Saper distinguere la realtà dalla finzione all’interno delle nostre giornate nel mondo del digitale. A rendere sempre più difficile questa distinzione è lo sviluppo del fenomeno deepfake, termine che deriva dalla combinazione di “deep learning“, in riferimento all’apprendimento profondo mediante reti neurali artificiali, e “fake“, che indica la falsificazione di contenuti mediatici.
Ma le implicazioni dei deepfake sono ampie e comprendono rischi per la sicurezza, per la privacy e l’integrità delle informazioni.
Giuseppe De Toma, esperto a capo dell’omonima casa di produzione video, spiega che “i deepfake rappresentano una tecnologia avanzata di manipolazione multimediale che utilizza l’apprendimento automatico e le reti neurali per creare contenuti falsi, spesso in forma di video o immagini, in cui volti e voci vengono sostituiti o sintetizzati in modo convincente. Ma la storia dei deepfake e del ruolo dell’AI nel mondo audiovisivo è molto più radicata di quanto si pensi e riuscire a distinguere finzione e realtà è una problematica all’ordine del giorno”.
Dal mondo fotografico a quello multimediale, la tecnologia dei deepfake ha suscitato preoccupazioni significative a causa della sua capacità di generare contenuti apparentemente autentici, ma totalmente inventati.
L’apprendimento automatico è utilizzato per addestrare modelli che riescono a imitare in modo accurato il modo in cui le persone parlano, si muovono o esprimono emozioni.
Questo consente ai creatori di deepfake di manipolare video e immagini in modi realistici, portando a situazioni in cui star o comuni cittadini possono sembrare coinvolte in eventi o dichiarazioni mai veramente accaduti.
Alcuni casi noti hanno coinvolto negli ultimi mesi Gerry Scotti, Tom Hanks e Elon Musk.
“Dove ci porterà l’AI in campo audiovisivo? E’ una domanda più filosofica che tecnica. Dov’è la soglia tra contenuto autentico e contenuto realizzato da computer? Forse non ce ne rendiamo conto, essendo la curva tecnologica esponenziale, ma la tecnologia pian piano ci ha abituato ad effetti che noi riteniamo del tutto naturali. Dal punto di vista fotografico pressoché tutte le foto pubblicitarie, foto di attori famosi o locandine di film hanno forse qualche pixel ancora autentico e non ancora modificato, magari quelli dell’iride. Anche se, ad esempio, molto spesso gli occhi vengono schiariti digitalmente per far risaltare più lo sguardo. La modifica delle foto non è il filtro della pelle ben visibile delle storie di Instagram, ma un ritocco del viso e del corpo a livello dettagliatissimo. Dal makeup in digitale, allo smagrimento, all’illuminazione di certe parti del viso o del corpo, sbiancamento denti, colore e sfumature dei capelli – continua Giuseppe De Toma – Il progresso tecnologico sta facendo passi sempre più grandi ingannando anche gli occhi più attenti. I costumi più complicati ormai sono realizzati in digitale dopo aver già ripreso le scene. Ad esempio nell’ultimo film della Marvel di Spiderman, per esigenze tecniche in quasi tutte le scene il costume del protagonista è stato aggiunto in un secondo momento in digitale. Fino ad arrivare poi ad estremi come Avatar in cui gli attori hanno “solo” donato le loro movenze, i loro tratti somatici, le loro espressioni e la loro voce”.
Ma come sarà possibile tutelarsi dai deepfake nell’uso quotidiano del digitale e creare uno storytelling audiovisivo reale e originale?
“Il progresso della tecnologia sarà inevitabile ed è probabile che tra pochi anni gli avatar che creeremo e che potremo animare saranno praticamente irriconoscibili da quelli reali. C’è un modo per riuscire ad emergere in un mondo che sarà fatto di avatar e copie di personaggi famosi? La risposta è sì. Proprio come accade già ora, la nostra arma di difesa sarà la costanza di pubblicazione, l’originalità e lo stare al passo con i tempi. Proprio come adesso, questi tre elementi ci permetteranno di far emergere i nostri video in ogni possibile scenario futuro. Siamo in anni in cui è una novità vedere video testimonianze di avatar, come lo era a inizi anni 2000 iniziare ad interfacciarsi con fake news sempre più presenti e a cui molti credevano. A oggi, stiamo sviluppando gli strumenti giusti e anche una giusta dose di diffidenza e controllo delle fonti”, conclude l’esperto Giuseppe De Toma.