Dopo gli Stati Uniti, il Giappone. Per Google si apre una nuova indagine antitrust. L’accusa che la Japan Fair Trade Commission rivolge alla big tech di Cupertino è simile a quella dei colleghi americani: Google avrebbe tenuto un comportamento anti-concorrenziale, ottenendo che i produttori di smartphone dessero la priorità ai suoi servizi.
L’authority giapponese sta indagando in particolare sugli accordi che Google ha stretto con Android. La big tech avrebbe accettato di dare ad Android una parte dei ricavi pubblicitari della search, in cambio della possibilità di installare di default il suo motore di ricerca sugli smartphone. In più, l’antitrust valuterà se altri servizi di Google hanno un trattamento di favore sui dispositivi Android.
Google, attraverso un suo portavoce, nega ogni irregolarità: «Abbiamo continuato a lavorare a stretto contatto con le agenzie governative per dimostrare come stiamo supportando l’ecosistema Android e ampliando la scelta degli utenti in Giappone».
A settembre il Dipartimento di Giustizia degli Stati Uniti ha avviato un maxi-processo antitrust contro Google. L’indagine, che dovrebbe concludersi nella prima metà di novembre, ruota intorno ai rapporti di Google con Apple e Samsung.
L’accusa sostiene che Google abbia abusato della sua posizione, ottenendo di essere il motore di ricerca standard sui dispositivi più diffusi e soffocando i concorrenti. Finora al processo hanno parlato come testimoni i rappresentanti di motori di ricerca minori come DuckDuckGo and Neeva, ma anche il ceo di Microsoft Satya Nadella.
Davanti ai giudici Nadella ha detto che Microsoft sarebbe pronta a un investimento miliardario sul suo motore di ricerca Bing, ma lo strapotere di Google ne limiterebbe lo sviluppo.