Originali, geniali o soltanto abbozzate, le idee sono sempre più oggetto di contesa in un mercato globale nel quale i player si moltiplicano in modo esponenziale. Soprattutto in un settore delicato come quello della proprietà intellettuale, la blockchain è in grado di garantire una regolamentazione meritocratica ed efficiente. La diffusione delle opere digitali ha reso necessario un nuovo paradigma capace di difendere i “big” ma soprattutto gli emergenti.
L’applicazione davvero rivoluzionaria riguarda i brevetti. Depositare una domanda non è semplice e, senza l’aiuto di un esperto, pressoché impossibile. I costi esorbitanti e le lungaggini burocratiche scoraggiano soprattutto le PMI e i singoli autori, favorendo una sorta di posizione dominante delle grandi imprese. Nel 2017, i brevetti richiesti attraverso la blockchain sono aumentati del 300% rispetto all’anno precedente. A ottenerli sono stati soprattutto colossi del commercio e dei servizi, dell’informatica e della finanza: Alibaba vince questa particolare classifica con 90 concessioni, seguito da IBM (89), MasterCard (80), Bank of America (53) e Banca Popolare Cinese (44).
Nuovi posti di lavoro per nuove figure professionali sono all’orizzonte. L’Italia, finalmente membro dell’European Blockchain Partnership, sta seguendo il sentiero tracciato dall’Unione europea, che in più occasioni si è dimostrata favorevole alla tutela della proprietà intellettuale attraverso la blockchain. L’European Union Intellectual Property Office, il dipartimento preposto, ha definito la contraffazione una “piaga globale”.
Naturalmente l’approvazione di un quadro regolatorio non è la panacea di tutti i mali che affliggono il diritto d’autore. La tutela deve passare necessariamente da un ecosistema formato da pochi ma incisivi servizi capaci di premiare il talento: registrazione di idee davvero vincenti, predisposizione di una vetrina per la loro promozione e tutela legale su tutti.
I vantaggi sono assicurati anche in tema di copyright. Gli autori possono iscrivere le proprie opere in un database condiviso chiaro e trasparente fornendo tutte le informazioni che riducono al massimo, fino a escluderlo, il pericolo di falsificazione delle opere. La possibilità di effettuare micro-pagamenti con costi di transazione quasi nulli, poi, semplifica notevolmente l’attività di crowdfunding.
L’industria culturale (musicale, cinematografica ed editoriale) più di altre ha subìto il contraccolpo dell’innovazione tecnologica, ma quella che all’inizio è apparsa come una iattura col tempo si è trasformata in un’opportunità. Con la disintermediazione è cambiata la filiera che dalla creazione porta alla produzione e alla distribuzione del prodotto, con maggiori rischi ma anche più trasparenza per gli artisti, che sono liberi di gestire direttamente i propri diritti.