Il 21 marzo 2025, il Financial Crimes Enforcement Network (FinCEN) ha annunciato la sospensione dell’obbligo di comunicare i titolari effettivi delle società americane al registro centrale. Si tratta di un cambio di rotta che congela, di fatto, l’applicazione del Corporate Transparency Act (CTA) per le imprese costituite negli Usa, e che si inserisce pienamente nel nuovo indirizzo politico dell’amministrazione Trump, orientato a una revisione complessiva del sistema antiriciclaggio.
Attraverso un comunicato firmato dal segretario al Tesoro Scott Bessent, il Dipartimento ha motivato la decisione come una risposta alle esigenze delle piccole e medie imprese, giudicate eccessivamente appesantite da adempimenti burocratici. Ma il provvedimento va letto anche alla luce del “Project 2025: The Conservative Promise”, il piano strategico elaborato dalla Heritage Foundation, influente think tank conservatore. Il documento, che ha ispirato gran parte delle prime azioni del nuovo governo, propone una deregulation massiccia e una ristrutturazione profonda delle agenzie federali, con particolare attenzione alla limitazione delle competenze del FinCEN e alla revisione del sistema normativo antiriciclaggio.
Il registro centrale dei titolari effettivi, introdotto nel 2024 in risposta alle critiche della Financial Action Task Force (FATF), aveva colmato una storica lacuna nel sistema statunitense, considerato da anni non conforme agli standard internazionali in materia di trasparenza aziendale. L’obiettivo del CTA era proprio quello di rafforzare la tracciabilità dei flussi finanziari e prevenire l’uso abusivo di strutture societarie anonime. Con la nuova proposta in consultazione, invece, solo le società estere registrate per operare negli Stati Uniti saranno tenute a dichiarare i propri beneficiari effettivi. Le aziende americane – anche se controllate da soggetti stranieri – saranno esentate, segnando un ritorno a un sistema più opaco, simile a quello pre-CTA, come si legge su ilsole24ore.com.
Se da un lato il provvedimento viene promosso come strumento di semplificazione e incentivo alla competitività interna, dall’altro gli esperti sottolineano i rischi per l’efficacia del contrasto ai crimini economici, proprio mentre a livello globale si rafforzano gli strumenti di vigilanza contro il riciclaggio di denaro e l’evasione. La scelta statunitense rischia inoltre di creare nuove frizioni con l’Unione europea, che con la recente direttiva AML ha invece rilanciato il rafforzamento del sistema antiriciclaggio, prevedendo l’istituzione di un registro unico europeo dei titolari effettivi e obblighi più severi per le imprese. Il pericolo è quello di un disallineamento normativo tra i due blocchi, con conseguenze pratiche per gli operatori transatlantici e criticità nei processi di due diligence.
Meno regole, più libertà d’azione per le imprese. Questo il messaggio che arriva da Washington. Ma questa impostazione, pur ispirata a principi di semplificazione, potrebbe indebolire la cooperazione internazionale contro i flussi finanziari illeciti e favorire nuove zone grigie nel sistema economico. In un momento in cui il contesto globale richiede maggiore trasparenza e coordinamento, gli Stati Uniti sembrano avviarsi in direzione opposta.