di Pierfrancesco Malu
Da qui al 23 aprile, data in cui dovrebbe avvenire la resa dei conti nel corso del Consiglio Europeo, attendiamoci una lunga serie di messaggi, segnali e battibecchi tattici che, con ogni probabilità, avranno soprattutto l’obiettivo di incrementare la comunicazione interna più che quella esterna e creare uno storytelling nazionale in modo da arrivare al confronto internazionale con le spalle ben coperte.
Detto questo, le novità non sono da poco. Giorni fa, i ministri delle finanze europei avevano raggiunto un accordo sul Mes rivisitato, un importante strumento di finanziamento deputato soprattutto a fornire fondi per la ricostruzione medica. A questo proposito, oggi ci giunge la prima voce autorevole fuori dal coro. Il ministro delle finanze francese Bruno Le Maire ha, infatti, dichiarato a La Stampa che la nuova linea di credito del Fondo salva-Stati, cioe’ il Mes, potra’ essere usata anche per le spese non sanitarie. Una dichiarazione shockante, anche perché il recinto limitato dell’azione dello strumento finanziario europeo sembrava essere una delle condizioni su cui i paesi del Nord avevano già ceduto e non avevano intenzione di indietreggiare ulteriormente.
Il ministro francese, più avanti nella sua intervista spiega meglio il senso estensivo con cui interpreta l’utilizzo del Mes: ‘Un Paese che e’ stato costretto a imporre un lockdown, a chiudere alcuni negozi o aziende, deve considerare quei costi come costi sanitari indiretti. I costi legati alla decisione di chiudere parte dei settori economici devono far parte del perimetro di questa linea di credito’, spiega il ministro, sottolineando che ‘e’ scritto nero su bianco: si parla di costi di prevenzione. E il lockdown lo e”.
Le Maire lascia anche uno spiraglio aperto per quanto riguarda la trattativa sui bond europei, affermando che Olanda e Germania sono piuttosto sensibili all’istituzione di un fondo per la ripresa con l’emissione di debito comune solo per il futuro; tuttavia ritiene anche che si debba sostanzialmente abbandonare la partigianeria di un certo modo di esprimersi a riguardo. Insomma, dalle sue parole, sembrerebbe che la trattativa sia tutt’altro che tramontata e che il gruppo capeggiato da Italia e Spagna, col sostegno della Francia abbia ancora qualche possibilità di ottenere lo scopo che si era prefissato fin da principio.
Nel frattempo, dalla Commissione Europea arrivano altri segnali forti ancorché non vaghi – della presa di consapevolezza che senza adeguati strumenti europei tutto il Continente risentirà della crisi. Secondo Ursula von der Leyen, infatti, “L’Europa ha bisogno di un nuovo Piano Marshall. Avremo bisogno di ingenti investimenti pubblici e privati per ricostruire l’economia e creare nuovi posti di lavoro. La chiave è un nuovo, potente bilancio pluriennale dell’Unione”.
La Commissione UE si vuole esporre richiedendo un grande intervento pubblico per scuotere le basi della crisi e dare slancio all’economia. Tuttavia, non chiarisce né quali sarebbero gli strumenti utilizzati per operare questo grande intervento né i tempi entro i quali attuarlo limitandosi ad una vaga previsione secondo la quale il tutto si fonderà sul bilancio 2021-2027, che per von der Leyen “dovrà distinguersi dagli altri, dovrà dare la risposta europea alla crisi del coronavirus”.
È probabilmente il caso di ribadirlo, oggi, finchè siamo ancora in tempo per aggiustare il tiro. Stiamo vivendo la più grande crisi umanitaria ed economia che l’Europa e probabilmente il mondo abbiano mai visto, paragonabile per certi aspetti solo a quella del 29. Allora furono massicci interventi pubblici – e in alcuni casi una guerra – a risollevare le sorti economiche dei paesi coinvolti, ma il merito del successo delle iniziative fu soprattutto degli uomini capaci di cambiare radicalmente i parametri economici, fiscali e finanziari e persino mentali dell’epoca, la stessa cosa che serve a noi oggi.