di beni e servizi tramite una propria piattaforma e con regole predeterminate.
Quindi, laddove non venga operata una rivendita di beni e servizi già acquistati dal soggetto che gestisce tale sistema di acquisto (rivendita), non sia applicabile l’esenzione dell’agente commerciale, qualificare il rivenditore come procacciatore di affari o agente incaricato dell’incasso del prezzo di un bene o di un servizio già prescelti (ancorché da utilizzarsi in un momento futuro) non ci pare consenta l’applicazione di alcuna esenzione dall’obbligo di operare come istituto di pagamento o istituto di moneta elettronica.
Si noti che, in assenza della creazione di uno strumento a spendibilità limitata, anche laddove il soggetto che gestisce la piattaforma incassi anticipatamente i soldi dell’utente e al momento del pagamento non sia noto quale sia l’oggetto della prestazione acquistata dal pagatore e chi la debba erogare (poiché la stessa, ad esempio, può essere scelta tra diverse strutture o esperienze in un momento futuro, come accade nei ben noti cofanetti regalo o smart-box), non si potrebbe giungere ad una diversa conclusione, posto che all’atto del pagamento, come abbiamo già visto, non si è ancora conclusa alcuna compravendita.
L’esenzione dello strumento a spendibilità limitata, di cui alla lettera (m), paragrafo n. (2), del Decreto, potrebbe venire in soccorso, come già evidenziato, per consentire la regolarizzazione di queste situazioni, evidentemente introducendo una modifica alla operatività dei modelli ai quali abbiamo fatto riferimento che, più recentemente, hanno cominciato a mutare le condizioni d’uso, ad esempio, consentendo il rinnovo del periodo per usufruire della prestazione o del servizio acquisiti, senza costi o penali, ovvero eliminando il termine di scadenza del voucher/buono regalo.
Per ulteriori approfondimenti in materia si rimanda al volume “LA REGOLAMENTAZIONE DEL FINTECH – Dai nuovi sistemi di pagamento all’intelligenza artificiale”, Giappichelli editore, 2020, dove viene ampiamente trattata la regolamentazione degli operatori del Fintech[4].
[1] Direttiva (UE) 2015/2366 del Parlamento europeo e del Consiglio del 25 novembre 2015 relativa ai servizi di pagamento nel mercato interno, che modifica le direttive 2002/65/CE, 2009/110/CE e 2013/36/UE e il regolamento (UE) n. 1093/2010, e abroga la direttiva 2007/64/CE
[2] In linea con quanto precede, si veda anche la disciplina dei voucher secondo il D. Lgs. 141/2018 in attuazione della direttiva UE/1065/2016
[3] Art. 1, comma 1, lettera b), del Decreto.
[4] Redatto a cura di Umberto Piattelli e con la collaborazione di Maurizio Pimpinella: https://www.giappichelli.it/la-regolamentazione-del-fintech