Vivere in Italia mantenendo il lavoro nel Paese di provenienza. E’ questa la leva per attrarre “nomadi digitali” codificata nel decreto sul Visto a loro dedicato.
E’ stato pubblicato, dopo un’attesa di due anni visto che l’impianto iniziale risaliva al governo Draghi, in Gazzetta Ufficiale a fine febbraio. Il Ministero dell’Interno ha così definito “modalità e requisiti per l’ingresso ed il soggiorno dei cittadini di Stati non appartenenti all’Unione europea che svolgono un’attività lavorativa altamente qualificata attraverso l’utilizzo di strumenti tecnologici che consentono di lavorare da remoto”. Una prassi che, secondo alcune stime riportate dal Guardian qualche tempo fa, è diventata mainstream in meno di un decennio con un lavoratore statunitense su nove (11%) che si definisce tale. E nel complesso stimano che il numero globale di nomadi digitali abbia già superato quota 40 milioni per salire a 60 milioni entro il 2030.
Ma quali ricadute concrete e quali scenari di lungo termine comporta questa novità italiana? Pietro Derossi, responsabile del Dipartimento di Diritto dell’Immigrazione di Lexia, spiega che questo nuovo visto ha come obiettivi di lungo periodo il “promuovere il turismo a lungo termine, stimolare l’economia dei consumi locali, favorire lo sviluppo di nuove attività economiche fondate su competenze straniere di alto livello e, infine, incentivare il radicamento in Italia di nuovi contribuenti che possano aumentare il gettito fiscale senza d’altra parte occupare posti di lavoro generati in Italia”. Una “vera e propria rivoluzione copernicana del diritto dell’immigrazione nazionale come sino ad oggi concepito, che riflette in questo settore normativo il crescente fenomeno della delocalizzazione del mercato del lavoro”.
Vediamo dunque per punti la ricognizione di Pietro Derossi sulle novità più rilevanti.
Chi sono i Nomadi Digitali che possono chiedere un Visto per l’Italia?
Con il termine “nomade digitale”, si fa riferimento a tutti quei cittadini di nazionalità extra europea che soddisfano i seguenti tre requisiti soggettivi:
- svolgono un’attività lavorativa con l’utilizzo di strumenti tecnologici in grado di consentire loro il lavoro da remoto;
- sono altamente qualificati secondo la definizione contenuta nel Testo Unico dell’Immigrazione Italiano, ossia in possesso di un titolo universitario o di esperienze lavorative di diversi anni in un settore che richiede conoscenze tecniche/specialistiche e lo svolgimento di mansioni non meramente manuali coerenti con un livello di istruzione universitario;
- e sono lavoratori autonomi, collaboratori o dipendenti di una Società con sede legale all’estero o anche in Italia.
Quali sono i requisiti formali che devono essere provati quando si domanda il Visto presso il Consolato Italiano?
L’autorità consolare Italiana, nel decidere sulla domanda di Visto, verifica la presenza dei seguenti requisiti:
- un reddito minimo annuo pregresso non inferiore a 26.000 € lordi da parte del richiedente;
- un’esperienza lavorativa pregressa di almeno 6 mesi nell’ambito della specifica attività lavorativa che si vorrà svolgere in Italia;
- l’essere in possesso di un’assicurazione sanitaria a copertura di cure mediche e ricoveri ospedalieri valida per il periodo di soggiorno in Italia;
- l’essere in possesso di una sistemazione alloggiativa in Italia, come una prenotazione alberghiera o un contratto di affitto;
- un contratto di lavoro o di collaborazione o la relativa offerta vincolante controfirmata (solo per i lavoratori subordinati e per i lavoratori in rapporto di collaborazione continuativa con una stessa società).
Qual è la procedura da seguire per diventare nomadi digitali in Italia e ottenere un permesso di soggiorno in Italia?
La prima fase della procedura consiste nella richiesta di Visto Nazionale per nomadi digitali presso il Consolato o l’Ambasciata Italiana nel Paese estero di residenza. In questa fase andranno provati i requisiti di cui alla precedente sezione.
La seconda fase consiste nella richiesta, entro 8 giorni dall’arrivo in Italia, di un permesso di soggiorno alla Questura del luogo dove il lavoratore si trova nel momento di primo ingresso in Italia: il richiedente dovrà esibire il proprio passaporto con il Visto Nazionale nonché la documentazione presentata in sede di richiesta Visto vidimata dall’ufficio consolare.
Il Visto per nomadi Digitali è rinnovabile? È richiesta una permanenza minima in Italia? È obbligatorio diventare contribuenti fiscali in Italia?
Il primo permesso di soggiorno ha una durata massima di 1 anno e consente di risiedere in Italia in modo continuativo a seguito di ingresso con apposito Visto.
Nessun Visto secondo il diritto Italiano è mai rinnovabile. Ciò che può invece essere rinnovato al fine di continuare a risiedere in Italia è il permesso di soggiorno.
Il permesso di soggiorno potrà essere rinnovato per un numero illimitato di volte a condizione che il lavoratore extra-UE continui a soddisfare gli stessi requisiti iniziali, quali tra il resto quelli di reddito minimo, continuazione di lavoro altamente qualificato e assicurazione sanitaria, che andrà rinnovata di anno in anno. È comunque consentito cambiare datore di lavoro o committente/i nel corso della permanenza in Italia.
Non sono previsti requisiti di permanenza minima in Italia particolari al fine di poter rinnovare il permesso di soggiorno. Per regole generali è solo richiesto che lo straniero sia in Italia almeno una volta ogni 180 giorni affinché questi possa chiedere il rinnovo del permesso. Ciò permette una permanenza in Italia anche sporadica senza pregiudicare il rinnovo del permesso.
Posto che in Italia per regola generale è residente fiscale chi vive sul territorio nazionale più di metà anno (almeno 183 giorni all’anno) o ha comunque stabilito in Italia la sede principali dei propri affari e interessi personali, l’assenza di requisiti di permanenza prolungata ai fini del rinnovo del permesso consente al nomade digitale che mantenga all’estero la propria dimora principale di evitare la soggezione a tassazione italiana sul reddito.
Il nomade digitale può portare con sé la famiglia in Italia?
Si, è consentito portare con sé i propri figli minori e il proprio coniuge.
A questi familiari potrà egualmente essere rilasciato un visto per familiare e un permesso di soggiorno per familiare della stessa durata del permesso di soggiorno del nomade digitale.
Codice Fiscale e Partita Iva dei Nomadi Digitali
Il codice fiscale del nomade digitale viene generato dalla Questura in sede di rilascio del permesso di soggiorno.
La partita IVA invece non è aperta in automatico, ma deve essere richiesta da tutti quei nomadi digitali che svolgono prestazioni di lavoro autonomo. In questi casi, essa è infatti indispensabile per emettere fattura, pagare i contributi previdenziali e pagare eventuali imposte sul reddito.
Dove paga i contributi previdenziali il nomade digitale
Per regola generale, sul lavoro svolto dall’Italia, devono essere pagati i contributi previdenziali in Italia secondo la legislazione italiana, a prescindere dall’identità straniera del datore di lavoro o committente.
Con alcuni Stati l’Italia ha però stipulato delle convenzioni bilaterali in materia di sicurezza sociale che consentono al cittadino non europeo di continuare ad essere sottoposto al sistema previdenziale straniero pur svolgendo l’attività lavorativa in Italia.