La sospensione di novanta giorni dei dazi, annunciata dal Presidente Donald Trump, è stata percepita da molte aziende statunitensi come una misura insufficiente a garantire stabilità. Diverse realtà, dai produttori di giocattoli ai piccoli operatori culturali, continuano infatti a fare i conti con i costi crescenti e un clima di incertezza economica.
Come riportato da Reuters, molte imprese si trovano a fronteggiare rialzi nei prezzi delle materie prime e difficoltà operative, causati proprio dai dazi ancora in vigore. Tra i più colpiti c’è Eco Lips, un’azienda dell’Iowa attiva nel settore della cosmetica naturale, che acquista ingredienti da oltre cinquanta Paesi e distribuisce i suoi prodotti in circa 40mila punti vendita negli Stati Uniti. Il suo fondatore e ceo, Steve Shriver, ha spiegato che la situazione attuale li costringe a pianificare con cautela, data l’instabilità del quadro commerciale e l’impatto sulle catene di approvvigionamento globali.
Quando Trump ha annunciato la sospensione dei dazi, Shriver ha scritto ai suoi clienti avvisandoli che l’azienda avrebbe dovuto procedere con un aumento dei prezzi. Secondo il ceo, infatti, i novanta giorni di tregua non offrono alcuna garanzia di lungo periodo: le tariffe possono essere ripristinate o modificate in qualsiasi momento. Shriver ha anche sottolineato che, nonostante la sospensione parziale, rimangono in vigore dazi del 10% su molti prodotti, che rappresentano un peso considerevole, come si legge su pymnts.com. Ha stimato che i costi annuali dell’azienda potrebbero salire di cinque milioni di dollari, una cifra che si aggiunge ai dieci milioni che Eco Lips spende già per ingredienti essenziali come olio di cocco, vaniglia e cacao, non coltivabili negli Stati Uniti.
Anche in altri settori l’effetto dei dazi si fa sentire. Alcuni imprenditori hanno riferito di aver bloccato ordini, rinviato assunzioni o posticipato piani di espansione, in attesa di maggiore chiarezza. Nel mondo della cultura, ad esempio, Aisha Ahmad-Post, direttrice del Newman Center for the Performing Arts all’Università di Denver, ha raccontato che le tasse sull’importazione stanno rallentando i lavori di rinnovo di una delle sale da concerto. L’organizzazione aveva già ordinato quasi mille nuove sedie, ora in produzione, ma si trova a dover coprire spese non previste. Ahmad-Post ha spiegato che non è possibile cambiare fornitore a questo punto e che l’ente è costretto a cercare nuove fonti di finanziamento per completare l’investimento.