di Maurizio Pimpinella – Centro Studi A.P.S.P.
Nel nostro percorso scolastico, siamo abituati ad acquisire molti concetti e molte competenze che ci insegnano a leggere, scrivere, contare, comprendere fenomeni complessi e a ragionare in maniera autonoma su gran parte delle principali dinamiche sociali, politiche, culturali ed economiche. Tra tutte queste competenze, tuttavia, molto spesso viene sottovalutata una delle principali: la capacità di gestire in maniera corretta ed oculata il proprio danaro. E’ purtroppo un fenomeno diffuso, infatti, l’incapacità di molti italiani di avere piena contezza delle finanze di cui dispongono, finendo col sperperare risorse, spesso ben poco abbondanti, in spese ed investimenti avventati, nella convinzione di agire per il meglio. Eppure, i moniti, soprattutto a livello internazionale, non mancano.
L’OCSE, infatti, definisce l’educazione finanziaria come “quel processo mediante il quale i consumatori/investitori migliorano le proprie cognizioni riguardo a prodotti, concetti e rischi in campo finanziario e, grazie a informazioni, istruzione e/o consigli imparziali, sviluppano le abilità e la fiducia nei propri mezzi necessarie ad acquisire maggiore consapevolezza delle opportunità e dei rischi finanziari, a fare scelte informate, a sapere dove rivolgersi per assistenza e a prendere altre iniziative efficaci per migliorare il loro benessere finanziario”. Tutti aspetti di cui gli italiani avrebbero un gran bisogno.
Attenendoci alle statistiche, infatti, scopriamo ad esempio che secondo l’indagine S&P Global FinLit Survey del 2018 (che ha analizzato le conoscenze degli over 15 in 140 paesi del mondo) evidenzia che il 63% dei nostri connazionali non possiede conoscenze finanziarie di base.
Inoltre, secondo quanto emerge dal rapporto Consob sulle scelte di investimento delle famiglie italiane del 2018, la conoscenza finanziaria dei nostri connazionali si conferma assai limitata. Ad esempio, solo il 20% del campione manifesta l’abitudine a pianificare, approfondire e monitorare gli obiettivi raggiunti nel tempo.
Uno scenario, quindi che non lascia presagire nulla di buono per il futuro.
Eppure, in Italia, ci sarebbe anche un Organo preposto alla diffusione della conoscenza in ambito finanziario: Il Comitato per la programmazione e il coordinamento delle attività di educazione finanziaria. Un Comitato interministeriale (a guida MEF e presieduto dalla Professoressa Annamaria Lusardi) che raccogliere le competenze e le esperienze, appunto, del MEF, del MISE, del Ministero dell’Istruzione, del Ministero del Lavoro più di altre Istituzioni finanziarie ed economiche. Un ente che, però, per il momento, non sembrerebbe essere riuscito ad assolvere al compito di migliorare le competenze degli italiani in materia finanziaria, nonostante alcune iniziative di merito.
A questo proposito, qualche giorno fa, sono stato colpito proprio dal confronto su La7 tra il giornalista economico ed esperto di educazione finanziaria Marco Lo Conte e la professoressa Lusardi. Concordo con Lo Conte quando fa riferimento al fatto che gli italiani ripongano eccessiva fiducia nel delegare, e nell’affidarsi a volte anche a soggetti ben poco titolati, per quanto riguarda la materia finanziaria e ciò non può che essere un’ulteriore manifestazione della nostra tendenziale incapacità in tale ambito. Maggiori competenze equivalgono a una più acuta capacità critica e di discernimento che (su questo non vi è dubbio) sono indispensabili per metterci al riparo da scelte avventate e catastrofi finanziarie che, come abbiamo visto recentemente con gli infausti casi di numerose banche a vocazione territoriale, finiscono col coinvolgere tanti investitori la cui colpa (grave) è stata però solo quella di fidarsi ciecamente e di essere ben poco informati.
Di conseguenza, ben vengano le iniziative dei vari Comitati, tra cui anche il mese dedicato all’educazione finanziaria, ma se questi non intervengono in maniera capillare e alla radice del problema attraverso una reale opera di sensibilizzazione e sradicamento culturale delle convinzioni e delle abitudini scorrette che si sono sedimentate nel corso del tempo negli italiani, allora questi stessi enti falliscono nel loro compito e si trasformano in calde poltrone e soldi sprecati che non giovano a nessuno.
Le iniziative di alfabetizzazione finanziaria devono parlare la “voce del popolo” ed essere sempre più vicine ai cittadini, rispondendo a quelle che possono essere le loro esigenze. Ben venga quindi quando si svolge attività informativa nei quartieri, nei mercati, nei centri di aggregazione e in tutti quei luoghi in cui le persone si sentono spaesate e sono alla ricerca di risposte.
Riprendendo, quindi, le parole di Marco Lo Conte in un suo commento sui social che ben semplifica il processo che gli italiani dovrebbero affrontare, in Italia: “c’è da rottamare una mentalità da parco buoi, da familismo finanziario, da scorciatoia per diventare risparmiatori e investitori veri”.
Come spesso la vita ci insegna, le scorciatoie non pagano, e un atteggiamento poco critico ed eccessivamente cieco nel riporre la fiducia non giova essenzialmente a nessuno: né a noi e alle nostre famiglie né all’ambiente circostante nei confronti del quale siamo pur animati da ottime intenzioni.