di Maurizio Pimpinella
Dimentichiamoci delle donne come “angelo del focolare”. Questa visione non è solo ormai (e da tempo) anacronistica ma soprattutto non corrisponde più alla realtà. Oggi le donne possono davvero rappresentare il vero valore aggiunto nel processo di trasformazione digitale.
Il ruolo delle donne nella trasformazione digitale, infatti, è sempre più rilevante e cruciale per lo sviluppo tecnologico e il progresso sociale. Sebbene il settore tecnologico sia stato storicamente dominato dagli uomini, oggi è chiaro che le donne hanno molto da offrire.
Il processo, tuttavia, non sarà né semplice né rapido ciò nondimeno vale la pena avviare anche un processo di “trasformazione di genere” che accompagni e sostenga quello digitale. A tal proposito, però, è necessario chiarire qual è la base di partenza.
In primo luogo, è importante notare che la partecipazione delle donne nel settore tecnologico è ancora molto bassa a livello globale. Secondo un rapporto del World Economic Forum del 2021, solo il 26% dei professionisti del settore tecnologico sono donne. Inoltre, solo il 3% delle start-up tecnologiche in tutto il mondo è stata fondata da donne. Sempre il World Economic Forum ha stimato che ci vorranno 132 anni per arrivare alla parità di genere per l’intera umanità.
In Europa, pur essendo la maggioranza, le donne sono rappresentate scarsamente in ambito tecnologico, e soprattutto in quelli più avanzati. Basti evidenziare che nel campo, ad esempio, dell’intelligenza artificiale, solo il 12% dei ricercatori è donna. Anche in Italia la situazione non è molto diversa, dove solo il 30% dei lavoratori nel settore ICT (Information and Communication Technology) è composto da donne. Inoltre, secondo i dati raccolti ed elaborati da AlmaLaurea, le donne costituiscono quasi il 60% dei laureati in Italia, e registrano performance migliori sia in termini di regolarità negli studi che di votazione finale (concludono gli studi in corso il 60,2% delle donne, rispetto al 55,7% degli uomini. Eppure, gli uomini sono più valorizzati sul mercato del lavoro, guadagnano il 20% in più e occupano professioni di più alto livello. Siamo quindi in presenza, innanzitutto, di un tema di rappresentatività femminile, rilevante non solo da un punto di vista dell’inclusion&diversity quanto piuttosto per lo sviluppo stesso della tecnologia.
Si tratta questi di aspetti che creano un ovvio danno di genere ma che hanno notevoli ripercussioni anche sistemiche in quanto – consapevolmente o inconsapevolmente – ci si priva di capacità e competenze preziose.
Il gender gap rappresenta un tema cruciale della nostra società. Sicuramente lo è per quanto riguarda il pieno godimento dei diritti (impliciti ed espliciti) formalmente riconosciuti a tutti i cittadini; ma rappresenta anche l’opportunità per favorire lo sviluppo di una società prospera, equa e sostenibile, nella quale la trasformazione digitale può accelerare il processo di cambiamento, poiché l’inclusione di più donne porterà a un’ampia varietà di prospettive e soluzioni innovative ai problemi tecnologici e sociali.
Al momento, le idee e le iniziative inclusive non mancano ma sono tendenzialmente ancora lontane dal produrre effetti tangibili nel breve periodo. Nell’ambito del programma Horizon 2020, ad esempio, la Commissione Ue ha lanciato la Gender Equality Strategy 2020-2025, con l’obiettivo di promuovere l’uguaglianza tra donna e uomo nei settori dell’innovazione e della ricerca, perché la rivoluzione ambientale e digitale che ci attende sia in primis una rivoluzione equa e inclusiva.
È necessaria quindi una visione strategica d’insieme che verta principalmente all’adozione di misure orientate all’abbattimento degli elementi fisici e culturali che si contrappongono ad un modello di lavoro e di società non più corrispondente alla realtà.
Alcune possibili soluzioni per incentivare il ruolo delle donne nella società digitale includono la promozione di modelli di ruolo femminili nel settore, l’offerta di programmi di formazione specifici per le donne, l’eliminazione di pregiudizi di genere nei processi di selezione e di reclutamento e la promozione di politiche di lavoro più flessibili.
Un aspetto poi da non sottovalutare è quello del welfare, il cui concetto andrebbe per molti aspetti ampliato a tutte le categorie di lavoratori. In molti casi, ad esempio, le donne sono frenate dal dover operare delle scelte tra opportunità personali e opportunità di carriera. In generale, questo elemento risulta essere uno dei principali limiti allo sviluppo sociale di molte persone e rappresenta quindi anche un elemento di disparità su cui è necessario intervenire in via preventiva per ridurre sensibilmente gli ostacoli all’accesso a posizioni di rilievo da parte delle professioniste.
Il digitale, in tutte le sue composite articolazioni e declinazioni, può certamente fornire alle donne un mezzo per migliorare la propria condizione personale e professionale, aprendo nuovi sbocchi occupazionali ed esplorando opportunità spesso inesplorate. Allo stesso tempo, la digitalizzazione è anche un fattore di empowerment trasversale. Detto questo, il valore della presenza femminile nell’ambito digitale si riverbera anche sulla comunità perché le abilità sociali delle donne rappresentano un vantaggio competitivo e questo è particolarmente vero quando le competenze sociali sono integrate con l’istruzione superiore e l’alfabetizzazione digitale avanzata.
Infine, è importante evidenziare che aumentare la partecipazione delle donne nel settore tecnologico non è solo una questione di equità di genere, ma anche di sviluppo economico e sociale. Una maggiore diversità nel settore tecnologico porterà a soluzioni migliori e più innovative per le sfide tecniche e sociali, e a un mondo digitale più inclusivo e sostenibile per tutti.