In queste settimane di lockdown, di piazze e scuole chiuse la didattica sta cercando di sopperire con gli strumenti che ha a disposizione e che spesso si rivelano essere ancora poco adatti ad assolvere al proprio compito, soprattutto per un periodo di tempo prolungato. Nella realtà dei fatti, il digital divide non ci permette ancora di offrire un’omogenea copertura dei servizi educativi su tutto il territorio, con il risultato che le differenze tra i nostri studenti vanno ad accentuarsi anziché ridursi.
Tuttavia, questo fenomeno non è esclusivamente italiano ma si sta manifestando chiaramente anche in Cina – spesso presa come modello da imitare negli ultimi mesi – la cui grandezza e non omogenea urbanizzazione ha causato differenze macroscopiche anche nel sistema educativo.
Nonostante tutti i progressi economici della Cina negli ultimi decenni, alcuni strumenti dell’IT society, come smartphone di ultima generazione o linea internet affidabile e ad alta velocità, rimangono fuori portata per ampi segmenti della popolazione. Poiché il virus ha trasformato le comodità online in necessità quotidiane, queste persone, la maggior parte delle quali vive nell’entroterra rurale della Cina, sono state tagliate fuori dalla loro vita normale, soprattutto quando si tratta di istruzione.
L’impatto dell’epidemia su ricchi e poveri, città e campagna, è una realtà su cui gran parte del resto del mondo sta rapidamente iniziando a confrontarsi e non riguarda solo noi. Più di 770 milioni di studenti in tutto il mondo sono ora colpiti dalla chiusura di scuole e università, secondo le Nazioni Unite.
In Cina, in particolare, molti genitori non possono permettersi di acquistare più dispositivi per sè stessi e i propri figli, anche se molti degli smartphone più economici al mondo – e anche quelli più fantasiosi – sono realizzati proprio in Cina. La nazione è coperta dal servizio 4G, ma il segnale è imprevedibile in alcune zone della campagna – e le aree rurali in realtà non sono poche nonostante l’espansione dei grandi conglomerati urbani. La banda larga domestica, inoltre, può essere costosa al di fuori delle grandi città.
Secondo le statistiche governative, tra 56 e 80 milioni di persone in Cina hanno riferito di non avere una connessione Internet o un dispositivo abilitato al web nel 2018. Altri 480 milioni di persone hanno dichiarato di non essere online per altri motivi, ad esempio perché non sapevano come fare. In questo caso, quindi, ai limiti infrastrutturali si aggiungono evidenti limiti relativi alle competenze dei cittadini, che fa una certa differenza anche semplicemente tra non essere in grado di ordinare una cena online o non riuscire a terminare l’anno scolastico.
Stando ad alcuni report dei media locali, gli studenti in alcuni luoghi remoti hanno camminato per ore e hanno sfidato il freddo solo per ascoltare le lezioni online sui monti, gli unici posti in cui possono ottenere un segnale cellulare decente. Un liceale nella provincia del Sichuan, ad esempio, è stato trovato a fare i compiti sotto un affioramento roccioso. Due bambine nella provincia di Hubei hanno allestito un’aula di fortuna su una collina boscosa.
Vi è poi il problema dei figli dei milioni di lavoratori migranti che lavorano lontano da casa per mantenere pulite e nutrite le città cinesi: in questo caso i bambini sono lasciati poco più che a loro stessi e talvolta privi di strumenti tecnologici cui affidarsi. Un altro problema è la mancanza di supervisione. Questi “bambini lasciati alle spalle”, come vengono chiamati in Cina, sono allevati principalmente dai loro nonni, che sono spesso analfabeti e non possono agevolare i nipoti nel fare i compiti anche quando non vengono consegnati tramite l’app per smartphone, per non parlare poi delle situazioni in cui non hanno proprio a disposizione alcun supporto hardware.
La realtà dei fatti è che il virus è arrivato in un momento delicato per gli sforzi della Cina di aiutare i meno fortunati. Questo è l’anno in cui il Partito Comunista ha promesso di sradicare la povertà estrema. Il presidente Xi Jinping sta intervenendo profondamente per mantenere questa promessa, ma aumentare i redditi delle persone al di sopra del livello di privazione non sarebbe mai stato così difficile come offrire loro migliori opportunità educative.
Senza standard comuni per l’insegnamento a distanza, tuttavia, anche le curve di apprendimento e la capacità di procedere con i programmi stabiliti dagli insegnanti varia notevolmente a seconda della zona. Gli insegnanti hanno sperimentato app e vari altri supporti tra cui: streaming live, lezioni preregistrate o un mix. Molti di loro tengono lezioni via web, ma hanno in programma di ripassare lo stesso materiale una seconda volta quando le normali lezioni riprenderanno. Per alcuni studenti, l’apprendimento a distanza significa passare a materiali di classe diversi da quelli che avevano utilizzato in precedenza.
Col migliorare dell’emergenza sanitaria, anche gli studenti cinesi iniziano a vedere la fine dell’esilio con la parziale riapertura delle scuole, soprattutto per quanto riguarda le arene dello Hubei in cui si ritiene che l’epidemia sia ormai sotto controllo.
Tuttavia, il coronavirus, tra le tante situazioni critiche che ha evidenziato in giro per il mondo, ha posto sotto la lente di ingrandimento anche la fragilità dei sistemi di insegnamento remoto di molti paesi, attualmente, non ancora in grado di sopperire in maniera efficace alla didattica diretta.
Questi limiti valgono per l’Italia così come per la Cina o per la Spagna, tutti paesi duramente colpiti dal virus e tutti paesi in cui, nonostante una modernità spesso fin troppo evidente per non essere solo superficiale, saranno necessari interventi profondi volti a migliorare sia l’alfabetizzazione digitale sia la rete infrastrutturale, ora, palesemente inadeguata non solo a sopperire le esigenze emergenziali.