di Maurizio Pimpinella
Lo scontro bellico che in questi giorni ha nell’Ucraina il suo triste epicentro si sta sviluppando a vari livelli e seguendo diversi percorsi paralleli che talvolta si intrecciano e si sovrappongono. Si va dai negoziati di pace, alla guerra “tradizionale”, fino al paventarsi di antichi spauracchi nucleari e alle soluzioni più innovative.
Nell’attuale escalation bellica, infatti, la minaccia del ricorso alle armi nucleari sembrerebbe non essere più un tabù. Si tratta di un’eventualità cui nessuno di noi vorrebbe mai andare incontro, eppure vi sono anche altre minacce, più o meno subdole, che potrebbero causare dei potenziali danni persino peggiori. Si stanno, ad esempio, svolgendo aspri scontri nei pressi dell’ex centrale nucleare di Chernobyl presso la quale giacciono ancora tonnellate e tonnellate di materiale radioattivo e il combattimento nei pressi di un’infrastruttura così tanto delicata mi ha fatto maturare un ragionamento per cui, potenzialmente, i più gravi pericoli alla sicurezza globale potrebbero più probabilmente giungere non da un tipo di guerra “tradizionale”, che fa ricorso anche agli ordigni nucleari bensì ad una di stampo innovativo.
La logica della deterrenza impone, infatti, che il ricorso ad un certo tipo di soluzioni sia solo un’estrema ratio cui nessuno vuole fare ricorso. Nella storia umana ai periodi di conflitto sono corrisposti anche periodi di grande sviluppo tecnologico e questa guerra è già nuova e diversa dalle altre precedenti perché mescola ad elementi già visti altri che sono quasi o del tutto nuovi, portatori tra l’altro di implicazioni che al momento possiamo solamente immaginare. Mi riferisco alla cyber war di cui fino ad ora abbiamo sentito parlare a proposito soprattutto di alcuni furti dati avvenuti nel dark web e che, invece, in queste ore sta sempre più rappresentando un nuovo fronte di scontro che si sovrappone a quello sul campo di battaglia.
Per quanto riguarda la guerra cibernetica siamo anzi già in una fase attiva che sta andando via via intensificandosi. Gruppi di hacker, “di bandiera e non” sono attivi da settimane e pronti ad utilizzare lo spazio cyber per azioni anche drastiche. In questi ultimi giorni il famoso gruppo di Anonymous si è ufficialmente schierato contro la Russia minacciando che le azioni di disturbo già avvenute si intensificheranno in frequenza e in gravità. Parallelamente, altri gruppi hanno fatto sapere che non intendono schierarsi e che sfrutteranno solo le occasioni che si dovessero presentare.
Ma in che cosa possono consistere tali attacchi e perché sono potenzialmente ancora più pericolosi di una guerra nucleare?
Il mondo in cui viviamo è, infatti, talmente connesso, interconnesso e dipendente dalle infrastrutture elettroniche e digitali che degli attacchi cyber mirati e particolarmente aggressivi potrebbero essere in grado di far letteralmente saltare il mondo per come lo conosciamo attualmente.
Interruzioni della rete elettrica, interferenze nei sistemi di monitoraggio del traffico aereo o delle centrali nucleari, delle comunicazioni o anche la “semplice” manomissione dei semafori di una città possono condurre a danni a persone e cose anche di enorme entità. Mi torna alla mente un vecchio film degli anni Ottanta, War Games, in cui un’intelligenza artificiale simulava la guerra tra le due super potenze fino a renderla quasi reale. Ecco, pensiamo solo se questo genere di azioni, da guastatori 4.0, fossero svolte sistematicamente: un ordigno può distruggere una città ma non pensiamo che un clic abbia una portata così tanto ridotta.
Per ora, gli hacker si sono limitati a mandare offline alcuni siti governativi, ma dal furto dati ai depositi bancari siamo tutti esposti e anche se apparentemente trattasi di una guerra più “pulita”, i danni che la cyber war può causare alle società sviluppate di tutto il mondo sono di primaria importanza. In questa fase, il livello di attenzione deve essere massimo, in attesa di ulteriori sviluppi, nella consapevolezza che tutti siamo chiamati a precauzioni mai avute prima.