di Maurizio Pimpinella
Negli ultimi anni, le big tech hanno progressivamente e prepotentemente ampliato il proprio ruolo all’interno dell’ecosistema finanziario, fino ad imporsi come degli operatori in grado di proporsi come delle valide alternative sia alle banche sia alle fintech.
Tra queste imprese, è interessante approfondire lo sviluppo che riguarda Apple che da “semplice” casa produttrice di strumenti tecnologici è sta diventando uno dei principali player finanziari globali.
Da Apple Pay a Apple Cash, da Apple Card a Apple Pay Later, dal Conto di risparmio Apple all’accettazione dei pagamenti dei commercianti con Tap To Pay, Apple ha integrato i servizi finanziari tramite una serie di partner a livello di infrastruttura, pur mantenendo strettamente per sè la relazione con il cliente, e quindi la gestione del suo dato, il tutto senza essere una banca.
Il fatto è, però, che non è nemmeno necessario che Apple sia una banca per fare tutto questo, o meglio nel senso stretto del termine. A questo proposito, proprio le banche stanno facendo i conti con questa nuova realtà. L’amministratore delegato di JPMorgan Chase, Jamie Dimon, ad esempio, con cui Apple intrattiene ampi rapporti, ha dichiarato lo scorso anno: “Apple potrebbe non avere depositi assicurati, ma è una banca. Se muovi denaro, detieni denaro, gestisci denaro, presti denaro, quella è una banca.
Partendo da una posizione davvero privilegiata (dimensioni, rete, dati, redditività, base di clienti),
Apple gode di una formidabile diversificazione delle fonti di guadagno che impatta anche sulle nuove fonti di dati.
Questa strategia segue generale per tutte le big tech secondo un approccio a 3 livelli:
— L’uso dei pagamenti come gateway (ovvero Apple Pay prima nel 2014) in offerte più ampie
— Lavorare con istituti finanziari affermati, ma concentrandosi sul front-end e lasciando alle banche il lavoro di conformità e di regolamentazione
— Partnership con FinTech su base selettiva
A tutto questo, che bene ha funzionato, Apple ha fatto delle aggiunte:
— È l’unico attore che controlla sia l’hardware che il software del suo ecosistema con 1,2 miliardi di utenti iPhone e 1,96 milioni di app sul suo Apple Store, dando ad Apple una leva distintiva concernenti;
1) gli emittenti bancari pagano lo 0,15% a credito transazioni con carta per Apple Pay (rispetto a nessuna commissione per Google Pay)
2) Apple non consente ai possessori di iPhone di effettuare il tap-to-pay con portafogli mobili concorrenti
— Sta perseguendo un approccio a doppia faccia per innescare sinergie e unire sotto lo stesso tetto la sua #attività rivolta ai clienti con quella rivolta ai commercianti
Rispetto a questo modello, anche le grandi banche storiche con un marchio consolidato e un’ampia base di clienti denunciano un gap competitivo, anche perchè vedono ridotte la possibilità di creare un portafoglio digitale di dimensioni simili. Inoltre, attingere a diversi portafogli in diverse aree geografiche è molto difficile. Goldman Sachs, ad esempio, compete con Apple sul suo conto di risparmio negli Stati Uniti, ma ha comunque scelto di lavorare con Apple per poter attingere al suo enorme ecosistema. In aggiunta, basti evidenziare che Apple ha una capitalizzazione di mercato di $ 2,7 trilioni e la sola attività di servizi (il 20% del totale) ha registrato ricavi per 79,4 miliardi nel 2022 (per confronto, i ricavi di Goldman Sachs nel 2022 sono stati di $ 47,4 miliardi).
Detto questo, va evidenziato però che Apple non è stata la più veloce nel suo gioco finanziario, ma è stata la più efficace, muovendosi con passi concreti e facendo scommesse ben calcolate. E mentre non diventerà una banca (formalmente), almeno nel breve periodo, competerà con banche, fintech e altri giocatori sul loro stesso territorio, ma sfruttando regole, leve e caratteristiche che più le competono: l’esperienza del cliente.