Il paper dell’Istituto Nazionale per l’Analisi delle Politiche Pubbliche (INAPP) “L’insostenibile inattività”. Il lavoro delle donne che manca, nella transizione demografica in Italia evidenzia come l’inserimento nel mercato del lavoro di oltre 1,2 milioni di donne inattive possa rappresentare una risorsa strategica per affrontare il calo demografico e la sostenibilità del welfare.
Attualmente, il 40% delle donne tra i 15 e i 64 anni è inattivo, con un totale di 7,8 milioni di donne non occupate né in cerca attiva di lavoro. Tuttavia, il 16% di loro (circa 1,26 milioni) si dichiara disponibile a lavorare a determinate condizioni, con una distribuzione regionale disomogenea: in Campania e Sicilia, ad esempio, la percentuale di donne potenzialmente attivabili supera il 23%, mentre in regioni come la Lombardia si ferma al 9,7%.
Le principali cause dell’inattività femminile sono legate alla cura familiare, che incide soprattutto nel Centro-Sud, alla mancanza di servizi di supporto, allo scoraggiamento e all’età anagrafica. La difficoltà di conciliare lavoro e vita familiare emerge come uno dei principali ostacoli all’occupazione femminile.
Secondo Natale Forlani, presidente di INAPP: “Il contrasto alla persistente inattività femminile deve diventare una priorità. Da circa 20 anni, siamo di fronte a un tasso di inattività femminile di oltre il 40%, una quota di risorse che, per vari motivi, non lavora e si colloca stabilmente al di fuori dal mercato del lavoro e che invece in questo momento può rappresentare una risorsa strategica“.
L’indagine INAPP evidenzia inoltre che le donne inattive disponibili al lavoro non accetterebbero qualsiasi impiego: il salario minimo considerato accettabile è inferiore ai mille euro per la metà di loro, ma il 13,1% richiede almeno 1.500 euro. Il fattore economico, quindi, resta cruciale nella decisione di entrare o rientrare nel mercato del lavoro, come si legge su Borsa Italiana.
Per facilitare l’occupazione femminile, si rende necessario un investimento in servizi di cura e assistenza, che non solo consentirebbe alle donne di lavorare, ma contribuirebbe anche a ridisegnare il welfare in un Paese sempre più anziano.