di Maurizio Pimpinella
Negli ultimi tempi, si è parlato spesso del livello di digitalizzazione della PA, ciò è avvenuto anche negli scorsi giorni al Forum Anorc al quale ho partecipato relativamente alla conformità delle pubbliche amministrazioni con le linee guida Agid. Ebbene, i dati commentati emersi in quella giornata sono tendenzialmente in linea con quelli già condivisi a livello europeo: la PA italiana è in ritardo rispetto a quelle europee.
Il dato eloquente è evidenziato dell’eGovernment Benchmark Report 2023 della Commissione Europea. Su un punteggio totale fissato a 100, la prestazione media dei servizi pubblici digitali nell’Europa è di 70 punti, con il forte contributo di Malta, primo Paese con 91 punti, Estonia (92), e altri stati che mostrano livelli avanzati come Lussemburgo (89), Islanda (88), Finlandia (86), Paesi Bassi (85). In questa classifica, l’Italia è a 61. Al contempo, va rilevato che l’Italia è un Paese tutt’altro che immobile quanto a sforzi e a investimenti ICT nella PA. Secondo quanto condiviso proprio dal Dipartimento per la trasformazione digitale (oggi qui rappresentato dal dott. Musumeci) “nel 2022 la Pubblica Amministrazione italiana ha speso oltre 7 miliardi di euro in ICT (Tecnologie dell’informazione e della comunicazione), registrando un aumento del 5,8% rispetto al 2021. Un dato che secondo le stime continuerà a crescere anche grazie ai fondi del Pnrr”. È quindi evidente l’intenzione di superare in tempi brevi gli storici ritardi della nostra PA anche con l’ormai indispensabile supporto delle tecnologie digitali.
Proprio pochi giorni fa, ho partecipato ad un interessante confronto su questo tema promosso dal Ministero per le riforme istituzionali (che ha avviato un interessante progetto pilota di semplificazione e razionalizzazione normativa con l’utilizzo dell’intelligenza artificiale) ed è stato proprio il Ministro Casellati ad avanzare la proposta di una collaborazione interministeriale sull’utilizzo trasversale dell’IA per semplificare la nostra PA. Ebbene, per quanto riguarda la nostra PA la sfida è duplice ma, allo stesso tempo, riconducibile ai medesimi strumenti. L’obiettivo è sia quello di innovare sia quello di semplificare e il digitale è appunto il mezzo per conseguire tale obiettivo. Senza innovazione non può esserci semplificazione ma nemmeno competitività e crescita. Si tratta quindi di una lunga catena di fattori che abilitano non solo il miglioramento dei servizi erogati dalla pubblica amministrazione ma, anche e soprattutto, la crescita delle imprese che con questi si confrontano quotidianamente.
In effetti, si potrebbe affermare che una PA sana, snella ed efficiente sia addirittura un presupposto che porta ad un risparmio netto economico per imprese e cittadini. Detto questo, ritengo inoltre importante evidenziare un altro elemento indispensabile al fine di rendere efficiente la PA digitale, l’interoperabilità: un meccanismo che vale tanto per la consultazione delle banche dati quanto per il loro funzionamento. Esempio emblematico è rappresentato dalla sanità, la cui difficoltà nel comunicare travalica le prerogative normative in capo alle regioni (e lo dico anche per esperienza personale), ma non è l’unico. Esistono, però, anche esempi virtuosi e uno di questi è rappresentato dal Wallet sull’identità digitale (e non solo) che dovrebbe partire a febbraio con un progetto pilota. Un sistema di cui si discute da lungo tempo.
L’A.P.S.P. negli anni, in quanto Associazione di rappresentanza dei prestatori dei servizi di pagamento si è a lungo spesa per favorire la semplificazione nelle pubbliche amministrazioni sia attraverso la digitalizzazione dei pagamenti nella PA sia attraverso altre iniziative di più ampio respiro relativamente a identità digitale, turismo e altri settori. La gestione e la conservazione dei dati rappresenta un aspetto tutt’altro che trascurabile se si pensa che il 90% dei dati mondiali è stato generato solo negli ultimi due anni, con previsioni che indicano un aumento esponenziale nel prossimo futuro, con evidenti implicazioni in termini di gestione della privacy e della sicurezza personale. Ecco, quindi, che il cerchio si chiude con quanto affermato inizialmente a proposito dell’incontro della scorsa settimana. L’intelligenza artificiale (di cui il Ministro Butti ha proprio varato un gruppo di esperti) diventa centrale nel gestire questa mole crescente di dati, identificando pattern, individuando anomalie e garantendo la conformità alle normative.
Posto che quesiti etici e pratici che la riguardano sono (e rimarranno) sul tavolo e che andranno presto affrontati e risolti, è evidente quanto la crescente produzione di informazioni rappresenti una sfida per le PA che devono così essere in grado di elaborare, catalogare ed utilizzare compiutamente tali informazioni: pena la condanna ad una ulteriore arretratezza che graverà poi come un macigno sull’intero sistema.