Il 31 ottobre, in occasione della centesima Giornata mondiale del Risparmio, è stata presentata l’annuale indagine Acri-Ipsos.
La ricerca segnala un miglioramento rispetto al 2023 e al periodo pre-pandemico, anche se è maggioritaria. Allo stesso tempo, negli intervistati cresce la sensazione di peggioramento del tenore di vita rispetto alle precedenti generazioni. Ciò sembra essere dimostrato da un lato dal fatto che circa la metà delle famiglie italiane (46%) non riesca a risparmiare; dall’altro dalla stragrande maggioranza degli italiani, che preferisce mantenere i propri fondi in forme liquide.
In discesa, dal 7,8% al 6,3%, la propensione al risparmio, mentre, non in maniera casuale, crescono le famiglie che non riuscirebbero a far fronte a costi improvvisi, oltre al fenomeno dei “working poors”.
Un aspetto vantaggioso, anche se al 40%, è la valutazione positiva del risparmio come elemento di stabilità economica, di possibilità di raggiungimento di alcuni obbiettivi.
In questo contesto, non è contradittorio che il 64% delle famiglie italiane siano soddisfatte della propria situazione economica e che la restante percentuale ritenga di poter aumentare la propria capacità di risparmio in futuro. Ciò dimostra solo la resilienza delle famiglie italiane, capaci di adattarsi, modulando le proprie spese, alle situazioni contingenti.
Un fattore che preoccupa è che la fiducia verso l’Europa e l’euro scenda sotto la maggioranza: la metà degli italiani (circa il 48%) ritiene che l’Unione europea avrà un indirizzo positivo, in diminuzione nel prossimo quinquennio. Allo stesso tempo, si prevede che in prospettiva di lungo termine l’euro sarà un vantaggio.
L’annuale ricerca Ipsos – Acri, mostra, quindi, sottolinea segni di miglioramento, seppur con due elementi che non possono essere ignorati. Continua, infatti, a essere presente negli italiani la paura per il futuro e e prosegue la crescita del numero delle persone in forte difficoltà economica – nonostante il miglioramento negli anni post pandemici – a causa delle difficoltà lavorative, sia da un punto di vista occupazionale sia reddituale.
All’importante ricerca Acri-Ipsos si sono affiancate altre ricerche, pubblicate nello stesso giorno, che affrontano il tema del risparmio sotto una visione diversa.
Le famiglie italiane sono propense a risparmiare, ma si scontrano con l’impossibilità di farlo (spese), con le motivazioni (preoccupazione per il futuro: il 3% ha dovuto utilizzare i propri risparmi e il 5% è dovuto ricorrere a finanziamenti), per le maggiori spese per i servizi per cui si è ridotto l’intervento pubblico, a partire dalla sanità, la capacità di impiegarlo (educazione finanziaria).
Queste ricerche confermano una ricchezza finanziari di oltre cinque miliardi di euro, ma oltre 1.100 è liquidi, circa trecento sono investiti all’estero e per l’aumento, per i buoni rendimenti offerti, dell’acquisto di titoli Stato.
Ricchezza finanziaria che se, invece, fosse impiegata, in misura importante, nell’economia reale, nel medio-lungo termine consentirebbe un buon rendimento per gli investitori e, per tutti i cittadini, che potrebbero godere di un miglioramento economico del Paese, prodromo di uno Stato che chieda loro meno sacrifici e offra migliori servizi.
Mancati investimenti che, però, solo in parte sono da imputare ai risparmiatori a causa della giustificabile paura di impegnarsi in imprese nazionali troppo piccole, di regole, abbondanti, poco chiare, ridondanti, duplicate, di fiscalità troppo elevata e troppo diversa secondo l’investimento effettuato, di un analfabetismo o almeno di una mancanza di educazione finanziaria che fanno preferire investimenti senza rischi alcun rischio.