L’Autorità Garante per la protezione dei dati personali – composta da Pasquale Stanzione, Ginevra Cerrina Feroni, Agostino Ghiglia, Guido Scorza – ha presentato oggi al Parlamento la Relazione sull’attività svolta nel terzo anno di mandato del Collegio.
La Relazione illustra i diversi fronti sui quali è stata impegnata l’Autorità nel corso di un anno caratterizzato dal ricorso sempre più massiccio alle piattaforme on line e dallo sviluppo dell’intelligenza artificiale.
La necessità di assicurare, da una parte, un funzionale trattamento dei dati e, dall’altra, il rispetto dei diritti delle persone, ha visto il Garante impegnato in una costante opera di bilanciamento al momento di fornire pareri o di indicare misure di garanzia per tutelare i diritti della persona.
“Stabilire la soglia di accesso autonomo dei minori alla rete” è un “tema cruciale per impedire i rischi della ‘solitudine digitale’ e, quindi, dell’esposizione del minore a contenuti potenzialmente lesivi per lo sviluppo della sua personalità, senza neppure la mediazione degli adulti di riferimento”, afferma Stanzione.
”Ora, non si tratta di proibire l’uso dei social (le cui potenzialità emancipatrici sono simboleggiate ad esempio dall’ausilio che hanno, in vario modo, fornito al movimento femminista iraniano) ma certamente di renderlo più sicuro; per i minori innanzitutto”.
“I giovani – ricorda il Garante – fanno esperienza del mondo soprattutto tramite il web, senza tuttavia disporre degli strumenti per comprenderlo e spesso imbattendosi, da soli, in contenuti inadatti alla loro età, con attitudine manipolativa”. “Queste distorsioni dell’informazione e delle relazioni in rete, l’eclissi del reale, sono tanto più pregiudizievoli per chi, come i giovani, non dispone ancora delle risorse cognitive e del senso critico per discernere le notizie vere dalle fake news, la critica dall’hate speech, la nuova amicizia dal grooming”, rileva Stanzione.
Altrettanto gravi i rischi di “coinvolgimento del minore in sfide potenzialmente anche letali, nella cessione di scatti intimi poi utilizzati a fini estorsivi, in incontri pericolosi, non più solo virtuali. Solo quest’anno – ricorda – sono stati ben 4618 i casi trattati dal Centro Nazionale per il Contrasto della Pedofilia Online relativi ad adescamento, pedopornografia e altri reati correlati all’abuso sessuale, tecnomediatico, di minori”.
Da questo punto di vista la disciplina di protezione della privacy offre “un presidio importante, di cui va garantita effettività soprattutto grazie a sistemi di age verification che, pur non comportando una schedatura dei minori, assicurino adeguata verifica dell’età, anche incaricando di ciò terze parti affidabili. In questa direzione si muove, ad esempio, il tavolo istituito con il recente protocollo d’intesa tra Garante ed Agcom, per la promozione di un codice di condotta relativo ai sistemi per la verifica dell’età delle piattaforme”.
Inoltre, segnala Stanzione, “esige una riflessione la ricerca spasmodica, da parte dei giovani, di una ‘visibilità’ sui social tale da mettere a rischio la vita degli altri”. Si rischia ”di divenire spettatori inerti del male o, come nel recente caso di cronaca, di sacrificare la vita di un bambino per un like in più. Se tutto ciò è frutto dell’alienazione dal reale può condurre la sempre più marcata traslazione on line della vita, è prioritario ricostruire una coscienza comune che tenga conto degli effetti, sulle relazioni, della digitalizzazione di tutto”.
“Rischi non meno trascurabili pone il metaverso, destinato ad avere implicazioni dirimenti sulla società e sulla stessa antropologia contemporanea”, aggiunge il presidente del Garante privacy, sottolineando che rispetto al metaverso “andranno adottate tutte le misure necessarie ad impedire un’eccessiva dipendenza, soprattutto dei giovani, da questa dimensione quasi onirica, capace di alienarli dalla realtà e di svincolarli dal rapporto con essa, proiettandoli nello spazio dell’infinitamente possibile”.
Stanzione ha ricordato inoltre come la privacy negli anni si sia affermata come potente strumento di redistribuzione del potere informativo, di fronte al quale la persona rischia di divenire sempre più vulnerabile. Oggi la sfida è quindi quella di rendere questo diritto di libertà protagonista di uno sviluppo inclusivo e umano-centrico del digitale.
“Con l’urgenza delle più forti istanze democratiche emerge infatti, progressivamente più chiara, la necessità di uno statuto, giuridico ma anche etico, delle neotecnologie, che ne promuova massimamente lo sviluppo, ma al servizio della persona, della solidarietà, dei diritti fondamentali”, ha evidenziato Stanzione.
Con il ritorno, alle porte dell’Europa, della guerra e l’inasprirsi della tarde war Usa-Cine, che ha effetti anche sulla Ue, sembra infatti delinearsi – secondo Stanzione – una nuova, ma non meno temibile, guerra fredda, sempre più “privatizzata” e ibrida per l’incidenza delle big tech nelle dinamiche belliche.
Basti pensare all’intelligenza artificiale. “L’autonomia decisionale che taluni sistemi d’intelligenza artificiale sono pronti a sviluppare preoccupa dunque, anche in campo militare, soprattutto in uno scenario internazionale ancora dominato dalla guerra – ha spiegato – Si temono, infatti, rischi non fronteggiabili neppure con quel, pur innovativo, “codice etico” per un’intelligenza artificiale, “responsabile” in campo bellico, adottato dagli Usa già due anni fa, all’insegna della trasparenza e della supervisione umana”.
Di qui la necessità e l’urgenza di regolare questi sistemi. E Stanzione fa riferimento anche l’effetto attrattivo delle norme europee nel promuovere la regolazione delle nuove tecnologie a livello globale, sottolineando ancora una volta l’importanza di garantire la protezione dei dati e la tutela della persona rispetto al potere della tecnica a livello universale.
Di seguito il link al resoconto integrale.