Apple ha compiuto un passo importante nella sua strategia di diversificazione produttiva: oltre il 20% degli iPhone ora viene assemblato in India. In pratica, uno su cinque esce da fabbriche indiane, segnando un netto distacco dalla storica dipendenza dalla Cina e seguendo una più ampia tendenza globale alla “de-cinesizzazione” delle catene del valore tecnologiche.
Il cuore di questa nuova alleanza industriale si trova nel sud dell’India, dove Foxconn, uno dei principali partner produttivi di Apple, ha ampliato la sua presenza. Accanto a Foxconn opera Tata Electronics, che ha rilevato Wistron e gestisce parte delle attività di Pegatron. Grazie a questo nuovo asse produttivo, Apple è ora in grado di costruire in India tutta la sua gamma di iPhone, inclusi i modelli top di gamma come gli iPhone Pro in titanio, così come si legge su italianelfuturo.com.
A sostenere il cambiamento c’è anche la spinta del governo Modi, che ha messo in campo un piano di incentivi da 2,7 miliardi di dollari per attrarre investimenti nella produzione elettronica, semiconduttori inclusi. Ma a fare da catalizzatore è stata anche la politica commerciale statunitense: l’introduzione da parte dell’amministrazione Trump di nuovi dazi “reciproci” contro la Cina, in vigore da febbraio, ha spinto Apple ad accelerare il trasferimento di parte della produzione verso l’India.
Anche se dispositivi come smartphone e computer sono stati temporaneamente esclusi dalle nuove tariffe (un sollievo per Apple e Nvidia), restano attivi dazi fino al 145% su molte altre categorie merceologiche. Di fronte a questa incertezza, Apple ha scelto di rafforzare l’India come polo produttivo alternativo, anche per tutelarsi da eventuali nuove ondate di tensioni commerciali.
Solo nell’anno fiscale 2024–2025, Apple ha esportato dall’India iPhone per un valore di circa 17,4 miliardi di dollari, secondo i dati del ministero indiano della tecnologia. Un traguardo che consolida la posizione dell’India come reale alternativa industriale alla Cina nel settore tech. Tuttavia, spostare completamente la produzione fuori dalla Cina rimane una sfida enorme. Apple si affida ancora a quasi duecento fornitori cinesi, immersi in un sistema produttivo perfettamente rodato e altamente specializzato. Secondo Bloomberg Intelligence, servirebbero circa otto anni solo per decentrare il 10% della produzione totale.
Anche il ceo Tim Cook ha più volte sottolineato come l’efficienza e la qualità della manodopera cinese nel campo dell’hardware di fascia alta siano difficili da replicare altrove. E per il momento, una rilocalizzazione negli Stati Uniti appare irrealistica: troppo costosa, troppo lenta e priva delle infrastrutture adeguate. Nel frattempo, mentre si rafforza come base produttiva, l’India sta diventando anche un mercato sempre più importante per Apple. Le vendite nel Paese sono cresciute rapidamente, con un fatturato vicino agli otto miliardi di dollari e una quota di mercato dell’iPhone salita all’8% nel 2024.
In conclusione, la scelta di Apple di espandere la produzione in India va ben oltre una semplice delocalizzazione: rappresenta una risposta strategica alle nuove dinamiche del commercio globale e ai rapporti sempre più tesi tra Stati Uniti e Cina. Il futuro delle grandi aziende tech passerà sempre più da decisioni che intrecciano tecnologia, politica e geopolitica.