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Home News Economia e Finanza

In Italia quattro professionisti HR su dieci stanno investendo in IA

12 Giugno 2025
in Economia e Finanza
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In Italia quattro professionisti HR su dieci stanno investendo in IA
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Nell’ultimo anno gli investimenti in intelligenza artificiale da parte delle aziende italiane a favore delle attività HR sono incrementati di 4 punti percentuali, passando dal 36% nel 2024 al 40% nel 2025. Tra le principali aree di crescita, si posiziona sul gradino più alto del podio “formazione e sviluppo” (22%), seguita da “esperienza e coinvolgimento dei dipendenti” (20%), e “performance management” a pari merito con “recruitment” attraverso, ad esempio, l’adozione di strumenti che consentono uno screening automatizzato dei curricula (18%). Queste le evidenze emerse dalla ricerca internazionale “HR & Payroll Pulse” condotta da SD Worx, principale fornitore di soluzioni HR in Europa, su un panel di 5.625 decisori HR e 16.000 dipendenti provenienti da 16 Paesi europei.

Una percentuale crescente di organizzazioni italiane sta investendo nell’IA sul posto di lavoro: oggi sono 4 professionisti HR su 10, mentre nel 2024 erano il 36%. Un dato in positivo perfettamente in linea con l’andamento europeo che dal 2024 al 2025 ha registrato +5 punti percentuali (33% vs 38%). Il 42% degli intervistati nel nostro Paese ne sta, inoltre, esplorando attivamente il potenziale. Il fatto che solo un’organizzazione su tre (32%) stia, invece, registrando dei risultati concreti nella sua applicazione all’interno dei processi HR dimostra che in Italia, così come in Europa (31%), prevalga ancora la fase sperimentale.

“Questo risultato è dettato principalmente dalla mancanza di una strategia chiara, dall’incertezza sui migliori casi d’uso in tema AI e da framework HR che non sono ancora progettati per massimizzare il valore dell’IA”, spiega Giorgio Colagrossi, Chief Information Officer di SD Worx Italy.

Domini HR popolari in cui applicare l’intelligenza artificiale

Ma su quali attività investono maggiormente i team HR del nostro Paese? “Formazione e sviluppo” conquista il primo posto con il 22% delle preferenze, includendo ad esempio un apprendimento basato sull’intelligenza artificiale capace di adattare meglio i vari percorsi alle singole esigenze dei dipendenti. In seconda e terza posizione si trovano, invece, rispettivamente “esperienza e coinvolgimento dipendenti” (20%) e “performance management” a pari merito con “recruitment” (18%). Un podio che in Europa conferma la medaglia d’oro e in parte anche quella di bronzo, conferendo però quella d’argento a “performance management”.

“Dallo scorso 2 febbraio, due regole chiave dell’AI Act – la normativa europea sull’IA – sono già effettive. La prima, le aziende devono assicurare un’adeguata alfabetizzazione sull’intelligenza artificiale ai dipendenti che la utilizzano per svolgere le proprie mansioni lavorative. Non significa, ovviamente, che devono sapere tutto, ma che dovrebbero essere in grado di usarla in modo critico e consapevole. Chiunque lavori con l’IA deve possedere una conoscenza che gli permetta di compiere scelte intelligenti e riconoscere i rischi. La seconda, il divieto di implementare sistemi di IA che violino i diritti fondamentali, come il social scoring o il riconoscimento delle emozioni sul lavoro. Le organizzazioni devono, quindi, essere al corrente dei tool che stanno adottando ed eliminare quelli proibiti. Dal prossimo 2 agosto, le violazioni potranno comportare multe fino a 35 milioni di euro. Sono previsti anche nuovi obblighi per i modelli di intelligenza artificiale generali e altre sezioni della legge entreranno in vigore a partire da agosto 2026, mentre la parte finale sarà valida da agosto 2027″, afferma Colagrossi.

Nel 50% delle aziende italiane prevale l’incertezza

Sebbene molte realtà stiano investendo in IA per scopi HR, molti professionisti delle Risorse Umane rimangono perplessi. Per esempio, il 34% degli italiani intervistati teme di perdere il valore umano dei processi HR (vs 37% EU) ed è preoccupato in termini di privacy e sicurezza dei dati (vs 34% EU). Una percentuale molto simile (33% vs 35% EU) dichiara, invece, una conoscenza o un’esperienza limitate nell’applicazione di questa tecnologia nel settore, mentre un altro terzo dei rispondenti (32%), in linea con i colleghi europei, manifesta dei dubbi etici.

Per molte organizzazioni, infine, rimane poco chiaro l’impatto che avrà sul mondo HR. Se il 41% dei nostri datori di lavoro (vs 46% EU) prevede un rapido cambiamento, la metà (50% vs 53% EU) crede che sia ancora difficile affermare come le attività e i modelli operativi HR verranno concretamente trasformati. Il 34% (vs 36% EU) dei rispondenti si aspetta, comunque, che l’intelligenza artificiale renderà ripetitivi alcuni ruoli.

Il 23% dei dipendenti italiani usa regolarmente l’IA

Investigando il sentiment dei dipendenti emerge, invece, che il 30% dei lavoratori italiani, come la media europea (27%), è preoccupato che l’IA possa rendere gran parte del proprio lavoro meccanico e noioso. Tra gli attuali fruitori, il 45%, una percentuale leggermente inferiore all’Europa (49%), crede che l’IA cambierà significativamente o persino trasformerà completamente il proprio lavoro entro i prossimi tre anni. 

Infine, in Italia, i dipendenti sembrano sperimentare sempre più l’intelligenza artificiale sul lavoro. Oggi quasi un quarto (23% vs 15% nel 2024) la utilizza regolarmente in particolar modo per creare contenuti (17%), apprendere nozioni nuove, automatizzare attività e analizzare dati (16%). La personalizzazione della comunicazione (15%) completa le prime cinque posizioni. Una top 5 che si rispecchia quasi perfettamente con quella europea. L’unica differenza è che in Europa chiude la lista il brainstorming anziché la comunicazione.

Come rendere l’IA un valido partner HR

“Ai datori di lavoro consigliamo di stabilire una chiara policy sull’IA: chi è autorizzato a utilizzare quali strumenti? Come può l’organizzazione rimanere aggiornata? Come garantisce che le informazioni vengano mantenute quando i ruoli o le tecnologie cambiano? Chiunque desideri utilizzare l’IA in modo intelligente nelle risorse umane dovrebbe iniziare con un obiettivo preciso. In che modo l’IA può migliorare il lavoro e l’esperienza dei dipendenti creando più valore? Nell’adottare questa tecnologia, è, quindi, fondamentale investire nella formazione del team HR affinché la implementi in modo equo, trasparente e conforme alla normativa europea. Questo è l’unico modo per costruire un rapporto di fiducia con i dipendenti e gli stakeholder. Infine, è cruciale assicurarsi che l’IA non rimanga una raccolta di progetti pilota isolati, ma diventi un insieme coeso. Ecco perché bisogna operare su un approccio integrato capace di unire tutti gli ambiti delle risorse umane, dalla selezione del personale allo sviluppo e la fidelizzazione”, conclude Colagrossi.

Tags: aidatieconomiafinanzaHRIAintelligenza artificialeinvestimentiitalia
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