Negli anni scorsi, sotto la guida di Chavez, il Venezuela aveva vissuto come una parentesi il nuovo rinascimento economico e sociale in virtù soprattutto dello sfruttamento delle consistenti riserve petrolifere del Paese.
Negli anni più recenti, e ancora di più nelle ultime settimane, il Paese guidato da Maduro è andato praticamente incontro alla guerra civile accentuando una ormai endemica condizione di instabilità politica ed economica.
In una tale condizione, anche il potere economico delle famiglie è andato riducendosi col tempo creando non pochi problemi per un popolo che nell’ultimo decennio ha visto progressivamente calare il potere d’acquisto. A conferma di ciò, il governo venezuelano in questi ultimi anni ha più volte cambiato moneta passando dal Bolivar, al Bolivar fuerte (2008) al Bolivar soberano (2018 e ancorato al petrolio).
Andando alla ricerca di una rinnovata stabilità economica e monetaria, nel 2017, il governo della Repubblica Bolivariana del Venezuela ha annunciato la creazione del Petro, una criptomoneta garantita dalle riserve petrolifere del Paese, l’unico valore tangibile, ancorché volatile, attualmente a disposizione del Paese. La moneta virtuale, rilasciata già nel corso del 2018, sta oggi ottenendo la diffusione che le autorità monetarie locali avevano paventato.
Infatti, stando a quanto dichiarato ufficialmente della Banca Centrale del Venezuela (BCV), tra il 18 dicembre 2019 e il 3 gennaio 2020 sono state registrate più di due milioni e mezzo di operazioni su BiopagoBDV e più di un milione di persone ha effettuato pagamenti in Petro in 7.422 negozi venezuelani. Di fatto, quindi, il Petro sta prendendo il posto del Bolivar nelle sue varie forme come strumento di pagamento accettato, cercando al contempo di calmierare i prezzi e tenere sotto controllo un’inflazione galoppante.
Al contempo, la diffusione del Petro ha avuto anche l’effetto di incentivare la nascita e lo sviluppo di un nuovo ecosistema digitale nel Paese, da sempre considerato tra i più arretrati dell’area sudamericana. L’opera d’incentivo da parte del Governo si è poi accentuata nel corso delle festività natalizie. Infatti, a metà dicembre era stato annunciato un airdrop di token Petro, grazie al quale tutti i venezuelani registrati sulla piattaforma PetroApp avrebbero ricevuto un bonus natalizio dal valore di mezzo Petro. Anche se la diffusione del Petro ha riscontrato un buon successo nella popolazione locale, altrettanto non si può dire degli esercenti che stanno facendo buon viso a cattivo gioco per quanto riguarda l’aumento delle transazioni in Petro.
A questo proposito, un responsabile di Handbag.io, Eduardo Gomez, ha dichiarato:
“I trader sono costretti ad accettare il Petro a 2 milioni di Bolivar (VES) per Petro (PTR), mentre sul mercato libero il cambio è a 1 milione di VES/PTR”.
Per questo motivo, sul mercato libero si trovano molti ordini di vendita di PTR e quasi nessuno di acquisto. Inoltre, i commercianti sono obbligati ad accettare il token, di fatto dovendo applicare in questo modo uno sconto del 50% sui beni pagati in PTR, visto che oltretutto non incassano PTR ma VES, al tasso di cambio di cui sopra.
Ad oggi pertanto il valore di un PTR si aggira circa sui 60 $, ma i commercianti ne incassano solo 38,2, in Bolivar, anche perché è fatto divieto esplicito di aumentare i prezzi a chi paga in PTR. Misure draconiane tese a porre rimedio ad una situazione economica molto grave i cui effetti positivi sono, al momento, ancora tutti da dimostrare in virtù del tentativo di ristabilire equilibrio tra salari, consumi e inflazione.
Il Petro è, tuttavia, un esperimento di valuta virtuale interessante, in cui 160.000 transazioni al giorno in un unico Paese sono un risultato rilevante, anche se rappresentano quello che ad oggi appare come l’estremo tentativo di risollevare le sorti di un’economia praticamente allo sfascio.