In questi mesi, la Francia si è rivelata essere uno dei Paesi più attivi dal punto di vista monetario. Abbiamo già visto, infatti, come la Banca Centrale transalpina stia fattivamente progettando la creazione di una moneta digitale garantita dallo Stato. In questi giorni, invece, il governo francese ha sostanzialmente chiuso una parentesi che proseguiva da oltre 70 anni e che era una delle principali residui del colonialismo francese in Africa, quella rappresentata dal Franco CFA.
Il franco Cfa era stato creato nel 1945 ed era diventato il “franco della Comunità finanziaria africana” dopo l’indipendenza dei paesi del continente, un po’ per garantire a questi paesi una stabilità economica e monetaria che altrimenti non avrebbero potuto garantire, un po’ (per la maggior parte a dire la verità) per assicurare alla Francia non solo un controllo sulle stesse economie dei paesi aderenti ma anche per continuare a conseguire profitti da essi. Una delle principali caratteristiche del CFA, utilizzato in 14 paesi africani con un totale di 150 milioni di abitanti e 235 miliardi di dollari di prodotto interno lordo, era, infatti, l’obbligo per i paesi africani di depositare il 50% delle riserve nel Tesoro francese e quello di avere un rappresentante francese nel consiglio di amministrazione dell’unione monetaria. Misure sostanzialmente di neocolonialismo che ero vissute con sempre maggiore insofferenza da paesi a tutti gli effetti sovrani. Il CFA era stato recentemente anche oggetto di polemica tra il nostro governo e quello francese. A inizio anno, infatti, c’erano state le dichiarazioni dell’allora vicepresidente del Consiglio italiano Luigi Di Maio, il quale aveva detto fra l’altro che “se oggi la gente parte dall’Africa è perché alcuni Paesi europei con in testa la Francia, non hanno mai smesso di colonizzare decine di Stati africani”. E su Macron, in particolare, Di Maio aveva affermato che il presidente francese “prima ci fa la morale, poi continua a finanziare il debito pubblico con i soldi con cui sfrutta l’Africa”. Le dichiarazioni avevano provocato da parte di Parigi la convocazione al Quai d’Orsay dell’ambasciatrice Teresa Castaldo, salvo poi sostanzialmente cadere in un nulla di fatto.
Tuttavia, anche se decaduto, il CFA sarà sostituito da un’altra entità monetaria l’ECO che, scevro dalle caratteristiche del suo predecessore di cui sopra, continuerà però a rimanere legato all’Euro e alla Francia. Questo cambiamento è stato annunciato nel corso di una conferenza stampa dal Presidente Macro e Presidente della Costa d’Avorio, Alassane Ouattara. Per Macron si tratta di “una riforma storica di primaria importanza”. “L’Eco nascerà nel 2020 – ha aggiunto Macron – e io me ne rallegro”, anche perché il Cfa era “percepito come un’eredità della ‘Francafrique’”, il nome con cui viene definita la commistione di interessi tra la Francia e gli ex paesi coloniali. “Troppo spesso, oggi – ha detto Macron parlando al fianco di Ouattara – la Francia è percepita” come un Paese che ha “uno sguardo egemone e orpelli di un colonialismo che è stato un errore profondo, una colpa della Repubblica”. Per l’Eliseo la decisione della transizione a Eco “mette fine a tutte le illazioni” che sono state fatte sulla moneta, accusata di essere erede del colonialismo francese in Africa. Al momento, non sono coinvolti i 6 paesi dell’Africa centrale che utilizzano il franco CFA ma che danno vita a una zona monetaria distinta.