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Home News

È ordine federale: stop alla censura web e mediatica per l’amministrazione Biden.

11 Luglio 2023
in News
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È ordine federale: stop alla censura web e mediatica per l’amministrazione Biden.

KONSKIE, POLAND - May 14, 2022: US President Joe Biden official Twitter account displayed on laptop screen

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Di Eleonora Tomassi

“Il governo degli Stati Uniti sembra aver assunto un ruolo simile a un ‘Ministero della Verità’ orwelliano” parla il giudice Doughty.

Martedì 4 luglio, un giudice federale ha stabilito l’avvenuta violazione del primo emendamento da parte dell’amministrazione Biden che durante la crisi pandemica e la sua relativa gestione politica, ha intrattenuto rapporti con le società di social media per decidere chi, cosa e come censurare a proprio volere e beneficio sulle stesse piattaforme web.

Il giudice distrettuale della Louisiana Terry Doughty, in una sentenza di 155 pagine, ha quindi da ora proibito ai funzionari della Casa Bianca e a diverse agenzie federali di poter contattare le società di social media per censurare opinioni politiche e/o contenuti di alcun tipo a tutela e rispetto di quel Primo Emendamento violato, ma inviolabile che difende la libertà fondamentale di parola e di espressione.

“Le prove prodotte finora descrivono uno scenario quasi distopico”, ha scritto il giudice Doughty. “Durante la pandemia di COVID-19, un periodo forse meglio caratterizzato da dubbi e incertezze diffuse, il governo degli Stati Uniti sembra aver assunto un ruolo simile a quello di un Ministero della Verità orwelliano”.

Doughty ha affermato che i querelanti, procuratori generali repubblicani del Missouri e della Louisiana, “hanno presentato prove sostanziali a sostegno delle loro affermazioni secondo cui sono stati vittime di una campagna di censura di vasta e diffusa portata”.

I procuratori generali hanno affermato che l’amministrazione Biden ha attuato una vera e propria “politica di censura federale” facendo pressione sulle piattaforme dei social media per rimuovere i post che mettevano in discussione le politiche sanitarie Covid-19, l’origine della pandemia, dubbi riguardanti i risultati delle elezioni 2020 e le notizie rilevanti i documenti emersi dal laptop di Hunter Biden, figlio di Joe Biden.

“Se le accuse fatte dai querelanti sono vere, il presente caso probabilmente rappresenta il più massiccio attacco contro la libertà di parola della storia degli Stati Uniti”, aggiunge l’ingiunzione, secondo la testata Fox News. “Nei loro tentativi di sopprimere la presunta disinformazione, si presume che il governo federale, e in particolare gli imputati nominati, abbiano palesemente ignorato il diritto alla libertà di espressione del primo emendamento”.

Doughty ha anche scritto che “la censura in questo caso ha preso di mira quasi esclusivamente i discorsi conservatori”, ma ha aggiunto anche che le questioni sollevate sul caso si estendono “oltre le linee del partito”.

“La discriminazione nei confronti di una determinata opinione politica è una forma particolarmente eclatante di discriminazione dei contenuti”, ha scritto Doughty. “Il governo deve astenersi dal regolare il discorso quando la specifica ideologia motivante o la prospettiva di chi parla è la logica della restrizione”.

Tags: amministrazione bidenbidencensurainformazionelibertàpoliticasocial mediausa
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