In principio erano solo fotografie. In particolare, vacanze, selfie e gattini: questo dominava Instagram all’inizio della propria storia. Ma le cose sono cambiate velocemente e il social network ha mutato pelle più volte, diventando anche uno strumento per arricchirsi. Fin dagli albori di Instagram, in molti ne hanno colto le potenzialità e lo hanno trasformato in un’opportunità lavorativa, dando una svolta alla propria storia a suon di “stories”, a cui sono seguiti reels e post pieni di #adv, #ad e #supplied.
A Instagram si sono poi aggiunti altri social network (tra i più utilizzati, soprattutto dai più giovani, c’è TikTok) e piattaforme come Onlyfans, esplosa negli ultimi anni grazie a contenuti “per adulti” a pagamento e Patreon, servizio in abbonamento utilizzato in particolare dai creatori di contenuti per finanziare il proprio lavoro. Sulla stessa scia di quest’ultima si annoverano Ko-Fi e Buy me a coffee, piattaforme nate per raccogliere fondi e guadagnarsi da vivere attraverso Internet; ma c’è anche Shopify, che consente la vendita diretta di prodotti personalizzati.
Nasce e si sviluppa così la “creator economy”, alimentata dalla crescente domanda di contenuti autentici e coinvolgenti da parte del pubblico: un settore economico ormai autonomo, ma le cui regole non sono ancora chiare, soprattutto in ambito fiscale. Quickfisco, realtà con sede centrale a Milano, è una start up innovativa che opera nel settore fiscale e contabile per supportare i titolari di partita Iva nella gestione della propria fiscalità e cerca di fare chiarezza in un mondo, quello della creator economy, in continua evoluzione e che necessita di un quadro legislativo e fiscale definito per aiutare i creator nella gestione degli obblighi fiscali.
Secondo Goldman Sachs, il fatturato globale è arrivato a duecentocinquanta miliardi di dollari nel 2023 (per il solo «Influencer marketing» ha superato i diciassette miliardi), mentre i creator attivi sono più di trecento milioni. Per l’Italia, come spiega Assoinfluencer, il giro d’affari vale circa un miliardo e mezzo, per 350mila professionisti attivi. Tutti sono concordi nell’affermare che il volume d’affari crescerà esponenzialmente nei prossimi anni: secondo la stessa Goldman Sachs, questo mercato potrebbe sfiorare i cinquecento miliardi di dollari entro il 2027. Per l’Influencer marketing hub, un influencer su dieci guadagna più di centomila dollari all’anno (il guadagno medio è di cinquantamila dollari annui) e il 51% dei content creator a tempo pieno guadagna abbastanza da mantenere almeno una persona. Instagram è il social preferito dagli influencer marketer: quasi la metà (48%) degli utenti globali di Instagram sono Millennials tra i 25 e i 34 anni, un gruppo demografico chiave per quel mercato.
Qual è la differenza tra content creator e influencer e cosa cercano le aziende? Un content creator è chi dà vita alla propria opera e la condivide senza andare alla ricerca di una relazione commerciale con le aziende, trovando una piattaforma che dia modo di esprimersi nel miglior modo possibile con contenuti di qualità per informare o intrattenere il proprio pubblico: la relazione commerciale avviene solo nel momento in cui un’azienda contatta il creator per dare vita a una collaborazione professionale. Nel caso dell’influencer, il rapporto si capovolge, perché il suo intento è di utilizzare le piattaforme digitali per dare vita a un rapporto commerciale con le aziende, promuovendo se stesso e la propria immagine e influenzando le decisioni di acquisto della propria audience. Si può anche assumere che, per certi versi, l’influencer sia l’evoluzione del content creator: quando questi ultimi superano un certo numero di follower e diventano sempre più popolari sul web e sui social, le aziende cominciano a interessarsi e a chiedere contenuti «su misura» per il proprio brand, in uno scambio che permette ad entrambi di guadagnare popolarità e, spesso, anche denaro.
L’Influencer Marketing – secondo Buzzoole – continuerà a muoversi al ritmo delle innovazioni tecnologiche e a modellarsi attraverso la sinergia tra creator, brand e piattaforme, in grado di adattarsi ai trend emergenti. Le previsioni parlano di nuovi orizzonti di professionalizzazione, anche accompagnati dall’evoluzione dell’Intelligenza artificiale generativa. Le aziende cercheranno sempre di più creator capaci di «sposare» la causa e far parlare del marchio attraverso canali nuovi e con forme di comunicazione innovative, sfruttando i nomi più in vista ma anche andando ad attingere a un bacino che diventa ogni giorno più ampio. Resta sempre la possibilità di utilizzare figure già molto note nel panorama degli influencer, ma le cose sono cambiate negli ultimi mesi, soprattutto dopo il «caso Balocco».
La pratica commerciale scorretta denunciata dall’Antitrust – si è fatto credere ai consumatori che acquistando il Pandoro Pink Christmas al prezzo di oltre 9 euro, invece di 3,70 euro del pandoro non griffato, avrebbero contribuito alla donazione all’Ospedale Regina Margherita di Torino, mentre Balocco aveva già effettuato questa donazione mesi prima della campagna – che ha fatto guadagnare alle aziende legate a Chiara Ferragni oltre un milione di euro, è stata un boomerang per gli interessati (l’azienda e l’influencer sono stati multati) e ha rimesso in discussione il sistema di sponsorizzazioni degli influencer, con molte critiche arrivate soprattutto dai follower, stanchi di un certo tipo di pubblicità soprattutto da parte delle «social stars».
Secondo le stime di Buzzoole, in Italia gli influencer con almeno 1 milione di follower hanno circa il 29% di follower sospetti: questo porta i brand a privilegiare profili più “piccoli”. Nei primi 5 mesi del 2024, i micro influencer (10.000-100.000 followers) hanno prodotto il 63% dei contenuti sponsorizzati su Instagram, rispetto al 37% dei Top e Middle influencer (100.000-1 milione followers). L’evoluzione delle piattaforme richiede che i marketer si avvalgano sempre di più di strumenti per monitorare e analizzare più accuratamente le campagne, considerando i più rilevanti parametri quali-quantitativi. In questo contesto, la tecnologia è un’alleata preziosa per indagare le performance degli influencer e l’andamento delle campagne, realizzare analisi sui competitor e individuare i creator più in linea con le esigenze del brand, oltre a evitare ricadute negative sul marchio e danni reputazionali.
I controlli del Fisco e le regole. Il caso Balocco ha portato una maggiore attenzione sull’attività di influencer e creator, intensificando i controlli da parte delle Autorità competenti. Risale a marzo 2024 la notizia che alcuni volti noti del mondo del Web italiano, come l’imprenditore Gianluca Vacchi e lo youtuber e videomaker Luis Sal, ma anche Eleonora Bertoli e Giulia Ottorini, sono finiti al centro di un’indagine che ha coinvolto molti creator e ha portato a recuperare 11 milioni di euro di tasse non pagate. Nelle ultime settimane è finita “nell’occhio del ciclone” Mady Gio, nota influencer di Onlyfans che nonostante le sue continue ostentazioni sul suo stile di vita particolarmente agiato ha dichiarato al fisco poco più di cinquanta mila euro di ricavi: a lei sono contestati oltre un milione e mezzo di tasse non pagate.
Per scovare presunti evasori che operano come professionisti del Web vi è una fitta collaborazione tra Guardia di Finanza e Agenzia delle Entrate che si sviluppa con l’esame e la valorizzazione dei dati disponibili, oltre che dall’analisi delle informazioni acquisite attraverso le banche dati e gli applicativi rispettivamente in uso, nonché quelli ottenuti tramite la cooperazione internazionale in materia fiscale. Potranno essere approfondite le posizioni caratterizzate da una forte sproporzione tra i redditi dichiarati, il numero di iscritti o di visualizzazioni sui propri canali web e la disponibilità di beni. Nel caso in cui, dall’analisi preliminare, risultassero delle evidenti incongruenze, sia la Guardia di Finanza che l’agenzia delle Entrate potranno approfondire i controlli e verificare che sia tutto in regola.
Lavorare come influencer e creator: come mettersi in regola a livello fiscale
Considerando l’attuale stato dell’arte, operare come un influencer o creator in maniera professionale presenta alcune insidie per un corretto inquadramento dell’attività dal punto di vista amministrativo, fiscale e previdenziale, perché queste attività non sono ancora pienamente definite dalle attuali normative. Tuttavia, tra tante incertezze qualche certezza c’è. Innanzitutto, con la sentenza della Corte di Giustizia Tributaria di secondo grado della Regione Piemonte, n. 219/2/23 relativa al caso Cristiano Ronaldo e alle imposte per lo sfruttamento del diritto d’immagine, è stato chiarito che per i soggetti che operano mediante la gestione della propria immagine in maniera abituale e professionale questa attività si configura come lavoro autonomo e i relativi compensi saranno trattati come reddito di lavoro autonomo esercitato abitualmente.
Quindi, chiunque voglia svolgere un’attività di influencer in maniera abituale (creator inclusi) deve aprire una partita Iva per poter operare correttamente. La prima questione rilevante è relativa al corretto inquadramento della partita Iva stessa, che potrebbe essere da libero professionista con iscrizione alla Gestione Separata INPS oppure da ditta individuale con iscrizione in Camera di Commercio e assoggettamento alla Gestione INPS Artigiani e Commercianti. L’altra questione rilevante è relativa a quale codice ateco scegliere: per influencer e per i creator non esistono codici puntuali e vengono utilizzati quelli che più si avvicinano per natura alle attività svolte da entrambe le categorie professionali. I più gettonati sono
· 73.11.01 “Ideazione di campagne pubblicitarie”
· 73.11.02 “Conduzione di campagne di marketing e altri servizi pubblicitari”
· 74.90.99 “Altre attività professionali nca”
· 59.11.00 “Attività di produzione cinematografica, di video e di programmi televisivi”
Va poi individuato il regime fiscale migliore, scegliendo tra il regime forfettario e il regime ordinario. Il primo è indicato per chi inizia da zero e ha un giro di affari inferiore a 85mila euro annui, con semplificazioni come la forfettizzazione dei costi, l’esonero dall’applicazione dell’iva nelle fatture di vendite e un’imposta sostitutiva del 15% (o 5% per i primi 5 anni), non contemplati dal regime ordinario, indicato per chi ha volumi d’affari rilevanti. Infine, poiché di recente tra i content creator figurano persone che sfruttano il proprio corpo per creare contenuti per adulti, è opportuno menzionare per questi soggetti la presenza di una tassa aggiuntiva, la cosiddetta “tassa etica” pari al 25% del reddito prodotto, a prescindere dal regime fiscale adottato.
Le aree grigie della normativa
La normativa è in continua evoluzione. Tra le ultime sentenze, quella che ha destato più clamore è la 2615/2024 del 4 marzo 2024 emessa dal Tribunale di Roma, secondo la quale l’influencer che promuove stabilmente e con continuità in rete i prodotti di un’azienda è da configurare come agente di commercio, prevedendo quindi il versamento dei contributi alla Gestione commercianti Inps e all’ente Enasarco: l’inserimento di un codice promozionale sponsorizzato dall’influencer avrebbe fruttato un compenso ulteriore in aggiunta a quello relativo alla pubblicazione dei contenuti, rendendolo assimilabile a un agente di commercio.
La sentenza non è stata accolta positivamente da influencer e dai creator, che attraverso le proprie associazioni, Assoinfluencer e l’Associazione italiana content & digital creators, hanno manifestato il proprio dissenso facendo leva sulle differenze formali e sostanziali nell’attività svolta da agenti e influencer o creator, rimarcando alcuni degli elementi qualificanti del contratto di agenzia che a loro avviso non trovano corrispondenza nell’attività svolta da influencer e creator.
Alla luce dell’attuale contesto in divenire, l’unico consiglio utile è quello di non procrastinare la scelta di rivolgersi a professionisti qualificati e specializzati su questo tipo di attività. Anche tra i commercialisti esistono delle specializzazioni e dei “verticali” sui quali i professionisti decidono di orientarsi. Quickfisco gestisce ad oggi circa tremila persone fisiche titolari di partita iva tra cui decine di influencer e creator. Lo studio e l’analisi di svariate casistiche nel tempo ha consentito di sviluppare un know-how e un alto livello di specializzazione per gestire al meglio queste nuove figure professionali.